La ‘ndrangheta dietro agli scavi archeologici clandestini e il traffico di reperti. «Business importante per gli Arena»
Eseguite 11 misure cautelari tra Calabria e Sicilia: due persone in carcere e nove ai domiciliari. Curcio: «Ambito molto produttivo per le cosche»

CATANZARO La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha coordinato un’operazione dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale che ha portato all’esecuzione di 11 misure cautelari tra Calabria e Sicilia: due persone in carcere e nove ai domiciliari. Le indagini, condotte tra ottobre 2022 e ottobre 2024, hanno fatto emergere l’esistenza di una associazione per delinquere dedita agli scavi archeologici clandestini e al traffico illecito di reperti, con attività concentrate soprattutto nel Crotonese. Secondo l’accusa, il gruppo operava in aree di grande valore storico, tra cui il Parco archeologico di Scolacium, Kaulon e Capo Colonna, danneggiando il patrimonio culturale e alimentando un circuito di furto, ricettazione e commercializzazione dei reperti. Le comunicazioni tra gli indagati avvenivano attraverso un linguaggio criptico per eludere i controlli. Per diversi indagati è stata contestata anche l’aggravante mafiosa, poiché le attività illecite sarebbero state funzionali ad agevolare la cosca Arena, rafforzandone il controllo del territorio e garantendo proventi economici. L’inchiesta ha inoltre portato a perquisizioni nelle province di Crotone, Catania e Messina.

Curcio: «Anche gli scavi archeologici clandestini sono un business cruciale per le cosche»
In conferenza stampa, questa mattina il procuratore della Dda di Catanzaro, Salvatore Curcio, ha spiegato: «L’importanza dell’indagine coordinata dalla Dda di Catanzaro risiede soprattutto nel coinvolgimento di una delle cosche storiche della ’ndrangheta, gli Arena di Isola Capo Rizzuto. L’inchiesta ha dimostrato come anche il settore degli scavi archeologici clandestini e del traffico di reperti rappresenti un ambito economicamente produttivo per le cosche, in particolare per il locale di Isola Capo Rizzuto». Secondo quanto ricostruito dagli investigatori e quanto spiegato stamattina dal procuratore, «l’associazione si occupava di scavi abusivi all’interno del Parco archeologico di Kaulon (Monasterace) e di Scolacium, a Borgia – località Roccelletta, da cui venivano recuperati pezzi di particolare pregio. I reperti sarebbero stati consegnati alla cosca Arena per essere successivamente immessi sul mercato illecito».
La novità investigativa più rilevante riguarda proprio il diretto interesse della ’ndrangheta per questo tipo di attività criminale. L’indagine, condotta dal Nucleo Tutela Patrimonio Culturale dei Carabinieri di Cosenza, prosegue ed è stata caratterizzata da un’attività capillare di controllo del territorio.

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