Pentedattilo, «la mano gigantesca contro il cielo» ospita una colonia di gatti che popolano il borgo
Il racconto della pittrice Domy Pizzi. «Dipingendo in questo luogo, notai che i miei dipinti assumevano mille sfumature di colore»

“Selvagge sommità di pietra spuntano nell’aria (…) come una mano gigantesca contro il cielo”. Nel 1847, il viaggiatore inglese Edward Lear descrive Pentedattilo, il borgo arroccato sul Monte Calvario nella provincia di Reggio Calabria, simbolo della cultura magno-greca e della secolare comunità ellenofona. Il nome Pentadaktylos, “cinque dita”, richiama la forma della rupe di arenaria che sovrasta il paese, fondato nel 640 a.C. dai coloni calcidesi. Per secoli Pentedattilo ha vissuto una storia intensa di dominazioni, declino e spopolamento, fino a diventare uno dei paesi fantasma della Calabria.
Pentedattilo visto con gli occhi di un’artista
Passeggiando per le strette vie del borgo, ormai disabitate, si ha l’impressione di fare un salto indietro nel tempo. Le case in pietra, alcune in rovina, raccontano storie di un passato glorioso, quando Pentedattilo era un importante centro abitato. In una intervista concessa a Marianna Rotella su La Stampa, la pittrice Domy Pizzi racconta il suo arrivo nel borgo. «Il mio percorso a Pentedattilo, comincia circa vent’anni fa, dietro un invito a esporre i miei lavori nel borgo. Portai colori e pennelli e sin da subito, dipingendo in questo luogo, notai che i miei dipinti assumevano mille sfumature di colore (…) diventò, per me, un ottimo ispirato, vuoi per la sua straordinaria bellezza, in quanto è uno dei borghi più suggestivi della Calabria, sia per la sua storia».

Amore e nobiltà
I racconti suggeriti da Domy Pizzi fanno rifermento anche a fatti storici. «Come non citare la strage degli Alberti, fatto di cronaca realmente accaduto nella notte di Pasqua, esattamente tra il 16 e il 17 aprile 1686, drammatico, ma anche affascinante». Nell’Anno Domini 1686 questo borgo, era dominio spagnolo, il Vicerè da Napoli estendeva la mano e la forza dei cattolicissimi Re di Spagna, a Pentedattilo la signoria era esercitata, grazie a Ruggero d’Altavilla, dai Baroni Abenavoli. In epoca successiva a quella originaria concessione normanna Pentedattilo finì sotto il controllo dei Marchesi Alberti. Tra le due famiglie i rapporti si conclusero con una tragica storia di amore e nobiltà.


“Pentegatti”
Pochissimi abitanti, ma la storia recente del borgo si lega alla presenza di tanti gatti randagi che popolano strade e vicoli del paese. «Iniziò la mia quotidianità a Pentedattilo e feci un bellissimo incontro, una gattina meravigliosa, dal manto nero, la chiamai Nerina. Cominciai a prendermene cura, costruendo un piccolo rifugio», racconta ancora Domy Pizzi. «Nerina mi fece compagnia per quasi diciassette anni. Ogni tanto, tra quelle rocce, tra i ruderi delle vecchie case, sento ancora la sua presenza». Il borgo oggi prova a resistere allo spopolamento: le botteghe artigiane fanno da contrasto alle case abbandonate e alle strade silenziose che accolgono turisti e visitatori incantati dal fascino di un luogo unico. (f.b.)
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