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A 80 ANNI DALLA CHIUSURA

L’attualità dell’insegnamento di Ferramonti e il “turismo della memoria”

L’11 dicembre 1945 veniva ufficialmente dismesso il campo di concentramento di Tarsia, ancora oggi un luogo importante di ricordi e consapevolezza

Pubblicato il: 15/12/2025 – 6:57
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L’attualità dell’insegnamento di Ferramonti e il “turismo della memoria”

COSENZA «La direzione del Museo Internazionale della Memoria – Ferramonti di Tarsia condanna fortemente l’attuale recrudescenza dell’antisemitismo, auspicando che la situazione odierna possa evolversi positivamente in una dimensione di pace». È il messaggio che arriva dal campo di concentramento del Cosentino che nei giorni scorsi ha celebrato una data importante, rilanciando le ragioni del dialogo e affermando valori che a distanza di decenni restano attuali, come il rispetto e la tolleranza.
L’11 dicembre ricorreva infatti l’ottantesimo anniversario della chiusura definitiva del Campo di Ferramonti (nella foto in basso la comunicazione del ministero dell’Interno): l’11 dicembre 1945 dopo 5 anni di attività, prima come campo di concentramento (1940-1943) poi come campo profughi (1943-1945) il campo di Ferramonti fu ufficialmente chiuso (per questa ricorrenza il giornalista polacco Bartosz Hlebowicz, in visita al Museo il 9 agosto scorso, ha pubblicato un interessante articolo sul giornale Gazeta Wyborcz, il più importante quotidiano polacco).

È un’attività silenziosa ma importantissima, quella di Ferramonti, un vero e proprio “polo della memoria” che in questi anni ha rappresentato anche un ponte tra passato e presente: si susseguono infatti visite di parenti di chi da qui passò e magari è in cerca di tracce e testimonianze. Uno degli ultimi a tornare a visitare il museo di Tarsia è stato Shawn Landres con sua moglie Zuzana e le figlie (nelle foto in basso e in quella di copertina): Shawn è il figlio di Renata Pollak, oggi 88enne, che – dopo il confino libero in varie località italiane (Campagna, Salerno), Castel di Sangro (L’Aquila), Bolsena e Bagnoregio (Viterbo) – con i suoi genitori Vojtech e Valeria venne internata per nove mesi nel campo di Ferramonti dal gennaio 1943 fino a prima della Liberazione del campo, dove era giunta all’età di 6 anni.

Il campo di Ferramonti di Tarsia fu in un certo senso un “unicum”, che, pur essendo un luogo di internamento fascista, si distinse per una gestione umanitaria che permise agli internati di mantenere una certa dignità e una vita culturale e sociale attiva, tanto da essere a volte definito “paradiso” o “repubblica” degli internati. Una “humanitas” resa possibile dal contesto locale e dalla gestione di Paolo Salvatore, direttore del campo istituito in seguito alle leggi razziali del 1938 e operativo dal 1940, in cui furono internati circa duemila prigionieri, principalmente ebrei stranieri, ma anche jugoslavi, polacchi e apolidi. (redazione@corrierecal.it)

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