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la leggenda della musica

“Tutti ne parlano, io l’ho conosciuta”. Mia Martini-Mimì Bertè come non è mai stata raccontata

Presentato il docufilm sulla grande artista calabrese. Un ritratto inedito e originale attraverso le voci dei suoi amici d’infanzia, dei suoi fans e dei colleghi che davvero l’hanno amata

Pubblicato il: 15/12/2025 – 13:23
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“Tutti ne parlano, io l’ho conosciuta”. Mia Martini-Mimì Bertè come non è mai stata raccontata

CATANZARO Mia Martini e la Calabria, Mia Martini anzitutto e prima di tutto Mimì Bertè, Mia Martini come non è mai stata raccontata. Universalmente conosciuta con il nome d’arte di Mia Martini, icona della grande musica d’autore italiana, la leggendaria artista calabrese viene svelata nei suoi aspetti più intimi e più segreti attraverso la voce di chi ‘ha conosciuta da vicino e in profondità. Tutto questo e molto altro è il docufilm “Mimì, tutti ne parlano, io l’ho conosciuta” presentato questa mattina a alla Camera di Commercio di Catanzaro. scritto e diretto da Gianfrancesco Lazotti e prodotto da Stefano Baldrini e Sandro Fabiano, in collaborazione con la Film Commission Calabria. Si tratta di un ritratto inedito di Mia Martini che viene raccontata in maniera del tutto originale attraverso le parole dei suoi amici d’infanzia, dei suoi fans, dei colleghi più sinceramente legati a lei anche sul piano personale e affettivo. Tra questi Leopoldo Mastelloni, Red Canzian dei “Pooh”, Enzo Gragnianello che scrisse per Mimì il celebre brano “Cu’ mme”, l’attrice Silvia Mezzanotte. Ma anche testimonianze un po’ stravaganti, e fuori dal coro, come quelle di Pippo Bruno, amico del cuore sull’Isola delle Femmine, di Vincenzo Adriani, fondatore di “Casa Mimì”, di Rino Rodio, attore con la foto di Mia Martini in tasca, di Vasiluca Gavrilas Burlacu, attrice che traduce in romeno i brani di Martini. E così tanti altri. Inoltre, anche lo staff tecnico e le maestranze sono stati prevalentemente calabresi.

Le dichiarazioni

«Non è un racconto dell’artista in sé, perché – ha spiegato il regista Lazotti – la sua storia è già stata narrata in tutti i modi possibili. È piuttosto il racconto del mondo che questa artista ha creato intorno a sé, un mondo che è stato indispensabile alla vita di molte persone. Si tratta di un fenomeno davvero raro e difficile da raccontare, ed è proprio questo che abbiamo cercato di fare con il film. Per quanto riguarda la regia attraverso diverse regioni, visto che ci siamo effettivamente spostati, è stata un’esperienza molto interessante. La Calabria, ad esempio, la conoscevo già bene, ma grazie a questo lavoro ho potuto scoprirla ancora più a fondo. Conoscevo già i calabresi e la loro accoglienza, che è proverbiale, e ho capito ancora meglio perché Mia Martini fosse profondamente calabrese. In questa terra c’è una passionalità e un’umanità che ritrovo ogni volta che torno, qualcosa di unico, viscerale». «Mia Martini – hanno poi aggiunto i produttori Baldrini e Fabbiano (nella foto in copertina) – ha rappresentato in maniera straordinaria l’anima della nostra regione. Oggi presentiamo quella che è a tutti gli effetti un’opera, perché il personaggio di cui si parla è stato, ed è tuttora, amatissimo non solo in Italia. A distanza di trent’anni dalla sua scomparsa, Mia Martini rimane un’icona della musica italiana. Da qui è nata l’idea di raccontare Mimì, anche per valorizzare la sua calabresità e portare il nome della Calabria in giro per l’Italia e, speriamo, anche oltre. Infatti, ci sono già richieste dall’estero per questo docufilm. Baldrini e Fabbiano hanno poi sottolineato come l’elemento originale del progetto sia «il modo in cui viene raccontato: ha un taglio completamente diverso rispetto ai classici docufilm. Vengono affrontati molti aspetti, anche molto privati. Abbiamo incontrato i suoi amici d’infanzia, persone che l’hanno conosciuta quando era ancora una ragazzina, ascoltando i loro ricordi e le esperienze vissute insieme a lei, e cogliendo fin da subito il talento straordinario che Mimì possedeva. Abbiamo cercato di entrare nella sua vita in punta di piedi, con grande rispetto, e pensiamo che questo approccio emerga chiaramente dal racconto». (a. c.)

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