Il benestare di Messina Denaro per l’alleanza tra ‘ndrangheta e cosa nostra. «Dietro i soldi c’era “Iddu”»
Il pentito Bellusci ai pm della Dda di Milano svela l’interesse del defunto super boss di Cosa nostra. «Dovevamo essere tutti una cosa soltanto»

LAMEZIA TERME Una fase di riorganizzazione delle famiglie presenti al Nord e in Lombardia, con l’idea di creare «una cosa sola», e cioè una vera e solida alleanza funzionale tra ‘ndrangheta, cosa nostra e camorra. Gli elementi cardine dell’inchiesta “Hydra” della Distrettuale antimafia di Milano si intrecciano con le dichiarazioni dell’ultimo indagato che ha scelto di saltare il fosso e collaborare con la giustizia. Nelle centinaia di pagine riempite dalle sue dichiarazioni, Giuseppe Bellusci – alias “Occhi celesti” (cl. ’87) di Cuggiono ma con origini calabresi – offre uno spaccato della scena criminale lombarda da una prospettiva “interna”, parlando di un «processo di cambiamento» nato dai contrasti pregressi, dalle tensioni con Fidanzati, i problemi con i Pace, il cambio di alcuni equilibri, nuove “coperture” e parentele criminali.
«Tutti una cosa soltanto»
E cita, come primo punto, un importantissimo incontro, nel corso del quale «è avvenuto poi quello che si è definito, che dovevamo essere tutti una cosa soltanto. C’erano stati dei problemi, però. Cioè, non è che si viene a questo incontro e nasce questo incontro tanto per nascere!», racconta il nuovo pentito Bellusci alla pm della Dda di Milano, Alessandra Cerreti. Quest’ultima parla di un “pregresso”, aspetto che il nuovo pentito chiarisce meglio: «(…) Gioacchino si inizia a mettere dietro le spalle Fidanzati, succede il problema con i Pace e si mette Bellusci dietro le spalle, perché sa che è della locale, succede il problema con quello e si fa compare di anello Massimo Rosi al matrimonio (…) quindi poi erano tutti dietro di lui, arriva Gregorini da Roma e dice: “Ma i soldi di Vestiti dove sono? Qua ti stai mangiando i soldi del noleggio” e poi vanno da “Iddu”, dal famoso Matteo Messina Denaro, vanno sempre a parlare con l’Avvocato…», spiega ancora il pentito, chiamando in causa addirittura il super boss di Cosa nostra e questo “Avvocato” che «non ho capito se è il fratello o un parente di “Iddu”, che “Iddu” è Matteo Messina Denaro…».

L’appoggio di Matteo Messina Denaro “Iddu”
Bellusci sostiene, di fatto, che alcuni soggetti stavano accentrando affari e relazioni mafiose, rivendicando l’appoggio di Matteo Messina Denaro e di un suo presunto parente-avvocato, e che una parte dei capitali (parcheggi, autonoleggi, residence) sarebbe stata “di là”, cioè sotto il controllo occulto di “Iddu”. Circostanza che a Bellusci sarebbe stata riferita da Gioacchino Amico. «Mi dice “abbiamo parlato con… l’Avvocato… non ho capito se è il fratello o un parente di “Iddu”, che “Iddu” è Matteo Messina Denaro… “Che mo se la vede lui, che adesso dobbiamo riferire tutto a lui”, e poi io ho detto: “Ma lui chi?”, “A Iddu”. “Iddu” e mi ha fatto vedere la foto sul cellulare dell’Avvocato, la foto su WhatsApp. Dice: “Vedi che io c’ho contatti con lui direttamente”», racconta ancora il pentito alla pm Cerreti. Un vanto per Gioacchino, dunque, il rapporto stretto con Matteo Messina Denaro. Il super boss di Cosa nostra, dunque, doveva essere informato di questa «nuova cosa» racconta ancora il pentito Bellusci, perché in fondo «i soldi erano anche di Matteo Messina Denaro, era lui che strutturava la cosa dietro…», come gli avrebbe riferito ancora Gioacchino Amico.
I soldi dei parcheggi dell’ospedale
Procedendo con il racconto, il nuovo collaboratore di giustizia mette ulteriore carne al fuoco, parlando anche dei soldi dei parcheggi all’ospedale. «(…) un giorno sono arrivato in ufficio… le prime volte io non andavo là per interesse, io avevo due macchine, avevo preso un Range Rover… pagavo, ringraziavo e me ne andavo. Avevo preso un Maserati. Un giorno io ho aperto la porta e c’erano tanti di quei soldi!» racconta, riferendosi all’ufficio di Dairago. «”Questi sono tutti dei parcheggi, questi sono tutti soldi di là”», gli avrebbe spiegato ancora una volta Gioacchino Amico. E quel “di là” dice tutto. «(…) lui mi ha fatto capire: “Sempre di quello che ti avevo parlato”, perché non è che specificavamo, tante volte noi ci capiamo anche soltanto se parliamo a spizzichi e bocconi. Quindi lui non mi specifica, però mi dice: “Di là”», perché «lui non si poteva manco nominare cioè, se tu nominavi “Iddu” o nominavi una persona così importante, uno evita anche di nominarla e di stare attento…».
In barca con il figlio di Riina
E continua il pentito: «A Terrasini dice che stava costruendo un residence, non so cosa stava facendo, e aveva anche un’altra cosa di autonoleggio». «Mi ha detto: “Vieni giù”, ma io non sono mai andato», spiega Bellusci ai pm. «Poi, sapendo che comunque c’era anche il problema che c’era l’indagine in corso, dico: “Non mi vado a muovere”, io non sono andato neanche al matrimonio, per dire…».
«(…) e poi è andato anche questo Peppe di Arconate, una foto su una barca col figlio di Totò Riina… Loro mi hanno detto: “Questo è il figlio di Totò Riina”. Io non ho mai visto il figlio di Totò Riina, non so neanche chi è e non li ho mai conosciuti. L’unico che ho visto è quello in televisione, che ogni tanto è andato in televisione…», chiarisce Bellusci. (g.curcio@corrierecal.it)
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