Il Ponte sullo Stretto e l’eterno rinvio: per Salvini il sogno della “prima pietra” scivola al 2026
Tra proteste, bocciature e promesse, resta da capire se sarà davvero l’anno dei cantieri o solo l’ennesima volta che l’avvio viene spostato un anno più in là

ROMA Nuova timeline: 2026. Dopo le promesse nel 2024 e il 2025 ormai agli sgoccioli, il progetto per la realizzazione del Ponte sullo Stretto sembra essere scivolato in un labirinto burocratico e contabile che ne allontana, ancora una volta, la tanto agognata – soprattutto da parte del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini – posa della “prima pietra”. Per tutto il 2024, il vicepremier e ministro ha ripetuto come un mantra l’obiettivo di «aprire i cantieri entro l’anno, dopo 53 anni di attese». Uno slogan potente, che però si è scontrato con una realtà ben più complessa rispetto all’opera da 13,5 miliardi di euro, presentata come una “opportunità storica” per inserire la Sicilia nel corridoio europeo Helsinki-Palermo.
Il fronte del “No” e lo stop della Corte dei Conti
Già alla fine dell’anno scorso, i dubbi erano evidenti. La sindaca di Villa San Giovanni, Giusi Caminiti, denunciava l’assenza di un piano di cantierizzazione concreto, mentre i cittadini guardavano con timore alla pubblicazione degli avvisi di esproprio: 150 case solo sulla sponda calabrese, con le piazze di Messina e Villa San Giovanni che si erano riempite di manifestanti al grido di “No al ponte delle menzogne”. Se il 2024 è stato l’anno delle promesse e delle proteste, il 2025 è stato l’anno di “bocciature” arrivate a più riprese. Oltre alle opposizioni perennemente all’attacco del progetto, in testa con le associazioni ambientaliste, la più sonora è arrivata a novembre 2025, quando la Corte dei Conti ha bocciato il decreto ministeriale relativo alla convenzione tra il Mit e la società Stretto di Messina. Le motivazioni sono pesanti come macigni e in cui la Corte parla di «perplessità» in riferimento all’articolo 72 della direttiva europea 2014/24/Ue, che disciplina la modifica di contratti durante il periodo di validità. Viene sottolineata l’incertezza sul costo complessivo dell’opera: «La valutazione degli aggiornamenti progettuali in misura pari a euro 787.380.000,00, in quanto frutto di un’attività di mera stima, rende possibile il rischio di ulteriori variazioni incrementali, incidenti – in disparte i problemi di reperimento di nuove coperture – sul superamento della soglia del 50 per cento delle variazioni ammissibili, anche in considerazione dei dati offerti dalla stessa Amministrazione», hanno spiegato i magistrati contabili.
Nuovo obiettivo: 2026
Intanto in manovra sono stati rifinanziati gli stanziamenti relativi al Ponte, «alla luce dell’aggiornamento dell’iter amministrativo e del non perfezionamento degli impegni relativi alle somme iscritte in bilancio nell’anno 2025 in conto residui rinvenienti dall’anno 2024, prevedendo un incremento delle risorse negli anni 2032 e 2033 tali da lasciare inalterato il valore complessivo delle somme autorizzate».
Mentre il report “Pendolaria 2025” di Legambiente scatta una fotografia di una Calabria dove si viaggia sui treni più vecchi d’Italia, e dove la maxi opera viene viene definita «una scelta politica che ignora le priorità»; Salvini negli scorsi giorni ha rilanciato: «Farò di tutto perché sia così», ha detto il ministro rispondendo a margine dei lavori del Senato alla domanda se il 2026 sarà l’anno dell’avvio dei cantieri.
Resta da capire se sarà davvero l’anno dei cantieri o solo l’ennesima volta che l’avvio viene spostato un anno più in là.
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