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‘Ndrangheta, omicidio Vivaldo: cadono due misure cautelari. I dubbi sul racconto del pentito

Revocati i provvedimenti per Sanfilippo e Scatolini. Le motivazioni della decisione arriveranno entro 45 giorni

Pubblicato il: 28/12/2025 – 8:05
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‘Ndrangheta, omicidio Vivaldo: cadono due misure cautelari. I dubbi sul racconto del pentito

Arriva una svolta giudiziaria nell’inchiesta sull’omicidio di Nicola Vivaldo, originario di Isca sullo Ionio e assassinato il 23 febbraio 2000 a Mazzo di Rho (in Lombardia) con quattro colpi di pistola alla testa in un agguato sotto la sua abitazione. Il Tribunale di Milano ha infatti annullato le misure cautelari nei confronti di due uomini ritenuti coinvolti nel delitto, sollevando dubbi sulla solidità dell’impianto accusatorio fondato sulle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.
Sono stati rimessi in libertà Stefano Sanfilippo, 80 anni, residente a Pogliano Milanese, e Stefano Scatolini, 58 anni, per il quale è stata revocata la custodia cautelare pur restando detenuto per una causa diversa. Secondo l’accusa, Sanfilippo sarebbe stato una figura di stretta fiducia della vittima, al punto da conoscerne abitudini, spostamenti e luoghi frequentati, mentre Scatolini sarebbe stato l’autista della Golf grigia utilizzata per accompagnare sul posto dell’agguato il presunto killer, Massimo Rosi, oggi 57enne.
La decisione è stata presa dai giudici della libertà della XXII sezione del Tribunale di Milano, che hanno accolto i ricorsi presentati dai legali degli indagati: l’avvocata Manuela Cacciuttolo per Sanfilippo e gli avvocati Luigina Pingitore e Antonio D’Amelio per Scatolini. Le motivazioni alla base dell’annullamento delle ordinanze cautelari saranno depositate entro 45 giorni e chiariranno le valutazioni del collegio, in particolare in merito all’attendibilità del collaboratore di giustizia.
Al centro dell’inchiesta c’è infatti il racconto di Emanuele De Castro, ex appartenente alla ‘ndrangheta di Lonate Pozzolo e oggi pentito, che ha ricostruito il presunto piano omicidiario davanti agli inquirenti. Proprio sulla base delle sue dichiarazioni, nel novembre scorso i carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dalla pm Alessandra Cerreti della Direzione distrettuale antimafia, avevano eseguito sei misure cautelari, cinque delle quali in carcere, con l’accusa di omicidio aggravato.
Tra i destinatari dei provvedimenti figurano anche i presunti mandanti del delitto: Vincenzo Gallace, oggi 78enne, ritenuto a capo dell’omonima cosca di Guardavalle, in Calabria, e Vincenzo Rispoli, 62 anni, indicato come vertice della locale di ‘ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, Nicola Vivaldo sarebbe stato ucciso dalla ‘ndrangheta perché considerato un informatore delle forze dell’ordine. L’agguato avvenne mentre stava parcheggiando l’auto sotto casa. Vivaldo, che aveva precedenti per associazione mafiosa, lesioni, rapina e detenzione di armi, era ritenuto vicino sia alla cosca Gallace di Guardavalle sia alla locale di ‘ndrangheta di Rho.
L’annullamento delle misure cautelari per due degli indagati non chiude l’inchiesta, ma segna un passaggio delicato in un procedimento che, a distanza di oltre vent’anni dall’omicidio, continua a interrogare la giustizia sulla tenuta delle accuse e sulla credibilità delle fonti che hanno permesso di riaprire il caso. (redazione@corrierecal.it)

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