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Il 2025 del calcio calabrese

Catanzaro solido e identitario, l’annus horribilis del Cosenza. Crotone e Reggina sulle montagne russe

La maturità delle Aquile, la retrocessione dei Lupi e la rottura tra club e piazza. I guai giudiziari degli Squali e le delusioni amaranto. Vibonese, Sambiase e Vigor Lamezia tra gioie e nuove sfide

Pubblicato il: 31/12/2025 – 10:31
di Francesco Veltri
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Catanzaro solido e identitario, l’annus horribilis del Cosenza. Crotone e Reggina sulle montagne russe

Il 2025 è stato un anno che ha raccontato, più di altri, le contraddizioni e le speranze del calcio calabrese. Un anno vissuto tra ambizioni dichiarate e cadute fragorose, tra piazze che crescono e legami che si spezzano, tra progetti che provano a strutturarsi e realtà costrette a resistere. Catanzaro, Cosenza, Crotone e le protagoniste della serie D hanno attraversato dodici mesi profondamente diversi, ma uniti da un filo comune: il peso delle comunità, delle scelte dirigenziali e della capacità – o incapacità – di guardare al futuro. Questo è il racconto di un anno che ha segnato spartiacque, lasciando eredità pesanti e domande aperte per il 2026.

Catanzaro solido e identitario

Il 2025 è stato un anno che il Catanzaro e la sua gente non dimenticheranno facilmente. È stato l’anno delle emozioni forti, del derby che resterà nella memoria collettiva, degli addii che hanno toccato il cuore della tifoseria, delle nuove ambizioni dichiarate pubblicamente e senza timore. Un anno in cui la città, più che seguire una squadra, l’ha accompagnata, trascinata, spinta verso una maturità tecnica e societaria che ormai nessuno considera più un’eccezione.
La stagione 2024-25 si è chiusa con un risultato che ha confermato le ambizioni del club: sesto posto in campionato con 53 punti, secondo playoff consecutivo, e la sensazione, sempre più concreta, di poter toccare la Serie A.
Il pubblico ancora una volta ha avuto un ruolo decisivo. Il “Ceravolo” ha registrato 179.629 presenze complessive e una media di 9.454 spettatori a partita, numeri che testimoniano un coinvolgimento fuori dal comune. Anche lontano da casa i giallorossi hanno fatto rumore: settori ospiti spesso pieni, ovunque.
Il Catanzaro ha chiuso l’annata come la squadra con più pareggi della serie B (20), segno di una continuità mentale che, pur con qualche rimpianto, ha tenuto il club dentro la zona playoff senza mai uscirne. Nel preliminare contro il Cesena è bastato il solito Iemmello per prendersi la qualificazione; poi, in semifinale, lo Spezia ha imposto la sua legge, vincendo sia all’andata che al ritorno. Il sogno è sfumato, ma il percorso resta storico.
In un campionato che aveva visto Sassuolo e Pisa scappare via, con lo Spezia di D’Angelo in piena corsa per la promozione diretta e una Cremonese in affanno, il Catanzaro ha mantenuto una posizione stabile.
Nel ritorno, la squadra di Caserta non ha mollato di un centimetro: ha tenuto il passo delle migliori, ha resistito nei momenti critici e si è presentata all’ultima giornata con la sicurezza di chi sa di aver costruito una stagione solida. Il momento simbolo dell’anno rimarrà però un pomeriggio di marzo. Un derby che è diventato festa. 4-0 a un Cosenza in caduta libera, con i gol di Iemmello, Pompetti, Bonini e Coulibaly. Una partita a senso unico, resa ancora più significativa da ciò che sarebbe avvenuto mesi dopo: la retrocessione dei Lupi, che ha reso il Catanzaro l’unica squadra calabrese in serie B.


Nel cuore del campionato, alcuni nomi hanno brillato più di altri. Pietro Iemmello, da anni capitano e trascinatore, ha chiuso la stagione con 16 gol in campionato e uno nei playoff. Un rendimento costante, ma soprattutto una leadership tecnica ed emotiva che continua a essere la spina dorsale del progetto. Accanto a lui, l’esplosione del difensore Federico Bonini: otto gol da centrale, una crescita impressionante e una cessione estiva all’Almería da circa 3 milioni, la più importante dell’anno.Difesa e centrocampo hanno fatto il resto: Brighenti, Antonini, Pigliacelli, Pompetti, Petriccione e Coulibaly hanno garantito solidità, idee, passo, inserimenti e tanta sostanza. L’estate ha portato via ancora una volta l’allenatore: Fabio Caserta, dopo la semifinale playoff e un contratto ancora valido, ha scelto il Bari. Una decisione che ha spiazzato la società. Il 13 giugno è arrivata l’ufficialità della risoluzione consensuale. Ironia del destino, a novembre lo stesso Bari lo ha esonerato, affidandosi all’altro ex tecnico giallorosso Vivarini che due anni fa aveva lasciato Catanzaro cercando fortuna altrove (senza riuscirci). Il nuovo ciclo ha preso forma con il giovane Alberto Aquilani in panchina.

noto e aquilani Catanzaro
La presentazione di Alberto Aquilani


Il 26 agosto, Iemmello ha pronunciato parole destinate a pesare: «Ho 33 anni: dopo due semifinali playoff consecutive, l’ambizione dev’essere alzare l’asticella».
Quella frase ha trovato risposta diretta, qualche ora dopo, dal presidente Floriano Noto, davanti a una Piazza Dogana gremita: «Alzare l’asticella non è uno slogan. È un impegno. E lo prenderemo tutti insieme».
Il mercato ha ridisegnato mezza squadra: tra tutte le partenze, l’addio di Scognamillo è stato quello più doloroso per i tifosi. Tra i volti nuovi Liberali dal Milan, talento puro; il giovanissimo Cisse dal Verona, subito tra le rivelazioni dell’anno; Di Chiara e Di Francesco per aggiungere esperienza e duttilità.
L’inizio della stagione 2025-26 è stato complicatissimo: sei pareggi di fila, poi le sconfitte con Monza e Padova, critiche, mugugni, e l’ombra di un esonero già possibile. Ma nel momento peggiore, il Catanzaro ha ritrovato spirito ed equilibrio.
La squadra ha ricominciato a crescere, a trovare soluzioni, a salire di rendimento. La difesa ha continuato a concedere qualcosa, ma la sensazione è che il gruppo stesse finalmente entrando nella nuova idea di gioco. La nota più luminosa è stata lui: Cisse, 18 anni, energia pura. Strappi, coraggio, verticalità: un talento che ha riportato entusiasmo. Insieme a lui pian piano sono cresciuti tutti, da Pontisso in mezzo al campo a Pittarello in attacco. E proprio nel finale di 2025 sono arrivate cinque vittorie consecutive in campionato (tra queste da ricordare quella di Bari contro l’ex Vivarini), miglior risultato di sempre in cadetteria.

Il quarto posto in classifica racconta un Catanzaro solido e pronto a far sognare i propri tifosi anche in questo nuovo anno. Ed è proprio qui che il racconto trova il suo senso più profondo. Il Catanzaro, oggi, non cresce soltanto sul rettangolo verde. Cresce attorno, nel contesto che lo sostiene e lo protegge. Cresce nel suo pubblico, sempre presente in massa, in casa e in trasferta, capace di trasformarsi in un fattore costante. Cresce nelle infrastrutture, con il centro sportivo di Simeri Crichi annunciato dal presidente Noto come simbolo tangibile di una visione che guarda oltre l’immediato e costruisce basi solide. Cresce, soprattutto, nella consapevolezza di sé: quella di una società che non vive di eccezioni o fiammate, ma di continuità, programmazione e ambizione dichiarata.
L’entusiasmo ritrovato non è un punto di arrivo, ma un segnale. Perché se il sogno serie A resta difficile, oggi appare meno distante. E per la prima volta dopo anni, non sembra più un’illusione.

L’annus horribilis del Cosenza

Per capire il 2025 del Cosenza bisogna tornare all’ultima fiammata del 2024: la questione dei biglietti del derby col Catanzaro. Prima 30 euro per le curve, poi il dietrofront a seguito delle proteste. La città l’ha vissuta come un affronto. L’ennesimo, perché qualcosa tra società e piazza si era rotto già da tempo. Il nuovo anno non farà altro che confermarlo.
Il 2025 inizia con la mazzata del 21 gennaio: il Collegio di Garanzia del Coni respinge il ricorso e conferma la penalizzazione di quattro punti in classifica per il mancato versamento di Irpef e contributi. Un duro colpo. Le motivazioni parlano di mancanza di controlli, documenti gestiti con leggerezza e un pignoramento ambiguo. Insomma, responsabilità precise. Sul campo non va meglio: gli infortuni pesano, la classifica di serie B piange, la squadra, debole, è ultima, ma c’è un lampo: il ritorno di Luca Garritano, accolto come un figlio dopo anni. Bello, romantico, ma non basta.
Le curve protestano, e il tono della città cambia aria.
Il 6 febbraio il sindaco Franz Caruso convoca Eugenio Guarascio e l’ad Rita Scalise in comune: messo all’angolo il presidente annuncia, senza volerlo veramente, che «vuole vendere». L’uscita pubblica si trasforma in scena notturna: Guarascio che scende le scale del Comune tra fischi e telecamere, e quel passo lento verso la propria auto con autista (mentre Scalise corre, sui tacchi, lateralmente) certifica una frattura insanabile con la città. Nei giorni e mesi successivi fioccheranno lettere, appelli ai sindaci, altre fughe dallo stadio e, a maggio, il celebre «a brevissimo» del patron sulla cessione del club che diventerà l’ironia permanente della piazza. Intanto sul campo Alvini vive una giostra continua: sollevato dall’incarico a fine febbraio, sostituito dalla doppia guida Tortelli–Belmonte, poi richiamato. Il valzer tecnico racconta più approssimazione che lucidità gestionale.


Il Gruppo Citrigno si propone con una trattativa concreta e pubblica; la risposta della proprietà è il silenzio – e il ritiro dell’interesse da parte di Alfredo Citrigno, che denuncia la mancata interlocuzione. Sullo sfondo, altri nomi circolano con insistenza: una cordata umbra e un fondo arabo (già emerso a fine 2024) vengono segnalati come possibili alternative agli interessi già noti, ma nulla si concretizza.
Il 31 marzo entra in società l’ex Brescia Luigi Micheli come consulente per l’area organizzativa e amministrativa, chiamato a rimettere ordine nelle carte e nei conti.
Aprile regala uno dei capitoli più surreali: la comunicazione agli sponsor che prevede la fatturazione dei biglietti “omaggio” a 0,20 euro per esigenze fiscali. Il clamoroso caso rimbalza e diventa pietra angolare della satira cittadina.
Le curve boicottano le gare casalinghe e preferiscono seguire la squadra solo in trasferta; il “Marulla” comincia a svuotarsi, e il gesto è tanto simbolico quanto doloroso.
Intanto il Tar del Lazio respinge il ricorso: la penalizzazione resta, la strada per la salvezza si chiude definitivamente.
Il 4 maggio la matematica è impietosa: il Südtirol chiude il conto e consegna la retrocessione al Cosenza. Sette anni a dir poco sofferti di B si chiudono così: con una ferita aperta e una città stanca.
Dopo la retrocessione il Comune avvia le pratiche per il recupero dei tributi non pagati; gli atti, riservati, diventano comunque materia di discussione pubblica.
Sul tavolo si succedono nomi e offerte: Vincenzo Oliva è tra i più concreti, ma la trattativa vive di alti e bassi; si continua a parlare della cordata umbra e del fondo arabo come opzioni sullo sfondo.
Il 13 giugno la Covisoc approva l’iscrizione al campionato di serie C: il club sopravvive formalmente, e questo permette di programmare (almeno sulla carta) il prossimo anno mentre la città chiede duramente a Guarascio di lasciare.
A luglio ecco spuntare la figura di Fabio Lupo, nominato direttore sportivo. Nei giorni successivi gli verrà affiancato il più giovane Domenico Roma come responsabile dell’area tecnica. In pratica il Cosenza ha due ds (più un altro su libro paga, Delvecchio). Una pagina accidentata: Lupo non rimarrà molto, il ds lascerà dopo un paio di mesi con la “colpa” di non essere riuscito a monetizzare vendendo i migliori calciatori della rosa nel mercato estivo. Il club affida la panchina ad Antonio Buscè: il nuovo allenatore, che in breve tempo mostrerà idee e risultati positivi.

Lupo, Micheli e Buscè in conferenza stampa a Lorica


Il ritiro di Lorica è plastica metafora della stagione: il pullman societario non si vede, i giocatori si arrangiano con le proprie auto, la comunicazione ufficiale è stringata e fuori fuoco. La lista dei convocati viene pubblicata frettolosamente.
Nel frattempo arriva la notizia dell’addio di figure storiche: Kevin Marulla lascia il club dopo tredici stagioni come team manager, e anche l’addetto stampa Gianluca Pasqua decide di chiudere il suo rapporto con la società. Entrambi motivano la scelta con la difficoltà di lavorare in un clima logorante e incerto.
Ad agosto la protesta si allarga: una fetta consistente della stampa locale, riunita attorno al “club dei cronisti Antonino Catera”, decide di boicottare conferenze e manifestazioni societarie per le continue mancanze di rispetto verso giornalisti e tifoseria. È un’altra frattura istituzionale che pesa.
Il 13 agosto muore Padre Fedele Bisceglia, figura storica e simbolo popolare del tifo rossoblù: la sua scomparsa scuote la città e illumina di malinconia un periodo già pesante.
La commemorazione per Gigi Marulla rischia di non tenersi nello stadio a lui intitolato per un momentaneo diniego della società: alla fine, grazie a interventi istituzionali, la manifestazione si svolge, ma l’episodio diventa simbolo – ancora un altro – della distanza insanabile tra il club che gestisce l’impianto e la città. A fine mese il club fa partire la campagna abbonamenti escludendo le curve dalla vendita dei tagliandi «per razionalizzazione degli spazi interni». È un nuovo strappo con la tifoseria organizzata che comunque da tempo ha annunciato che non sarà presente nelle gare casalinghe del Lupi. La Nord e la Sud verranno riaperte un mese dopo (per essere nuovamente chiuse il 16 dicembre allo scopo di «razionalizzare i costi»).
A settembre entra in scena l’ex Crotone Salvatore Gualtieri come direttore generale: prova a smussare gli angoli, a parlare di “Cosenza Identity” per avvicinare istituzioni e rappresentanti della piazza, ma il problema resta di natura societaria e non trova rimedi nelle singole personalità.
Sul mercato la delusione è palpabile: alcuni “big” restano in organico più per mancanza di offerte che per reali ambizioni – Ricciardi (prima fuori rosa e poi reintegrato), Florenzi, Mazzocchi, Garritano – ma la società non programma con decisione il salto di qualità che molti si attendevano dopo una retrocessione così bruciante. La campagna acquisti, nel complesso, è sottotono e la squadra resta incompleta.
Intanto l’assemblea al Cinema San Nicola con Eugenio Guarascio diventa un altro terreno di scontro civico: interventi accesi, accuse, richieste di chiarimenti sulla cessione societaria e nessuna soluzione definitiva. Quel confronto entra nella cronaca come un altro segnale della distanza tra società e città. Il presidente, scortato dalla polizia, alla fine lascia la sala tra fischi e insulti. Il sindaco Franz Caruso annuncia interventi drastici sulla concessione al club dello stadio cittadino.


Il 10 novembre muore Giuseppe Milicchio, storica voce radiofonica e narratore del Cosenza: la scomparsa è un nuovo tonfo nel cuore della tifoseria e dei media locali. Anche se la squadra, tra mille difficoltà strutturali, stupisce in campo e in classifica, lo stadio, quando non è avaro di pubblico, è segnato dal vuoto: il “Marulla” resta simbolo del “non ritorno” collettivo. La società prova a riavvicinare i tifosi (ingressi agevolati e campagne per under 14), ma sbaglia i toni, sembra provocare quello che dovrebbe essere il suo popolo, dimostrando ancora una volta di non saper comunicare. La protesta della città persiste, la tifoseria è presente solo nelle gare in trasferta.
Il 26 novembre, la macchina amministrativa comunale mette in chiaro i numeri: la Commissione Straordinaria approva liste di carico per canoni pubblicitari e altre poste pregresse, con un importo complessivo che incide pesantemente sui conti della società: la partita fuori dal campo non è chiusa.
Sul campo l’orgoglio e la qualità della squadra vengono messi a dura prova dalla fatica di un girone di andata disputato tra molteplici difficoltà strutturali. Buscè, dopo aver perso il difensore Baldovino Cimino per un grave infortunio, perde anche il bomber della squadra Simone Mazzocchi, costretto ad operarsi alla spalla. Alla fine del girone di andata il Cosenza chiude al quarto posto con un distacco dalla vetta di cinque punti. Fuori dal campo le polemiche non si placano. L’ultima riguarda l’accredito tolto a un giornalista per aver criticato il club nel corso del suo programma.
Pochi giorni fa l’Associazione Temporanea di Imprese (Ati) formata da “Ceta Spa” di Bergamo e “Impresa L.L.P.P. Nervoso Ing. Oscar” di Rende si è aggiudicata l’appalto per un restyling poco convincente dello stadio San Vito-Marulla. La sera del 30 dicembre la società ha annunciato il rinnovo dei contratti fino al giugno 2027 di Florenzi, Ricciardi, Mazzocchi, Kouan e Vettorel. Così si è chiuso il 2025 del Cosenza: un anno disastroso, segnato da errori gestionali, fratture istituzionali e una distanza ormai strutturale tra società e città. La classifica, paradossalmente dignitosa, non basta a mascherare un clima avvelenato e una fiducia ormai prosciugata. E se il presente è cupo, il futuro non offre spiragli rassicuranti: il 2026 non sembra preannunciarsi migliore, perché la rottura tra piazza e società appare profonda e irreversibile. Finché non verrà sciolto questo nodo, ogni progetto sportivo rischierà di restare fragile, ogni risultato effimero. Il Cosenza va avanti, sì, ma senza una comunità alle spalle: ed è questa, oggi, la sconfitta più grande.

Crotone sulle montagne russe

Il 2025 del Crotone si è chiuso come un anno di luci e ombre, tra speranze di risalita e difficoltà che hanno messo a dura prova squadra, società e tifosi.
Il cammino del club rossoblù nella serie C 2024-25 è iniziato con l’obiettivo neanche troppo nascosto di tornare in serie B. Nel girone C, il Crotone ha chiuso al quarto posto con 54 punti in 34 giornate: 15 vittorie, 9 pareggi e 10 sconfitte, con una produzione offensiva di altissimo livello. Tumminello ha segnato 15 reti (più una nei playoff), Gomez 13, Oviszach 8, Murano 5; a centrocampo ha brillato Jonathan Silva con 4 gol in 31 presenze. La squadra affidata a Emilio Longo ha avuto un avvio sottotono ma nella seconda parte di stagione ha trovato compattezza e identità, facendo paura anche alle big del girone.
Il Crotone ha segnato 62 gol (circa 1,82 a partita), subendone 49: una dualità che ha fatto emergere un dato inequivocabile: una squadra temibile in attacco ma vulnerabile in difesa.
Nei playoff, dopo aver superato la prima fase contro la Juventus Next Gen, il sogno promozione si è infranto negli ottavi contro la Feralpisalò, una battuta d’arresto che ha lasciato l’amaro in bocca a una piazza da anni in attesa di risalire.
La stagione in corso ha visto la conferma di Longo in panchina, ma con alcune partenze importanti: Tumminello è approdato al Benevento, anche Oviszach e Silva non fanno più parte della rosa. Tra gli arrivi, Merelli in porta, Guerra in difesa e Zunno a centrocampo. L’avvio di campionato è stato promettente: Maggio e Zunno si sono rivelati spine nel fianco delle difese avversarie, Gomez ha continuato a segnare con continuità, e il derby dello Scida contro il Cosenza è terminato 0-0 con una prestazione positiva dei rossoblù.

In Coppa Italia, i pitagorici hanno superato Catania, Foggia e Sorrento, raggiungendo i quarti di finale. Ma il 17 settembre è arrivata la doccia fredda: il Tribunale di Catanzaro ha disposto il commissariamento della società per presunte infiltrazioni mafiose, nell’ambito dell’operazione Glicine-Acheronte. La gestione giudiziaria, che durerà dodici mesi, ha evidenziato assoggettamento della società alla ’ndrangheta, in particolare nei settori della sicurezza e degli accessi allo stadio.
Il commissariamento ha avuto effetti immediati: la squadra ha iniziato a perdere colpi in campionato, staccandosi dalle posizioni di vertice, e il 10 dicembre è arrivata l’eliminazione nei quarti di Coppa Italia contro il Potenza.
Il 19 dicembre, il presidente Gianni Vrenna ha fatto il punto della situazione davanti alla stampa, ridimensionando drasticamente il progetto. «La società – ha spiegato – è in grande difficoltà» a causa delle restrizioni bancarie legate all’amministrazione giudiziaria e delle criticità logistiche, come lo smontaggio della tribuna e le condizioni precarie del centro sportivo. «È un periodo molto negativo – ha ammesso Vrenna – ma noi siamo qui a metterci la faccia». Nonostante tutto, il presidente ha lodato l’allenatore Longo e il suo staff, impegnati a gestire una squadra decimata da tensioni esterne e polemiche strumentali. «Sul carro del vincitore sono saliti in molti – ha detto Vrenna – ora che attraversiamo difficoltà, continuiamo il nostro percorso senza polemiche». Il 2025 si è chiuso con un deludente pareggio sul campo del Latina, lasciando aperte molte incognite per il 2026, sia sul piano tecnico che su quello societario.

Reggina, Sambiase, Vibonese e Vigor Lamezia tra sfide e cambi di rotta

Il 2025 è stato un anno ricco di emozioni per le squadre calabresi di Serie D, tra cambi di panchina, risultati altalenanti e progetti di rilancio.
Dopo il fallimento del 2023, la Reggina continua a cercare la stabilità. La scorsa stagione, nonostante le buone intenzioni iniziali, la squadra amaranto ha mancato ancora la promozione in serie C. Il 13 giugno 2024 la società aveva annunciato Rosario Pergolizzi come nuovo tecnico, che però ha risolto il contratto il 14 novembre per gravi motivi familiari. Al suo posto Bruno Trocini, già allenatore nella stagione precedente, con l’obiettivo di centrare la promozione. Nonostante una bella rimonta, la Reggina non è riuscita a superare il Siracusa, vincitore del torneo con un solo punto di vantaggio. Negli spareggi playoff, gli amaranto hanno vinto la finale contro la Scafatese, senza però ottenere la promozione. Il torneo 2025-2026 è iniziato con la squadra ancora sotto la guida di Trocini, ma tra difficoltà e proteste accese della piazza, il tecnico è stato sollevato dall’incarico, sostituito da Alfio Torrisi. Il nuovo allenatore, con un organico in parte rivoluzionato, a dicembre ha guidato la Reggina in una rimonta significativa: cinque vittorie consecutive hanno ridotto il distacco dalla vetta a soli quattro punti, riportando entusiasmo al Granillo in vista del 2026.


Il 2025 per il Sambiase è stato complessivamente positivo. Da neopromossa in serie D, con Claudio Morelli in panchina, la squadra ha conquistato un onorevole quarto posto, giocando alla pari con tutte le big. La semifinale playoff è stata persa contro la Scafatese. Nel nuovo campionato la società ha affidato la panchina a Tony Lio. Dopo una prima fase incoraggiante, nelle ultime settimane del 2025 la squadra ha subito un leggero calo, collocandosi all’ottavo posto con 25 punti, a due dalla Reggina e a sei dalla vetta. L’organico, tuttavia, lascia sperare in ulteriori soddisfazioni nel prosieguo del campionato.
La stagione 2024-25 della Vibonese ha alternato momenti positivi e meno brillanti, fino a chiudere il torneo al quinto posto, valido per accedere alle semifinali playoff. L’11 maggio la Reggina ha superato la Vibonese per 2-0, impedendo ai rossoblù di accedere alla finale. A giugno, il patron Pippo Caffo ha espresso forti critiche verso dirigenti e investimenti, denunciando spese eccessive e scelte non condivise, tra cui l’acquisto di calciatori senza il suo consenso. A luglio, lo stesso Caffo ha lasciato la presidenza dopo oltre 15 anni, cedendo la società a una cordata guidata da Fernando Cammarata. Raffaele Esposito è stato scelto come allenatore.
In questa prima parte di campionato, dopo una buona partenza, la Vibonese ha avuto un rendimento altalenante, chiudendo l’anno al decimo posto, con nove punti di distacco dalla vetta.
Il 2025 ha segnato il ritorno della Vigor Lamezia in serie D dopo nove anni, con la vittoria del campionato di Eccellenza il 6 aprile contro il Praia Tortora per 1-0, grazie al gol di De Nisi.

La festa della Vigor Lamezia ad aprile

La panchina è stata inizialmente affidata a Foglia Manzillo, ma risultati altalenanti hanno portato, a ottobre, all’arrivo di Renato Mancini come allenatore. La squadra ha chiuso il 2025 al 12esimo posto con 18 punti, evidenziando però segnali positivi, come il pareggio ottenuto sul campo della capolista Nuova Igea Virtus. (f.veltri@corrierecal.it)

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