Mezza Italia indaga su Enerambiente, la società del gruppo Gravioli finita nel mirino dei magistrati di Catanzaro per una maxifrode fiscale da 90 milioni di euro. Da Napoli a Padova le informative si moltiplicano, così come le ombre su un sistema che, a questo punto, potrebbe andare ben al di là della “semplice” truffa. L`indagine calabrese, nata da una costola dell`inchiesta in corso a Napoli, ha dimostrato che al gruppo fanno capo 50 società, un impero costruito con il sistema delle scatole cinesi. Ogni impresa accumulava debiti per poi cederli a un`altra azienda e incassare i profitti. L`ipotesi inquieta, specie se la si collega a una interdittiva antimafia della prefettura di Venezia, a sua volta legata all`inchiesta padovana sul gruppo. Secondo la Dia, infatti, sono emersi «acclarati collegamenti» tra l`amministratore delegato Giovanni Faggiano (indagato a Catanzaro) e Antonio D`Oriano, figlio di Domenico, che secondo la Dia sarebbe l`anello di congiunzione tra il clan D`Alessandro di Castellammare di Stabia e la Sacra corona unita. Non finisce qui. Altre ombre arrivano dai «rapporti di dubbia natura» tra Stefano Gavioli (anch`egli indagato dalla procura calabrese) e Angelo Zito, arrestato a Palermo con l`accusa di riciclare i soldi dei fratelli Graviano. È proprio Zito che viene nominato da Gavioli come «segretario dell’assemblea con la quale si stabilisce il cambiamento di sede dal Lussemburgo a Venezia della società che controlla il pacchetto azionario di Enerambiente, vale a dire Economanagement spa e si arriva alla nomina di Stefano Gavioli come amministratore unico». Sul business dei rifiuti gli incroci, come sempre, sono molto pericolosi.
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