I cinquant’anni dell’autostrada A3 come sintetica metafora del secolo e mezzo di Unità d’Italia. Per il Partito del Sud che predica un rinnovato orgoglio meridionale, sono entrambi il segno di un fallimento, perfino di un inganno, di una sorta di trappola ben congegnata per rallentare apposta il decollo del sud, consegnandogli una autostrada impossibile.
Il Partito del Sud nel documento distribuito subito prima di dare inizio alla discussione sulle opportunità perdute dell’A3, ci tiene a precisare che non è un movimento con nostalgie monarchiche o neo borboniche, ma i richiami carichi di rammarico contro le «truppe sabaude che hanno conquistato il meridione», si susseguono con puntuale precisione nelle parole di Giuseppe Spadafora, coordinatore del partito, che dice di un Sud prima conquistato, e poi oltraggiato, anche dal governo Monti, che fin qui è apparso distratto circa le aspettative meridionali.
Una tesi, quella del meridione tradito, che ritorna anche nell’intervento di Pietro Patracco, dell’università di Salerno, mentre Pietro Molinaro, presidente della Coldiretti racconta delle opportunità sprecate dalla politica nel campo dell’agroalimentare in Calabria. Eppure anche per quel settore, l’A3 doveva essere un volano di sviluppo.
Per la verità dell’autostrada, che era il tema principale del dibattito, si parla poco e quando tocca a chi parecchie cose avrebbe da dirle, il tempo tiranno che contingenta gli interventi non consente di approfondire la questione. Infatti Battista Iacino di cose da dire ne avrebbe e molte, fino ad affermare che rifarla da zero, l’autostrada, sarebbe stato meno costoso e forse meno lungo che tentare di adeguarla.
E alla faccia dei tanti politici che annunciano con sistematica puntualità la fine dei lavori, Iacino avvisa che se va bene occorrerà attendere il 2018. Sullo schermo beffarde scorrono le immagini di Berlusconi e Lunardi che da Vespa giurano che nel 2008 tutto sarebbe stato completato.
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