«Se è naturale per l’uomo, vivere in società, è necessario che, fra gli uomini, ci sia un qualcosa che governi il popolo e che, oltre a ciò che spinge al bene di ciascuno,ci sia qualcosa che si occupi del bene comune». E’ quanto ha scritto San Tommaso d’Aquino in “De regno” che padre Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza e Bisignano, reggino doc, profondo conoscitore della realtà calabrese, utilizza come premessa dell’ultima sua lettera pastorale, indirizzata a tutti i politici, di ogni schieramento, credenti e non credenti. Una lettera che, parafrasando San Tommaso, ha voluto titolare “La politica, un servizio all’uomo”. Perché ci si candida a guidare la cosa pubblica, si chiede Nunnari. Ci sono motivazioni profonde, visto che ogni azione è percepita fuori dai palazzi della politica come teatrino, lotta di fazioni, guerra tra posizioni, insomma mera gestione del potere? A parere del presule non c’è slancio, sogno, progettualità, immaginazione, capacità di anticipare i tempi, amore per la propria terra e la propria gente, servizio. Non c’è dubbio che, in larghissima parte, è così! Oggi non è più come un tempo, anche non proprio lontanissimo. Alla Regione, nelle prime due legislature, c’erano uomini come Antonio Guarasci, Aldo Ferrara, Francesco Martorelli, mentre al Comune di Reggio c`era Italo Falcomatà, il sindaco del sorriso. Non a caso, il direttore di questo giornale ha dedicato proprio a loro la sua ultima pubblicazione “Casta Calabra” e di loro ha parlato nel corso di varie presentazioni del libro, edito dal giovane Michele Falco.
Nell’impegno e nell’azione di Guarasci,Ferrara,Martorelli e Falcomatà – a cui se ne possono aggiungere altri, anche se pochi, invero – era prevalente lo spirito di servizio, una parola di cui,oggi, visti i risultati, si abusa,dice padre Salvatore. Servizio è, tra l’altro, essere punto di riferimento, “rinunciare a”, per il bene delle istituzioni che sono la casa di ciascuno e non di piccoli gruppi. Non è così? Certo che lo è, ma, da tempo immemore, sono “i piccoli gruppi di potere”, “le lobby”,le cordate, le caste,appunto, a farla da padrone, a dispetto di un’intera regione che, invano, anela a essere al pari delle altre, finanche nello stesso Mezzogiorno. C’è oggi chi si candida per “servire”? C’è oggi, nella gran parte dei casi, chi faccia prevalere l’interesse generale e non il proprio “particulare”? Quali esempi vengono dalle classi politiche, impegnate dal Comune alla Provincia, dalla Regione al Parlamento? Esempi da imitare? Non mi pare, purtroppo. Basti guardare al rinnovamento nei partiti e nelle istituzioni, da tutti invocato e mai realizzato. Basti guardare ai sindaci di lungo corso, ai presidenti a vita, agli assessori “per eredità”, mentre,per esempio, negli Stati uniti d’America, per legge, il presidente – l’uomo più potente del mondo – può restare in carica, attraverso elezioni non certo semplici, al massimo per otto anni. Ed in qualche città si assiste, addirittura, ad improbabili ritorni, ai figli che succedono ai padri, e a impegni(?) trentennali! «Non ci sono alibi – dice Nunnari – per chi rallenta l’apporto delle nuove generazioni” Ed è proprio del “nuovo” che i politici di casa nostra, di oggi, hanno paura. Il nuovo non consente il perpetuarsi del potere nelle mani delle stesse persone, che, tra l’altro, non hanno mai avuto, in buona parte, un’occupazione, un mestiere, una professione.
E Salvatore Nunnari chiama in causa i cattolici, giustamente. E porta l’esempio di De Gasperi, La Pira, Dossetti che anche in politica non hanno mai smesso di essere esigenti prima di tutto con loro stessi. Oggi non è più così, a livello nazionale e regionale. Pur riconoscendo l’autonomia della politica, come fa a non esserci coerenza tra comportamento politico e l’essere cristiano e cattolico? É solo l’andare a Messa la domenica che contraddistingue il cattolico da chi cattolico non é? Certo che no! Deve impegnarsi a far prevalere il bene delle persone, quel che una volta si chiamava il “bene comune”: nessuno può esser costretto a compiere azioni che la sua coscienza gli vieta. Dice padre Salvatore: «Ai cattolici viene chiesto uno sforzo maggiore, un surplus di testimonianza. La loro presenza deve essere garanzia di competenza, che nasce da una preparazione professionale qualificata, una garanzia di moralità, dovere di servizio». E come fare a dargli torto? Ma è così,in Calabria,come altrove? No, e Nunnari non lo nega affermando che «molte sono state le promesse e mille i tradimenti», a cominciare dalle aziende aperte per intascare cospicui finanziamenti (vedi il deserto tra Gioia Tauro e San Ferdinando) e mai entrate in funzione, dalla connivenza tra cariche elettive e criminalità organizzata. «Un cancro che si chiama mafia ed uccide la nostra terra», aggiunge, richiamando lo smaltimento illegale dei rifiuti, l’avvelenamento del mare, il mercato della droga,l’usura,le estorsioni, la corruzione negli appalti,l’evasione fiscale.
Il presule,che conosce uomini e cose,si chiede come sia stato possibile che i nostri uomini politici non abbiano operato per cambiare le cose. Parlando di indifferenza e di mancanza di senso civico, rifacendosi di fatto allo studioso americano Putnam, attribuisce la responsabilità ad una classe politica, in passato, inadeguata. Anche oggi, aggiungiamo noi, non è cambiata, anzi è in un certo senso peggiorata, quanto ad inadeguatezza. Oggi più che mai, «il clientelismo e l’assistenzialismo hanno spento la libera iniziativa e ucciso la speranza, trasformando i giovani in mendicanti di futuro». Diceva, però, Albert Einstein: «Non penso mai al futuro, arriva così presto!».
Reazioni? Meno di quante avrebbero dovuto essercene. E comunque, come sempre, di condivisione e di opportunità, a parole, della lettera di Nunnari. Non è mancato chi, come Carlo Guccione,ha riconosciuto che «per i giovani si sta facendo poco o nulla».
«Occorre – scriveva don Luigi Sturzo – non esser deboli lasciando il posto ai malevoli e ai profittatori». Dappertutto, non solo in politica!
* Giornalista
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