CALCIO INFETTO | Grosseto-Reggina e la rabbia degli zingari
Un calciatore estraneo alla combine, che s’incarica di battere rigore e lo realizza, mandando in fumo un ricco affare illecito. Un pareggio che fa saltare i piani della banda degli zingari. E l’onere…

Un calciatore estraneo alla combine, che s’incarica di battere rigore e lo realizza, mandando in fumo un ricco affare illecito. Un pareggio che fa saltare i piani della banda degli zingari. E l’onere di restituire la somma persa per la scommessa non concretizzata, “sistemando” la successiva gara con l’Empoli. Non è la trama di un film ambientato nel mondo del calcio. È, semmai, il “backstage” della partita tra Grosseto e Reggina del 23 maggio 2010. Finita 2-2, invece che con un successo dei calabresi. «Peccato, avevamo fatto un miracolo: quelli non passavano il centrocampo», cercò di giustificarsi con uno degli slavi Filippo Carobbio, centrocampista grossetano con un passato nella Reggina, uno degli artefici dell`accordo.
Nei confronti del gruppo di malviventi che gestiva una fetta enorme del calcio italiano, il primo a impegnarsi sarebbe stato Paolo Acerbis. Il portiere del Vicenza, arrestato nell’ambito degli sviluppi dell’inchiesta sul calcioscommesse, all’epoca militava nella formazione toscana avversaria della Reggina.
Acerbis, secondo la Procura di Cremona, «costituiva un punto di riferimento stabile per il gruppo degli “zingari”, fornendo costantemente a Gegic (Almir, un componente del sodalizio criminale, ndr) ed agli altri slavi indicazioni circa le partite in cui i medesimi potessero inserirsi». Lo stesso giocatore, «una volta trasferito al Grosseto, partecipava per conto degli “zingari”» ai tentativi di combine, tra i quali c’era anche il match con i calabresi allo “Zecchini”. Un incontro che, nei programmi dell’associazione criminale, sarebbe dovuto terminare con la sconfitta della formazione di casa e almeno tre gol segnati (segno 2 in schedina e “over”, per gli scommettitori). Ma che finì con il punteggio di 2-2 perché all’ultimo minuto l’arbitro concesse un calcio di rigore ai padroni di casa. E il grossetano Luigi Consonni, estraneo all’accordo, fece il suo dovere e segnò. Accordo saltato, scommessa persa. E per restituire la somma ottenuta in prestito dalla banda, i calciatori che sarebbero stati corrotti si impegnarono a falsare il risultato della partita della domenica seguente, in trasferta a Empoli.
LA RICOSTRUZIONE
I calciatori coinvolti nella combine di Grosseto-Reggina, di cui i magistrati di Cremona si occupano diffusamente nelle 484 pagine del nuovo provvedimento restrittivo, sono quattro. Tutti della formazione toscana. Oltre ad Acerbis e Carobbio, al tentativo di condizionare il match avrebbero contribuito Kewullay Conteh e José Ignacio Joelson. Sarebbero loro a prendere accordi con gli “zingari”. Che, guarda caso, nei giorni immediatamente precedenti alla partita si trovano a Grosseto. Gegic alloggia all’hotel Granduca, dove dorme anche uno dei suoi sodali, Alija Ribic, che si ferma una notte in più e ha una serie di frenetici contatti telefonici. Scambia 25 sms con Filippo Carobbio e chiama anche Gegic, che risulta ancora dalle parti di Grosseto. Telefona a un altro indagato, l’ex calciatore Mauro Bressan. Trovata l’intesa sulla sconfitta dei toscani, l’accordo viene comunicato al capo dell’organizzazione, il singaporese Eng Tan Seet, che in quei giorni si trova in Italia e che dà la sua approvazione, a condizione che ci siano tre gol.
«UNA CATASTROFE»
Il 23 maggio 2010, lo “zingaro” Ribic è in prossimità dello stadio “Zecchini” ma non trova il biglietto. E allora informa Gegic che andrà a guardare la partita in tv. Intanto, la quotazione dei bookmaker per la vittoria della Reggina a Grosseto scende. Venti minuti prima della partita è già passata da 2,15 a 2. Poco dopo arriverà a 1,7. Segno che ingenti somme di denaro sono state puntate sul successo degli amaranto.
Gegic e Ribic si sentono otto volte al telefono in quei novanta minuti. «Sul 2-0 per la Reggina i sodali esultano – annotano gli inquirenti –. Ancora di più quando, entrato Joelson, numero 8 (soprannominato “Spica”), al 66°, due minuti dopo segna il goal del Grosseto, che consente l’“over”. Gegic gioisce. Il dramma si verifica al 90°, quando viene concesso un rigore al Grosseto», che gli indagati definiscono «una catatrofe».
I padroni di casa segnano nel disappunto degli“zingari”, che ritenevano di aver già acquisito il risultato. E Ribic si chiede come mai il rigore non sia stato tirato dal numero 8. Cioè da Joelson, che, «quale corrotto, avrebbe certamente fallito il penalty», sostiene la Procura di Cremona. Il brasiliano non se l’è sentita di tirare, tra i giocatori è scoppiato un parapiglia e alla fine è stato l’allenatore Sarri a decidere che a battere dagli undici metri fosse Consonni.
Intanto i due slavi, emissari dell’organizzazione a Grosseto, pochi minuti dopo la partita commentano che il loro guadagno è stato della metà mentre i giocatori corrotti hanno perso tutto, e dunque dovranno restituire i soldi. Dopo un “chiarimento” con Carobbio, si punta alla prossima partita, quella con l’Empoli. Un’altra combine. Un’altra sconfitta del calcio.