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PALAZZO INFETTO | Arena: costretto a salvare il mio onore

REGGIO CALABRIA «Non sono io la genesi della ‘ndrangheta, né la mia amministrazione». Demetrio Arena lo scandisce a chiare lettere, nel tentativo di mitigare l’onta di essere il primo sindaco commiss…

Pubblicato il: 11/10/2012 – 21:23
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PALAZZO INFETTO | Arena: costretto a salvare il mio onore

REGGIO CALABRIA «Non sono io la genesi della ‘ndrangheta, né la mia amministrazione». Demetrio Arena lo scandisce a chiare lettere, nel tentativo di mitigare l’onta di essere il primo sindaco commissariato per mafia. «Aspetto di sapere cosa avrei dovuto fare e non ho fatto. Sono costretto a salvare il mio onore».
Il volto dell’ex primo cittadino di Reggio, malgrado la gravità della situazione e le pesanti accuse rivolte al suo anno e mezzo di governo, non tradisce la tensione. Sembra piuttosto sollevato, Arena, quasi disteso. In fondo, adesso è un normale cittadino. Dice di non aver letto la relazione che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale e così facendo spiazza i cronisti, che non possono (per il momento) entrare nel dettaglio e chiedere conto dell’operato del sindaco del primo capoluogo commissariato per mafia.
Nella sala Nicholas Green della sede del consiglio regionale c’è tutto lo stato maggiore del Pdl reggino. Soprattutto, ci sono i componenti della giunta comunale, alcuni dei quali tirati in ballo dalla relazione della commissione d’accesso, che ha evidenziato i loro rapporti pericolosi con alcuni clan di ‘ndrangheta. Ad ascoltarlo, in prima fila, è presente anche il governatore Peppe Scopelliti. Più defilati, invece, l’assessore ai lavori pubblici Pasquale Morisani, citato nel rapporto commissariale per le sue frequentazioni con Santo Crucitti e Luigi Tuccio, menzionato nella relazione per via degli incarichi sospetti che il Comune ha affidato alla sua compagna, Giampiera Nocera, cognata del  boss Pasquale Condello. Arena ha il compito non facile di difendere l’indifendibile e giustificare certe scelte legate alla composizione della sua squadra di governo. A partire dallo stesso Morisani. «Quando la sua vicenda è stata resa nota, l’ho chiamato e mi ha spiegato tutto. Mi ha parlato con il cuore in mano e ho deciso di dargli la mia fiducia. È stato un mio limite, non potevo immaginare che si sarebbe arrivati a questa situazione». Su altri aspetti, come la vicinanza ai clan del presidente del consiglio Seby Vecchio e del consigliere Giuseppe Plutino, arrestato per i suo rapporti con la cosca Caridi, Arena si trincera dietro la formula “non potevo sapere”. A supporto delle sue ragioni, l’ex sindaco ricorda la sua richiesta di informazioni non ufficiali alle autorità di riferimento, a ridosso delle ultime amministrative. Una indagine che non evidenziò – secondo Arena – nessuna implicazione dei soggetti politici che poi andranno a costituire la sua giunta e il consiglio comunale. Su Plutino, soprattutto, l’ex inquilino di Palazzo San Giorgio precisa come al momento «sia un detenuto in attesa di giudizio». Una esternazione che fa esplodere la platea in un applauso, subito fermato dallo stesso Arena, che ha manifestato l’intenzione di rispondere alle domande senza sottoporre i giornalisti a indebite pressioni del pubblico, presente in gran numero in consiglio regionale.
Altra nota dolente sono le società miste del Comune. Su tutti la Multiservizi e la Leonia, risultate sotto il controllo di alcune famiglie di ‘ndrangheta locali e la cui posizione è stata ampiamente affrontata dalla relazione commissariale. Arena prova a ripercorrere la genesi della loro costituzione, avvenuta nel 2001. «Furono costituite in fretta e furia a ridosso delle elezioni del 2002 – spiega l’ex sindaco -. La giunta successiva (guidata da Scopelliti, ndr) si ritrovò il pacchetto già confezionato. All’epoca ero consulente del Comune e si valutò di continuare per non causare un danno economico all’ente, malgrado nel nostro territorio mantenere queste società significhi duplicare il rischio di infiltrazioni». Poi, in riferimento alla Multiservizi, Arena spiega di aver cercato di «attivare l’articolo 3 dello statuto per rescindere il contratto, ma i legali che seguivano la vicenda ritenevano non ci fossero le condizioni. Ho chiesto allora il certificato antimafia, arrivato dopo ben sette mesi». «Non voglio scaricare le colpe sulla prefettura – ha aggiunto – ma su una normativa antimafia nebulosa che prevede normative inefficaci a combattere la criminalità organizzata».
Arena non nasconde che, a Reggio, «il problema della ‘ndrangheta è forte, ma non posso essere io a contrastare questa permeabilità con i soli strumenti a disposizione di un sindaco». Il successore di Scopelliti prova a smarcarsi dalle responsabilità e lo fa sottolineando come la sua amministrazione abbia governato «per soli sei mesi, poi è arrivata la commissione d’accesso che ha inibito l’adozione di provvedimenti per affrontare l’emergenza e pensare al futuro della città». I tre commissari potranno risolvere la situazione? Arena è scettico: «Forse non ne basteranno nemmeno dieci, non si può sconfiggere la mafia in 18 mesi». Ecco perché – spiega – forse sarebbe stato più opportuno «continuare con un sindaco credibile e in grado di fare rete con le altre istituzioni». Ma – ha aggiunto con una vena polemica – «forse la lotta tra chi è scopellitiano e chi non lo è ha colpito anche chi non dovrebbe farsi trascinare in queste situazioni». Cioè il governo tecnico, per il quale «probabilmente Reggio non era una priorità».
Non ci sta, Arena. E non accetta che si affermi sia stato scaricato da Scopelliti, a causa dell’affermazione della Cancellieri per la quale a essere sciolta «è solo questa amministrazione». Una esternazione che – secondo l’ex sindaco – sarebbe stata indotta dalla domanda capziosa di un giornalista presente alla conferenza stampa nella quale il ministro dell’Interno ha annunciato lo scioglimento del Comune. «In questo modo non si fa altro che alimentare un clima che non giova alla città», commenta Arena, completamente convinto della buona fede del presidente della Regione.
Poi una riflessione sulla realtà reggina, «la patria dei veleni», dice l’ex sindaco, che – dopo aver ripercorso l’evoluzione della criminalità organizzata locale («si è infiltrata in ogni settore della comunità») – aggiunge: «Tutta la società reggina è contigua alla ‘ndrangheta. Se si vuole fare la guerra alla mafia bisogna tenere conto del fatto che scorrerà del sangue». Affermazione violenta e facilmente equivocabile, ma che il sindaco precisa facendo un paragone con le guerre che spesso causano anche la morte di vittime civili e innocenti. Come dire: il commissariamento avrà ripercussioni sulla vita di tutti i reggini.
Arena ora è un privato cittadino. Forse è anche felice di questo suo nuovo status, dopo mesi sulle barricate nel tentativo di difendere ciò che non poteva essere difeso. Arena è un uomo libero ma con un passato difficile da dimenticare. Adesso può pensare al suo futuro e immaginarlo distinto e separato dal destino politico dei suoi predecessori. Il ricorso contro il decreto del governo? «L’idea non mi appassiona», dice Arena. Consapevole che sbagliare è umano, perseverare diabolico.

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