"Azzardo", imprenditore-coraggio fa condannare i tre imputati
REGGIO CALABRIA E` stato il pugno di rabbia e di stizza con cui Vincenzo Nettuno ha salutato la sentenza che lo condanna -insieme a Gennaro Gennarini e Terenzio Minniti – a sei anni di reclusione per…

REGGIO CALABRIA E` stato il pugno di rabbia e di stizza con cui Vincenzo Nettuno ha salutato la sentenza che lo condanna -insieme a Gennaro Gennarini e Terenzio Minniti – a sei anni di reclusione per estorsione aggravata dalle modalità mafiose, a far partire le urla e le proteste di amici e familiari, presenti nell`aula buker di Reggio Calabria. Molto arrabbiati si sono scagliati contro Gaetano Caminiti, l`imprenditore per lungo tempo vittima di minacce e intimidazioni – giunte addirittura fino ad un tentativo di omicidio – reo di aver puntato il dito contro i suoi aguzzini.
Contro di loro ha presentato esposti e denunce, contro di loro – guardandoli negli occhi – ha testimoniato in aula nel procedimento “Azzardo”, scaturito proprio dalle sue denunce.
Denunce che hanno convinto tanto il pm Stefano Musolino, che ha istruito l`inchiesta, tanto il Tribunale collegiale presieduto da Olga Tarsia, che ha comminato a Vincenzo Nettuno, Gennaro Gennarini e Terenzio Minniti sei anni di reclusione, a fronte dei 10 chiesti dal pm, più cinquemila euro di risarcimento.
Una sentenza che conferma l`impianto accusatorio sostenuto dal pm, che nel corso delle precedenti udienze aveva ripercorso l`intera vicenda di Caminiti nel corso di una breve ma incisiva requisitoria, durante la quale Musolino aveva ricordato come i tre – ritenuti vicini alla cosca Ficara-Latella – avessero tentato di imporre all`imprenditore un software espressamente vietato dallo Stato e dalla Snai, di cui la sala giochi di Caminiti è centro convenzionato. Un software che avrebbe immediatamente fatto perdere questa “garanzia di qualità” all’imprenditore, che quando i tre si presentano, non può che opporre un netto rifiuto. Un “no” che per i tre è l’equivalente di uno schiaffo. «I tre vanno via con l’alterigia e l’arroganza tipica della ndrangheta”, aveva ricostruito il pm in requisitoria, per il quale tutto – negli atteggiamenti di Gennarini, Nettuno e Minniti – è espressione della cosca attorno a cui gravitano. «Gennarini fa leva sulla sua parentela con i Latella-Ficara, cosa per cui è stato anche condannato in relazione al favoreggiamento della latitanza del suocero Vincenzo Ficara, per presentarsi alla sala giochi e imporre un accordo», aveva tuonato il pm che scagliandosi contro le accuse di calunnia che i tre hanno formulato contro Caminiti in un memoriale messo agli atti del processo. «Come si può affermare – si interroga Musolino – che Caminiti si sia preso la briga di calunniare tre sconosciuti, almeno due dei quali per professione propongono siti illeciti?». Un’ipotesi che per il pm era stata polverizzata anche dalle stesse – omertose, contraddittorie –dichiarazioni e ricostruzioni degli imputati, che «probabilmente – sottolinea Musolino – temono di dover spiegare per conto di chi proponevano il sistema illegale».