Da Lamezia a Boston per motivi di lavoro. Si è trovata “nella notizia”, suo malgrado, Dafne Cardamone, giovane calabrese che lavora alla Boston University School of Medicine: è stata tra i volontari che hanno prestato soccorso ai podisti coinvolti nella duplice esplosione che ha causato poco prima delle 21 di ieri (ora italiana) la morte di almeno 3 persone e il ferimento di decine di altre, tra pubblico e partecipanti alla gara.
La ragazza, che dopo l`Università a Torino ha conseguito il Phd (l`equivalente del dottorato di ricerca) all`Università di San Diego (California), è anche una maratoneta, ma ieri era sul percorso come volontaria. «Il mio angelo custode si chiama Dafne Cardamone – scrive oggi su Repubblica il giornalista-runner Antonio Mascolo, della redazione di Parma – è una volontaria italiana».
«Correre una maratona – ha scritto la Cardamone dopo aver partecipato a quella di New York nel 2011 – è il modo migliore per dimostrare a se stessi che nella vita non importa quanto sia lontano il traguardo quello che conta è credere sempre in ciò che si sta facendo. Se ti impegni sempre con costanza e passione prima o poi otterrai la tua medaglia… Sì è vero, magari non sei stato il più veloce o non sei arrivato quando avevi programmato ma non importa, di sicuro hai attraversato quel traguardo che ti eri posto e sei la persona più felice del mondo».
Ieri l`entusiasmo ha lasciato il posto alla paura: «Sono molto felice di sapere che tutti i miei amici corridori e le loro famiglie sono sani e salvi – ha scritto Dafne qualche ora fa sul suo profilo facebook –. È stato orribile e sono in shock… Correre per me non sarà più lo stesso!». Ma da oggi più di uno le sarà grato.
«Come cittadino e come sindaco di Lamezia voglio sottolineare l`azione solidale della nostra giovane concittadina, dottoressa Dafne Cardamone, che durante i momenti tragici del gravissimo attentato di Boston, ha aiutato e soccorso i partecipanti alla maratona coinvolti nell`esplosione. Un gran bel gesto». È quanto ha dichiarato il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza, dopo aver appreso della notizia pubblicata da Repubblica e ripresa dal Corriere della Calabria.
In serata, la volontaria ha raccontato quei frangenti tragici: «Ero tra i volontari del mio team, Somerville Road Runner, a distribuire acqua al chilometro 30, a Newton, lontano dodici chilometri dal luogo dell`esplosione. Quando ci sono state le esplosioni – ha aggiunto – tutto si è fermato. Abbiamo subito cercato di rintracciare le persone che conoscevamo e io ho fatto sapere che stavo bene. Un corridore si è fermato vicino a noi, era italiano. Dopo mi ha detto che era Antonio Mascolo. Gli ho spiegato cosa era successo e l`ho aiutato a ritornare in albergo e ho fatto così con altre due miei amici. Ho fatto quello che tutti avrebbero fatto e che hanno fatto in una situazione del genere».
A Feroleto Antico, a una decina di chilometri da Lamezia Terme, vivono la madre della giovane, dipendente comunale, e il padre, insegnante elementare in pensione. La ragazza ha due fratelli, uno ingegnere e l`altro studente di medicina all`università di Torino. La stessa strada seguita da Dafne che dopo gli studi in Piemonte si è trasferita a Boston per un master e poi vi è rimasta.
«DALLA GIOIA AL TERRORE IN UN ATTIMO»
«Un attimo prima – ha proseguito Dafne – era la maratona gioiosa e ci stavamo divertendo e l`attimo dopo abbiamo tutti avuto paura e il nostro primo pensiero è stato di contattare i nostri amici che si trovavano vicino al luogo dell`esplosione».
«Dopo attimi di panico e lacrime – ha raccontato il medico – fortunatamente nel giro di un`ora siamo riusciti a rintracciare tutti e siamo riusciti a sapere che tutti stavano bene. A quel punto mi sono diretta alla macchina insieme ai miei due amici, anche loro partecipanti alla maratona, e Antonio Mascolo. Ho accompagnato prima i miei amici e poi Antonio. A Boston era tutto bloccato, le strade chiuse e piene di polizia. Non potendo entrare nel centro in macchina ho accompagnato Antonio più vicino possibile all`albergo e da li lui è rientrato nella sua camera. Gli ho mandato un messaggio dopo poche ora per accertarmi che stesse bene». (0070)
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