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Caso Cisterna, deposizioni eccellenti

REGGIO CALABRIA Sul punto, il procuratore capo della Dda di Reggio, Federico Cafiero De Raho, era stato chiaro: «All’udienza preliminare del 27 giugno il magistrato che rappresenta l’ufficio del pubb…

Pubblicato il: 27/06/2013 – 15:27
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Caso Cisterna, deposizioni eccellenti

REGGIO CALABRIA Sul punto, il procuratore capo della Dda di Reggio, Federico Cafiero De Raho, era stato chiaro: «All’udienza preliminare del 27 giugno il magistrato che rappresenta l’ufficio del pubblico ministero farà ciò che è necessario per accertare la verità». Ed è infatti, su richiesta di tutte le parti – l’indagato Alberto Cisterna, la pubblica accusa rappresentata dal pm Matteo Centini, come la parte lesa Luigi Silipo – che il gup Cinzia Barillà ha stabilito che il prossimo 15 luglio saranno sentiti l’attuale capo della Mobile di Torino, Luigi Silipo, e  il procuratore della Dna, Roberto Pennisi.
Proprio quest’ultimo – in un pesantissimo documento – ha denunciato le pressioni che il funzionario Luigi Silipo gli avrebbe confessato di aver subìto per alterare un’informativa riguardante l’ex numero due della Dna, Alberto Cisterna, indagato a Reggio per oltre due anni per aver favorito la cosca Lo Giudice. Un procedimento poi archiviato, su richiesta della stessa Procura che lo aveva istruito, per mancanza di elementi validi per sostenere l’accusa, ma che all’ex vice di Grasso è costato due anni di gogna e la carriera. E i cui strascichi sono ancora in trattazione a Reggio Calabria.
Dopo l’archiviazione dell’esposto presentato da Cisterna per denunciare le irregolarità nell’informativa redatta da Silipo a suo carico  – e che la Procura ha sempre ritenuto «attinenti ad aspetti marginali e prive di dolo» –, l’ex procuratore facente funzioni, Ottavio Sferlazza, e il sostituto Matteo Centini, hanno infatti chiesto il rinvio a giudizio per calunnia per l’ex numero due di Grasso. Un procedimento giunto oggi in fase di udienza preliminare, dove adesso toccherà al gup Cinzia Barillà ascoltare tanto l’alto magistrato della Dna, come il funzionario della Mobile di Torino, prima singolarmente, quindi – qualora emergessero discrasie – mettendoli a confronto. Nonostante la denuncia di Pennisi sia risalente nel tempo e soprattutto da tempo a conoscenza della Procura – che in passato ha deciso di non sentire il magistrato per verificarla – solo negli ultimi giorni Silipo ha smentito ufficialmente le durissime dichiarazioni di Pennisi.
In un dettagliato memoriale, l’alto magistrato della Dna ha raccontato infatti di aver appreso, in occasione di un casuale incontro con Silipo all’aeroporto di Roma, delle pressioni ricevute dal funzionario nel corso delle indagini su Cisterna. Un’inchiesta che Pennisi – amico e collega di lungo corso dell’ex numero due della Dna – conosce bene: «Il collega mi ha sempre tenuto aggiornato sullo sviluppo di quelle indagini e sulle modalità del loro svolgimento. E non nascondo come le stesse siano state improntate dalla polizia giudiziaria che le svolgeva non alla degna tenacia investigativa, bensì, secondo il mio giudizio di magistrato e uomo libero, a un sistema di ricostruzione dei fatti e dei dati investigativi che mi limito a definire non corrispondente al modello da me ritenuto giusto».
E in quello stesso documento, Pennisi non esita a denunciare. «Gli dicevo, allora – continua la ricostruzione fatta da Pennisi –, che avevo sempre insegnato ai miei collaboratori della polizia giudiziaria, e anche a lui, ad essere tenaci e inflessibili nelle investigazioni, ma anche sempre onesti e corretti, come imposto dalla legge a tutti i pubblici ufficiali e, soprattutto, agli operatori della giustizia. Aggiunsi che non mi sembrava nel caso del dottore Cisterna egli si fosse attenuto a quell`insegnamento, per quanto io avevo appreso e constatato. Gli dissi che col dottore Cisterna egli aveva fatto il contrario di quanto avevo insegnato. A tal punto, ricordo che il dottore Silipo con le lacrime agli occhi mi disse che “era stato costretto a farlo”. Fu per me tanto chiaro il significato di quella affermazione che per garbo nei suoi confronti, dato che mi appariva addolorato, e visto che vi erano altre persone presenti in uno spazio angusto che udivano, non volli andare oltre. Ma intesi sottolineare ciò che avevo detto e lui mi aveva risposto, affermando che avevo conosciuto “uomini della polizia” che avevano sacrificato la loro vita per il rispetto della legge». Affermazioni che Silipo – solo a diversi anni di distanza – ha smentito con una secca dichiarazione all’Ansa: «Non ho mai subìto pressioni né da magistrati, né da altri nello svolgimento delle indagini delegate sulle attività di riscontro alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice». Due versioni nettamente contrastanti che adesso toccherà al gup Barillà valutare.
Si tratta di un’assoluta novità nella vicenda  che due anni fa ha catapultato l’ex vice della Dna, Alberto Cisterna, nell’occhio del ciclone, dopo le accuse – che mai hanno trovato riscontro – che il pentito Nino Lo Giudice ha fatto a suo carico, affidandole a un memoriale redatto dopo i 180 giorni durante i quali i pentiti sono obbligati a mettere nero su bianco tutto quello che è a loro conoscenza. Accuse che, tra l`altro, lo stesso Nino Lo Giudice – scomparso dallo scorso 5 giugno – ha ritrattato in un memoriale sostenendo che la sua collaborazione con la giustizia è stata drogata da quella che definisce una «cricca di magistrati» che lo avrebbero indotto ad «accusare innocenti». Una vicenda mai approdata di fronte a un giudice terzo – e di cui il procedimento per calunnia è solo uno stralcio – che a Cisterna è costata due anni di gogna e una carriera che – all’epoca – sembrava proiettarlo a capo della Procura di Reggio Calabria. (0090)

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