Rimborsopoli, sentito Bova
REGGIO CALABRIA È stato sentito per oltre un’ora e mezza il consigliere regionale del gruppo Misto, Giuseppe Bova, interrogato oggi in qualità di indagato dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e…

REGGIO CALABRIA È stato sentito per oltre un’ora e mezza il consigliere regionale del gruppo Misto, Giuseppe Bova, interrogato oggi in qualità di indagato dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e dal pm Matteo Centini nell’ambito dell’inchiesta “Rimborsopoli”. Accompagnato dai suoi avvocati, Giuseppe Strangio, un tempo suo ex capo di gabinetto, e Francesco Mortelliti, Bova si è presentato puntuale in Procura dove ha risposto alle domande degli inquirenti, che da mesi stanno passando ai raggi X i bilanci presentati nel corso degli anni dai partiti che si sono avvicendati in consiglio regionale. Un interrogatorio che si è svolto in maniera «assolutamente serena» – fanno sapere i legali – durante il quale Bova avrebbe chiarito tutte le contestazioni a suo carico, sottolineando anche come la sua posizione di capo del gruppo Misto, che accoglie politici di diversa estrazione e appartenenza, sia sostanzialmente differente da quella di chi si ritrova a dirigere un gruppo regionale che si muove secondo linee di partito. E sono proprio le spese pazze dei gruppi a essere finite da messi sotto l’occhio attento di investigatori ed inquirenti, che vogliono fare chiarezza sulle singole voci che per anni hanno ingrossato i rendiconti puntualmente rimborsati con soldi pubblici. Prima di Bova – decimo consigliere convocato in Procura per dare spiegazioni – si erano dovuti sottoporre al serrato interrogatorio di Sferlazza e Centini il neosenatore Giovanni Bilardi (Scopelliti presidente), il capogruppo del Pd, Sandro Principe, il consigliere Nino De Gaetano, oggi nel Pd dopo l’esordio in consiglio regionale con la Fds, il capogruppo del Pdl, Giampaolo Chiappetta, l’assessore regionale Fedele, il consigliere regionale Giulio Serra di Insieme per la Calabria, il consigliere Emilio De Masi di Italia dei valori e l`assessore regionale Alfonso Dattolo, dell`Udc. Ma l’istruttoria degli inquirenti è destinata a proseguire a ritmo serrato anche nelle prossime settimane, quando a rispondere alle domande di Sferlazza e Centini saranno l’assessore regionale Pino Gentile (Pdl), il sottosegretario Alberto Sarra (Pdl) e il consigliere Agazio Loiero (Autonomia e diritti), che – al pari dei colleghi già interrogati – nelle scorse settimane sono stati tutti raggiunti da avviso di garanzia. Ai magistrati, i tredici politici – oggi indagati per peculato – dovranno spiegare come mai nei bilanci dei gruppi del consiglio regionale della Calabria – lautamente rimborsati dall’ente – sarebbe finito di tutto: dai detersivi ai “Gratta e vinci”, dalle cartelle esattoriali ai viaggi all’estero e ai tablet. Una tornata di interrogatori che, stando ai calcoli della Procura, dovrebbe terminare a luglio, quando agli inquirenti toccherà elaborare gli elementi – estremamente utili, secondo indiscrezioni – raccolti nel corso dell’istruttoria e valutare la possibilità di allargare il campo delle contestazioni, come il numero degli indagati. A settembre – suggeriscono fonti vicine alle indagini – l’inchiesta si potrebbe infatti allargare anche ai singoli consiglieri che avrebbero fatto confluire le proprie spese – assolutamente private – nei conti dei gruppi regionali. Secondo quanto accertato dalla guardia di finanza infatti, i soldi pubblici, ufficialmente destinati a finanziare le spese istituzionali delle singole formazioni politiche, dal 2010 a oggi sarebbero serviti per pagare consumazioni al bar (è stato chiesto il rimborso anche di un singolo caffè), cene conviviali, telefoni cellulari, tablet, gite alle terme e soggiorni in albergo di persone che con Palazzo Campanella nulla hanno a che fare. Un giro vorticoso di fatture che però non arriverebbe a spiegare dove sia finito il mezzo milione di euro di fondi regolarmente iniettato nelle casse delle formazioni politiche, di cui oggi non c`è più traccia e di cui nessun documento contabile certifica l’uscita. «È un quadro squallido e sconfortante, la rappresentazione plastica di come la res publica diventa quasi res privata», commentano dalla Finanza, i cui uomini da tempo hanno Palazzo Campanella nel mirino. Il primo blitz – che ha messo in subbuglio le stanze del consiglio regionale e ha fatto salire la tensione alle stelle a più di uno – risale al 5 dicembre scorso. Da allora i militari della Gdf hanno acquisito i rendiconti dei gruppi per incrociare dati, spese, fatture e scontrini. (0090)