Di Landro bacchetta l`antimafia reggina
REGGIO CALABRIA «Non si può dire che in questi anni non sia successo niente». Il procuratore generale di Reggio, Salvatore Di Landro, non lo dice espressamente. Ma i primi minuti del suo intervento i…

REGGIO CALABRIA «Non si può dire che in questi anni non sia successo niente». Il procuratore generale di Reggio, Salvatore Di Landro, non lo dice espressamente. Ma i primi minuti del suo intervento ieri sera, nel corso dell`incontro “Tabularasa” organizzato da Strill.it e dall`associazione Urba, li ha dedicati agli strascichi dei veleni che hanno interessato gli uffici giudiziari reggini negli ultimi anni. Il riferimento è chiaro al collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice, da alcune settimane scomparso, dopo aver ritrattato la versione sulla stagione delle bombe del 2010 e le accuse contro alcuni magistrati reggini.
«Ritengo di dover essere testimone di quella che è la verità che ho conosciuto» ha aggiunto Di Landro rispondendo alle domande del direttore di Strill.it Giusva Branca e del direttore editoriale Raffaele Mortelliti. «È necessario che alla collettività diciamo quello che sta avvenendo altrimenti passerà una storia che non è vera. Ognuno di noi ha l`etica del dovere. Dobbiamo essere testimoni della verità, puri di spirito. Dobbiamo scendere in campo e dare delle risposte. Tutto quello che è successo non ci sarebbe stato se, da parte di tutti, ci fosse stata la ricerca della verità. Che significa “servizi deviati”? Nulla, altrimenti andiamo appresso a qualsiasi Lo Giudice e a qualche altro».
All`incontro di ieri, hanno partecipato anche i presidenti dei tribunali di Reggio e Vibo, Luciano Gerardis e Roberto Lucisano, e il commissario del Comune di Reggio Vincenzo Panico. Proprio quest`ultimo ha spiegato le difficoltà incontrate nei primi mesi in riva allo Stretto: «Sono venuto a Reggio nella posizione più scomoda. Appena arrivato c`erano 15 giorni di tempo per approvare un bilancio, la piazza era gremita di dipendenti delle società partecipate senza stipendio e non risco a ricordare come è stato possibile programmare le attività. I mediatori tra noi e la città sono stati gli organi di informazione, attentissimi, che ci hanno fatto accorgere di cose che non avevamo appreso stando al chiuso delle stanze di palazzo San Giorgio».
Descrivendo i drammi della situazione ereditata dall`amministrazione di centrodestra («bisogna tenere in considerazione che il nostro bilancio parte sempre da meno 110 milioni di euro), il prefetto Panico è fiducioso per il futuro: «Ieri sono arrivati 93milioni e 750mila euro in cassa ed entro un mese andranno in circolo. Pagheremo prima le piccole e medie imprese che vantano crediti dal Comune e rispetteremo la graduatoria e le transazioni che abbiamo stipulato con i creditori».
Un capitolo a parte sono le società miste Multiservizi e Leonia che, assieme alle tasse maggiorate, sono una mannaia per i cittadini: «Le tasse portate al massimo sono una norma che abbiamo applicato. Dovevamo farlo perché l`alternativa era il dissesto».
E sul futuro delle municipalizzate: «Sono una zavorra per le amministrazioni tanto che c`e una normativa per limitarle, per ridurre il costo dei servizi dove si è fatto il passo piu lungo della gamba. L`esercizio provvisorio è scaduto ma ci sono 271 dipendenti».
Le ipotesi sono due: o trasformarle in società in house o la privatizzazione che «è una linea di tutto il territorio nazionale. C`è chi dice che così si rischia di nuovo l`infiltrazione della `ndrangheta ma ci sono delle garanzie anche per affidare gli appalti a società private. Sul piano occupazionale, stiamo cercando di evitare il trauma sociale ma di sono delle linee da seguire.
Con l`intervento del presidente del Tribunale di Vibo, Roberto Lucisano, il dibattito è ritornato sul tema della legalità e dei poteri forti che decidono la vita di una regione come la Calabria: «Vibo Valentia – ha spiegato il magistrato che per molti anni ha lavorato in riva allo Stretto – presenta analogie con la realtà reggina e, in particolare con la Piana di Gioia Tauro. Un`intercettazione che ha riguardato il boss Pantaleone Mancuso svela qual è lo stato dell`arte del potere effettivo. In sostanza, Mancuso ammoniva il suo interlocutore dicendo che la `ndrangheta è un fenomeno del passato e che, oggi, comanda un altro potere. Ecco ci troviamo di fronte a una rete che fa sistema criminale».
Dall`altra parte, secondo Di Landro, ci sono «decine di associazioni antimafia, decine di club service che, in fin dei conti non sono riuscite a coagularsi per dare una risposta a questo fenomeno. Da tre anni Reggio Calabria vive un periodo tenebroso, la città è degradata e le associazioni antimafia non stanno svolgendo il loro ruolo di pungolo nei confronti delle associazioni. La marcia per la legalità non si fa ogni 5 anni».
Un tema caro, questo, anche al presidente del Tribunale di Reggio Luciano Gerardis secondo cui «da una parte c`è un potere criminale spesso coeso e dall’altra una società civile sommersa e dispersa. Mancano i punti di aggregazione che un tempo esistevano, la partecipazione ai problemi cittadini era più consistente».
In questo ha contribuito anche «la perdita d credibilità delle istituzioni, la differenza tra il centro cittadino e la periferia, la polverizzazione culturale della città. In questo le istituzioni hanno le loro responsabilità pesanti. Oggi è il momento di riaggregare partiamo dalle esperienze positive associazionismo volontariato. Rendicontare ai cittadini, tutto questo può aiutare la città a crescere».
«Non si deve aspettare sempre la magistratura. – ha aggiunto il presidente Lucisano – Quando, per esempio, siamo di fronte a un comportamento sbagliato da parte di un rappresentante politico o delle istituzioni, quel comportamento può non essere un reato ma allo stesso tempo deve essere considerato riprorevole dalla società civile. È difficilissimo riuscire ad aggregarsi sul versante della legalità». (0030)