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Di Landro bacchetta l`antimafia reggina

REGGIO CALABRIA «Non si può dire che in questi anni non sia successo niente». Il procuratore generale di Reggio, Salvatore Di Landro, non lo dice espressamente. Ma i primi minuti del suo intervento i…

Pubblicato il: 04/07/2013 – 8:10
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Di Landro bacchetta l`antimafia reggina

REGGIO CALABRIA «Non si può dire che in questi anni non sia successo niente». Il procuratore generale di Reggio, Salvatore Di Landro, non lo dice espressamente. Ma i primi minuti del suo intervento ieri sera, nel corso dell`incontro “Tabularasa” organizzato da Strill.it e dall`associazione Urba, li ha dedicati agli strascichi dei veleni che hanno interessato gli uffici giudiziari reggini negli ultimi anni. Il riferimento è chiaro al collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice, da alcune settimane scomparso, dopo aver ritrattato la versione sulla stagione delle bombe del 2010 e le accuse contro alcuni magistrati reggini.
«Ritengo di dover essere testimone di quella che è la verità che ho conosciuto» ha aggiunto Di Landro rispondendo alle domande del direttore di Strill.it Giusva Branca e del direttore editoriale Raffaele Mortelliti. «È necessario che alla collettività diciamo quello che sta avvenendo altrimenti passerà una storia che non è vera. Ognuno di noi ha l`etica del dovere. Dobbiamo essere testimoni della verità, puri di spirito. Dobbiamo scendere in campo e dare delle risposte. Tutto quello che è successo non ci sarebbe stato se, da parte di tutti, ci fosse stata la ricerca della verità. Che significa “servizi deviati”? Nulla, altrimenti andiamo appresso a qualsiasi Lo Giudice e a qualche altro».
All`incontro di ieri, hanno partecipato anche i presidenti dei tribunali di Reggio e Vibo, Luciano Gerardis e Roberto Lucisano, e il commissario del Comune di Reggio Vincenzo Panico. Proprio quest`ultimo ha spiegato le difficoltà incontrate nei primi mesi in riva allo Stretto: «Sono venuto a Reggio nella posizione più scomoda. Appena arrivato c`erano 15 giorni di tempo per approvare un bilancio, la piazza era gremita di dipendenti delle società partecipate senza stipendio e non risco a ricordare come è stato possibile programmare le attività. I mediatori tra noi e la città sono stati gli organi di informazione, attentissimi, che ci hanno fatto accorgere di cose che non avevamo appreso stando al chiuso delle stanze di palazzo San Giorgio».
Descrivendo i drammi della situazione ereditata dall`amministrazione di centrodestra («bisogna tenere in considerazione che il nostro bilancio parte sempre da meno 110 milioni di euro), il prefetto Panico è fiducioso per il futuro: «Ieri sono arrivati 93milioni e 750mila euro in cassa ed entro un mese andranno in circolo. Pagheremo prima le piccole e medie imprese che vantano crediti dal Comune e rispetteremo la graduatoria e le transazioni che abbiamo stipulato con i creditori».
Un capitolo a parte sono le società miste Multiservizi e Leonia che, assieme alle tasse maggiorate, sono una mannaia per i cittadini: «Le tasse portate al massimo sono una norma che abbiamo applicato. Dovevamo farlo perché l`alternativa era il dissesto».
E sul futuro delle municipalizzate: «Sono una zavorra per le amministrazioni tanto che c`e una normativa per limitarle, per ridurre il costo dei servizi dove si è fatto il passo piu lungo della gamba. L`esercizio provvisorio è scaduto ma ci sono 271 dipendenti».
Le ipotesi sono due: o trasformarle in società in house o la privatizzazione che «è una linea di tutto il territorio nazionale. C`è chi dice che così si rischia di nuovo l`infiltrazione della `ndrangheta ma ci sono delle garanzie anche per affidare gli appalti a società private.  Sul piano occupazionale, stiamo cercando di evitare il trauma sociale ma di sono delle linee da seguire.
Con l`intervento del presidente del Tribunale di Vibo, Roberto Lucisano, il dibattito è ritornato sul tema della legalità e dei poteri forti che decidono la vita di una regione come la Calabria: «Vibo Valentia – ha spiegato il magistrato che per molti anni ha lavorato in riva allo Stretto – presenta analogie con la realtà reggina e, in particolare con la Piana di Gioia Tauro. Un`intercettazione che ha riguardato il boss Pantaleone Mancuso svela qual è lo stato dell`arte del potere effettivo. In sostanza, Mancuso ammoniva il suo interlocutore dicendo che la `ndrangheta è un fenomeno del passato e che, oggi, comanda un altro potere. Ecco ci troviamo di fronte a una rete che fa sistema criminale».
Dall`altra parte, secondo Di Landro, ci sono «decine di associazioni antimafia, decine di club service che, in fin dei conti non sono riuscite a coagularsi per dare una risposta a questo fenomeno. Da tre anni Reggio Calabria vive un periodo tenebroso, la città è degradata e le associazioni antimafia non stanno svolgendo il loro ruolo di pungolo nei confronti delle associazioni. La marcia per la legalità non si fa ogni 5 anni».
Un tema caro, questo, anche al presidente del Tribunale di Reggio Luciano Gerardis secondo cui «da una parte c`è un potere criminale spesso coeso e dall’altra una società civile sommersa e dispersa. Mancano i punti di aggregazione che un tempo esistevano, la partecipazione ai problemi cittadini era più consistente».
In questo ha contribuito anche «la perdita d credibilità delle istituzioni, la differenza tra il  centro cittadino e la periferia, la  polverizzazione culturale della città. In questo le istituzioni hanno le loro responsabilità pesanti. Oggi è il momento di riaggregare partiamo dalle esperienze positive associazionismo volontariato. Rendicontare ai cittadini, tutto questo può aiutare la città a crescere».
«Non si deve aspettare sempre la magistratura. – ha aggiunto il presidente Lucisano – Quando, per esempio, siamo di fronte a un comportamento sbagliato da parte di un rappresentante politico o delle istituzioni, quel comportamento può non essere un reato ma allo stesso tempo deve essere considerato riprorevole dalla società civile. È difficilissimo riuscire ad aggregarsi sul versante della legalità». (0030)

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