PERSEO | E con i falsi incidenti pagavano i killer
Piccoli incidenti stradali, tamponamenti conclusi con la firma di un cid e qualche giorno di riposo. Sembra impossibile che dietro possa celarsi una fondamentale fonte di guadagno per la criminalità…

Piccoli incidenti stradali, tamponamenti conclusi con la firma di un cid e qualche giorno di riposo. Sembra impossibile che dietro possa celarsi una fondamentale fonte di guadagno per la criminalità organizzata. Il boss Giuseppe Giampà grazie alle truffe delle assicurazioni avrebbe intascato solo negli ultimi due anni almeno 200mila euro investiti poi per l`acquisto di droga o armi. Soldi che sono serviti a tenere sotto scacco un`intera comunità e che sono stati utilizzati per pagare i sicari che hanno insanguinato le strade di Lamezia Terme. Il tutto con «la stabile complicità di determinati professionisti».
Un vero e proprio sistema di cui, secondo gli inquirenti, avrebbero fatto parte non solo gli affiliati al clan ma anche insospettabili colletti bianchi. C`era l`agente assicurativo, Francesco Mascaro, che «procedeva ad attivare tutto quanto necessario per assicurare presso la sua agenzia assicurativa le autovetture acquistate da Giuseppe Giampà da destinare ai sinistri simulati, nonché alla celere risoluzione delle relative pratiche per il risarcimento garantendone e sollecitandone la pronta liquidazione». Poi il perito, Renato Rotundo, che, invece, si occupava della «redazione di fittizie perizie stragiudiziali per la quantificazione dei danni inerenti ai falsi incidenti». Dell`organizzazione avrebbero fatto parte anche due avvocati: Giuseppe Lucchino e Giovanni Scaramuzzino, «legali di riferimento dell`associazione per la compilazione dei cid e per l`assolvimento di tutti gli adempimenti legali di natura stragiudiziale necessari per la rapida liquidazione dei sinistri, nella piena consapevolezza della loro natura simulata». Infine, il medico Petronio Carlo Curcio, il cui apporto sarebbe stato fondamentale «per la quantificazione del danno fisico», in cambio avrebbe ricevuto da 50 a 100 euro per ogni certificato falso rilasciato, «nella consapevolezza della fittizietà dei danni fisici diagnosticati al paziente di volta in volta interessato».
Un quadro che il gip Abigail Mellace descrive come «sconcertante e al tempo stesso desolante sia per l`oggettiva entità dei fatti sia per le funzioni e i ruoli svolti in seno alla società civile da molti dei soggetti che agli stessi sono risultati dediti». Avvocati, medici, periti per i quali la truffa era diventata «una vera e propria occupazione praticata con incredibile frequenza da molti e anche insospettabili professionisti in quali sono a tutti gli effetti parte di un sistema organizzato, diretto da anni da veri e propri esperti del settore che nel tempo hanno anche affinato e perfezionato le tecniche operative. Sistema al quale accedono tutti coloro che hanno necessità di “arrotondare” i guadagni con entrate facili e al tempo stesso consistenti».