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Rifiuti, Schiavone racconta Gomorra: «In Calabria era lo stesso»

“Le risulta che nella discarica di Battipaglia siano stati riversati rifiuti tossici da parte dei Casalesi o di clan in contatto con quest’ultimo?”. Quando la domanda arriva, davanti alla Commissio…

Pubblicato il: 01/11/2013 – 0:26
Rifiuti, Schiavone racconta Gomorra: «In Calabria era lo stesso»

“Le risulta che nella discarica di Battipaglia siano stati riversati rifiuti tossici da parte dei Casalesi o di clan in contatto con quest’ultimo?”. Quando la domanda arriva, davanti alla Commissione ecomafie c’è il pentito dei casalesi Carmine Schiavone. L’audizio risale al 1997, ma il suo contenuto è stato reso noto soltanto oggi, per decisione della presidente della Camera, Laura Boldrini. Schiavone, davanti a quella domanda, non ha esitazioni: “Non lo so, però è possibile, visto che il sistema era unico, dalla Sicilia alla Campania. Anche in Calabria era lo stesso: non è che lì rifiutassero i soldi. Che poteva importargli a loro se la gente moriva o non moriva? L’essenziale era il business. So per esperienza che, fino al 1992, la zona del Sud, fino alle Puglie, era tutta infettata da rifiuti tossici provenienti da tutta Europa e non solo dall’Italia. La Gomorra raccontata sedici anni fa da Schiavone è un piccolo continente consegnato ai veleni in nome del denaro. E riporta alla luce fantasmi mai realmente scomparsi. Quelli dei rifiuti tossici spariti nell’Aspromonte o sul Tirreno cosentino. Il quadro delineato dal pentito descrive un patto trasversale tra le mafie: così facevan tutti.
Per la camorra era un affare da 600-700 milioni di lire al mese, che ha devastato terre nelle quali, visti i veleni sotterrati, si poteva immaginare “che nel giro di vent`anni morissero tutti”. E in Calabria l’atteggiamento dei clan non era poi così diverso, se si deve credere alla versione di Schiavone. Parole che mettono i brividi. La sentenza senza appello pronunciata dall`ex boss riguardava tanti centri del Casertano, “gli abitanti di paesi come Casapesenna, Casal di Principe, Castel Volturno e così via, avranno, forse, venti anni di vita”. Ma nel business del traffico dei rifiuti, secondo il pentito, erano coinvolte diverse organizzazioni criminali – mafia, `ndrangheta e Sacra Corona Unita – tanto da fare ipotizzare che in diverse zone di Sicilia, Calabria e Puglia, quelle cosche abbiano agito come il clan dei Casalesi.  
Il pentito lo spiega in un altro passaggio. Al presidente della Commissione ecomafie, Massimo Scalia, che gli chiede se i buoni rapporti con ’ndrangheta e mafia abbiano portato a smaltimenti illegali anche in Calabria e Sicilia, risponde: “Erano tutte le zone. Tutti i clan, tutte le associazioni criminali erano interessate, perché si trattava di decine di miliardi all’anno nel libro mastro”. Miliardi di lire sufficienti a sacrificare l’ambiente e la salute dei cittadini.

I “NON RICORDO” SULLE NAVI DEI VELENI
Meno circostanziate, invece, le parole quando il discorso scivola sulle navi dei veleni. Schiavone dice di non sapere nulla dell’affondamento della Rigel e del ruolo di Giorgio Comerio. La sua memoria vacilla (“non ho la mente di quelli che ricordano le cose dopo quindici anni. Purtroppo il tempo passa. Vede che belle mani? Sono tornato alle origini”): “So che c’erano navi e che qualcuna è stata affondata nel Mediterraneo, però sono ricordi sbiaditi. Ricordo che una volta si parlò di una nave che portava rifiuti speciali e tossici, scorie nucleari, che venne affondata sulle coste tra la Calabria e la Campania, ma è sempre un discorso che è stato fatto in linea di massima fra noi”. (0020)

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