REGGIO CALABRIA Crolla in appello il processo in abbreviato Cosa Mia. Il boss Umberto Bellocco è stato assolto in appello dall’accusa di associazione mafiosa estorsione ed altri reati che in primo grado gli era costata una condanna a 18 anni di reclusione. Delle ventidue condanne comminate in primo grado dal gup Antonio Laganà, solo tre resistono al vaglio della Corte d’Appello, presieduta da Bruno Finocchiaro con Giuseppe Lombardo e Antonio Giacobello a latere.
I giudici infatti non solo hanno pesantemente riformato le pene inflitte in primo grado, ma hanno anche disposto otto clamorose assoluzioni. Oltre all’anziano boss, ritenuto dagli inquirenti a capo dell’omonima famiglia e che resta comunque in carcere per scontare altre condanne, si aprono le porte del carcere, anche per Vincenzo Sgrò, in primo grado condannato a 8 anni, Carmelo Sgrò, in precedenza punito con 8 anni e 6 mesi ed Elena Sgrò, punita in prima istanza con una condanna a 6 anni e 2 mesi. Ma cadono le accuse di associazione mafiosa, estorsione e ricettazione anche per Lucia Gallico, condannata a 8 anni e sei mesi in primo grado e Maria Antonietta Gallico, in passato punita con 9 anni di reclusione. Infine, la Corte ha assolto dalle accuse anche Francesco Campagna e Giovanni Cedro, in precedenza condannati a 9 mesi.
Per il resto, i giudici hanno profondamente riformato le pene inflitte in primo grado. Passano da otto a sei anni di reclusione Vincenzo Barone, Massimo Aricò, Rocco Carbone, Pasquale Casadonte, Roberto Ficarra e Rosario Sgrò, mentre dovrà rimanere sei anni e due mesi dietro le sbarre Giulia Iannino, in precedenza condannata a 8 anni e 2 mesi. Incassano solo uno sconto di qualche mese Antonio Dinaro, condannato a 10 anni e 4 mesi a fronte degli 11 rimediati in primo grado e Italia Gallico, che dovrà scontare 8 anni invece dei 9 disposti per lei dal gup. Confermata quindi la pena solo per tre imputati: Vincenzo Gioffrè condannato a sei anni, Gaetano Giuseppe Santaiti, punito con tre anni di carcere e Antonio Cedro, condannato a nove mesi.
Si tratta di un colpo pesantissimo per l’inchiesta che per prima aveva svelato l’infiltrazione dei clan nei lavori sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Al centro dell`indagine, coordinata dai pm Roberto Di Palma e Giovanni Musarò, erano finiti i clan Gallico-Morgante-Sgrò-Sciglitano di Palmi, e Bruzzise-Parrello del “locale” di Barritteri e Seminara, accusati di aver imposto con un rosario di furti e danneggiamenti una tangente pari al 3% del valore dei lavori assegnati a tutte le grandi imprese vincitrici di un appalto sull’A3, nonché subappalti, forniture e materiali. Una “tassa di sicurezza” che – stando alla pubblica accusa – sarebbe poi stata distribuita fra i clan della zona interessata secondo i dettami del patriarca Umberto Bellocco, arbitro unico della divisione delle estorsioni.
Tutte accuse confermate dalla sentenza di primo grado ma che non hanno retto al vaglio della Corte d’appello. (0040)
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