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IN EDICOLA | Nel paese che non c`è

Liliana Bianco ha scelto come casa un paese disabitato. Non ha mai lasciato il suo appartamento che dà sulla piazza principale di Cavallerizzo. A casa non ha l`allaccio per l`energia elettrica: gli o…

Pubblicato il: 17/01/2014 – 11:01
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IN EDICOLA | Nel paese che non c`è

Liliana Bianco ha scelto come casa un paese disabitato. Non ha mai lasciato il suo appartamento che dà sulla piazza principale di Cavallerizzo. A casa non ha l`allaccio per l`energia elettrica: gli operai che dovrebbero perfezionarlo non hanno il permesso di entrare, il lavoro dei cavi lo fa un generatore che consuma quaranta euro di gasolio al giorno. È tutto off limits nell`area che buona parte della stampa ha descritto come spazzata via da una frana il 7 marzo 2005. Invece Cavallerizzo è quasi intatta. Non lo dicono soltanto le ventuno famiglie che non hanno chiesto un posto nella new town. Lo spiega anche la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio in una lettera del 16 aprile 2009: la frana di Cerzeto «ha interessato in maniera solo marginale una piccola e limitata parte del tessuto storico». L`onda emotiva e i racconti dei giorni successivi all`evento scelsero per la narrazione una chiave catastrofica: Cavallerizzo distrutta, la chiesta travolta da un mare di fango, le case frantumate. Otto anni più tardi, la parte storica della frazione non mostra alcun danno. Con il vecchio centro storico abbandonato e la new town bocciata dal Consiglio di Stato, Cavallerizzo è un doppio paradosso. Perché non può stare nel posto che ha occupato per centinaia di anni e non potrebbe esistere in quello che lo Stato ha immaginato per la sua nuova vita. E questo perché non c`è stata alcuna valutazione di impatto ambientale prima della delocalizzazione, che è la parola usata dalla Protezione civile per descrivere l`esodo della gente di qui. La ricostruzione è un costoso manufatto abusivo, costruito sfruttando una parola che apre ogni porta: emergenza. In emergenza è stato possibile (anche se era sbagliato) saltare qualche passaggio della procedura. E sempre in nome dell`urgenza sono stati spesi circa 70 milioni di euro per costruire 264 abitazioni. Più della metà di queste case nuove di zecca è disabitata. E qualcuna, adesso, è pure in vendita.

Il servizio “Nel paese che non c`è”, di Pablo Petrasso, potete trovarlo in versione integrale nelle edicole, nel numero 134 del Corriere della Calabria.

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