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"La Svolta", «pene per colletti bianchi e 'ndrine nel Ponente ligure»

Sono pene pesanti tanto per quelli che la Procura di Genova considera boss e gregari, come per i colletti bianchi delle ‘ndrine del Ponente ligure quelle chieste dal pubblico ministero della direzi…

Pubblicato il: 19/06/2014 – 6:05
"La Svolta", «pene per colletti bianchi e 'ndrine nel Ponente ligure»

Sono pene pesanti tanto per quelli che la Procura di Genova considera boss e gregari, come per i colletti bianchi delle ‘ndrine del Ponente ligure quelle chieste dal pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia di Genova Giovanni Arena a conclusione della sua requisitoria nel processo “La Svolta”, il procedimento sulle presunte infiltrazioni della criminalità organizzata nella provincia di Imperia. Per l’ex sindaco di Ventimiglia, Gaetano Scullino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, è arrivata una richiesta di condanna a 6 anni di reclusione,  mentre è di 7 anni di carcere quella avanzata per l’ex city manager Marco Prestileo, che risponde dello stesso reato. Per la pubblica accusa entrambi avrebbero favorito la Marvon – società riconducibile alla famiglia Marcianò di cui nessuno dei due poteva disconoscere la caratura criminale – nel collezionare appalti dalla Civitas, società in house del comune di Ventimiglia.

Ma pesantissime sono le richieste di condanna invocate dal pm per gli uomini del clan, a partire da Giuseppe Marcianò, quello che gli inquirenti considerano il boss del Ponente ligure e capo della locale di Ventimiglia. Per lui il pm ha chiesto 24 anni di carcere, mentre è di 22 anni più 18mila euro di multa la condanna invocata per il figlio del boss, Vincenzo Marcianò. È invece di 22 anni e mezzo la pena invocata per l’omonimo e più anziano parente Vincenzo Marcianò classe 48, come per Antonio Palamara ritenuto dall’accusa uno degli esponenti di spicco del locale di Ventimiglia e per Maurizio Pellegrino, mentre è di 24 anni la condanna chiesta per Giuseppe Gallotta, per il pm da punire anche con 22mila euro di multa. A 15 anni il pm ha chiesto che siano condannati Giovanni e Roberto  Pellegrino, mentre è di 13 anni e 4 mesi oltre a 54mila euro di multa la pena invocata per Fortunato Foti. Va meglio a Ettore Castellana, per il quale il pm ha chiesto 10 anni, mentre per la pubblica accusa sono da condannare a 9 anni Omar Allavena e Annunziato Roldi. Rimediano invece una richiesta di condanna a 8 anni di reclusione Salvatore De Marte e Giuseppe Cosentino, mentre è di 7 anni e 5 mesi la pena invocata per Angelo Oliveri. Per il pm sono poi da condannare a 7 anni di carcere Salvatore Trinchera e Giuseppe Scarfò, mentre la pubblica accusa ha chiesto 6 anni e 6 mesi per Armando D’Agostino e 6 per Federico Paraschiva e Filippo Spirlì. È invece di 5 anni la condanna chiesta per Francesco De Marte e Paolo Macrì, mentre  il pm ha chiesto di condannare Alvaro Nazareno 4 anni 8 mesi e 6mila euro di multa, Alessandro Macrì a 4 anni e 6 mesi, Angela Elia a 4 anni e 12mila euro di multa, Marcello Giovinazzo 4 anni e 60mila euro di multa.

Infine, pene minori sono state invocate per Stefania Basso 2 anni e 6 mesi, Enzo Gammicchia 2 anni e 8 mesi e Rosario Ambesi 1 anno 10 mesi, mentre sono tre – Jason Allavena, Michele Pellegrino e Antonio De Marte – i soggetti per cui la stessa Procura ha chiesto l’assoluzione. Pene durissime, anche per le posizioni minori, che il pm ha invocato sulla base di un compendio probatorio fondato su circa diecimila intercettazioni, documentazione varia e innumerevoli testimonianze fra cui quella di due collaboratori di giustizia già condannati per associazione a delinquere di stampo mafioso e per omicidio. Fondamentali nei mesi scorsi si erano rivelate le parole del pentito Oliverio, che in aula aveva dichiarato: a differenza di altre organizzazioni – racconta Oliviero – perché ci sono migliaia di locali attive, con tanti capi, c’è una sorta di sotto-struttura composta da teste di cuoio, responsabili, che  si relazionano con i vertici. Esistono poi i cosiddetti invisibili: persone insospettabili. Come ad esempio tale S.M., incensurato, affiliato alla ‘ndrangheta e anche ad una loggia massonica. Queste figure hanno contatti con persone delle istituzioni. Ogni locale ha queste figure invisibili. La funzione?  Innanzitutto occorre dire che la ‘ndrangheta agisce in due modi: militarmente, con agguati, attentati etc. questo avviene generalmente quando ci sono faide e contrasti interni. L’altro metodo utilizzato quello della delegittimazione. Se devono colpire una persona istituzionale, evitano di fare operazioni di tipo militare, genere per evitare di fare degli eroi. Per fare un esempio i calabresi hanno criticato ciò che ha fatto Cosa nostra contro lo Stato. Le figure invisibili, che possono essere “dormienti”, vengono svegliate e attivate per delegittimare una persona: che può essere un funzionario dello stato, un giornalista, etc. Nelle regioni del Nord, in particolare, usano questo sistema”.

Dichiarazioni che si incastrano con quanto emerso nei dibattimenti in Calabria negli ultimi anni, ma in Liguria hanno costretto molti a spalancare gli occhi su un’infezione che non pensavano possibile. (0050)

 

Alessia Candito

a.candito@corrierecal.it

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