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Ancora da scoprire la verità sulla “Trattativa”. Per il gup di Palermo dietro le stragi c’è un «doppio movente». E anche a Reggio si indaga su quel grumo di potere. È diventata oggetto di docume…

Ancora da scoprire la verità sulla “Trattativa”. Per il gup di Palermo dietro le stragi c’è un «doppio movente». E anche a Reggio si indaga su quel grumo di potere. È diventata oggetto di documentari, film, fiction, ha fatto da sfondo a romanzi e ispirato opere teatrali, ma la verità è tutta – o quasi – ancora da scoprire. Mentre a Palermo si attende che anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, porti il suo pezzetto di verità sui rapporti fra Stato e mafia, c’è un dato – nuovo – che emergerebbe con prepotenza dalle inchieste degli ultimi anni: la stagione stragista che ha in- sanguinato la Sicilia e non solo, non sarebbe altro che una fase di una strategia eversiva più articolata e di più lungo periodo, che per decenni avrebbe visto muoversi sottotraccia uomini dei sistemi criminali, massoni, vecchi rappresentanti della destra eversiva e pezzi deviati dello Stato. Approfondimenti che non riguardano solo Palermo o Caltanissetta, ma anche Reggio Calabria, dove la Dda da oltre un anno lavora a un fascicolo blindatissimo che ha ad oggetto i rapporti ambigui che ’ndrine e clan avrebbero avuto con massoneria, estrema destra, Servizi deviati e alcuni rappresentanti delle istituzioni. Un grumo di potere che sarebbe nato già ai tempi dei moti di Reggio e del presunto golpe Borghese, e che sarebbe poi proseguito con le stragi di Stato. Quel grumo di potere che nella storia d’Italia si sarebbe presentato puntuale all’appello nei più delicati momenti di transizione politica e, nel tempo – dicono i magistrati –, avrebbe solo cambiato tattica, ma non strategia. Avrebbe solo cambiato volto e forma, ma non sostanza. Da approfondire, anche, il ruolo svolto dalle Leghe.
Stefano Delle Chiaie veleggia verso gli 80 anni che compirà nel 2016 e tuttavia non è certo un rivoluzionario in pensione. Anzi. Da Vibo – che ha eletto da tempo a sua residenza – mantiene contatti, si occupa di politica, cura rapporti istituzionali e no. A lui il leghista Mario Borghezio si rivolge chiamandolo “il comandante”. Nel giugno scorso si sono ritrovati a Roma, Hotel Parco dei Principi da sempre punto di ritrovo della convegnistica (e non solo di quella) dell’estrema destra. Insieme sono tornati a parlare del “leghismo”, un argomento che da almeno venti anni sta a cuore a Delle Chiaie (nel 1991 si candidò nelle liste della “Lega Nazionalpopolare”, ma con scarso successo. Come sempre accade, quando un blocco politico va in crisi, alcuni poteri rispolverano la via leghista. Capitò nel 1994, quando Tangentopoli spazzò via i partiti della Prima Repubblica, potrebbe ricapitare oggi che il ventennio berlusconiano tramonta miseramente. Unica condizione posta è che la Padania smetta di parlare di “secessione”, sul resto ci si può aggiustare partendo da temi cari alla destra e ora pienamente sposati dai leghisti: fuori dal territorio nazionale gli extracomunitari; difesa della famiglia; abbattimento della moneta unica europea. Da qui la voglia, neanche nascosta, di richiamare in servizio “il comandante”. Con i giornalisti, Stefano Delle Chiaie ha avuto sempre rapporti difficili. Li detesta profondamente, si è concesso solo a pochi e con nomi di sicuro effetto: resta celebre la sua prima intervista, rilasciata da latitante (era inseguito da ordini di cattura per la Strage di Bologna e per l’omicido del giudice Vittorio Occorsio) a Enzo Biagi che lo raggiunse a Bogotà, in Colombia. Recentemente il colpo è riuscito anche al collega Andrea Scanzi de Il Fatto quotidiano. Andrea ci ha autorizzato a pubblicare integralmente la sua intervista e lo ringraziamo per questo.
La riunione di Polsi, lo storico summit dei boss della ’ndrangheta, fa da sfondo a una delle scene girate da Sabina Guzzanti. Il suo film sulla “Trattativa” – dal 2 ottobre nelle sale italiane e presentato all’ultima edizione della Mostra internazionale del cinema di Venezia – sta facendo discutere. Sono tanti gli interrogativi che Guzzanti si pone e ai quali cerca di dare qualche risposta: dall’eterna convivenza tra mafia e politica alle concessioni dello Stato in cambio della cessazione delle stragi. Una fase buia della storia della seconda Repubblica che si intreccia anche con quella calabrese. Una storia oscura di cui il Corriere della Calabria si è occupato. E, infatti, nel film “La Trattativa” vengono mostrate le pagine del settimanale sulle inchieste giudiziarie che incrociano quelle vicende.
«Questo film – prosegue l’attrice e regista – è un ragionamento attorno a dei fatti realmente accaduti. È un racconto agghiacciante: stragi utilizzate per creare un nuovo equilibrio politico. Ovviamente si è trattato di un lavoro che ha richiesto molto impegno».
(I servizi di copertina in versione integrale, a firma di Alessia Candito e Mirella Molinaro, sono pubblicati sul numero 173 del Corriere della Calabria, in edicola fino al 30 ottobre)