di Antonio Ricchio
All’epoca del Popolo della libertà c’erano i falchi e le colombe. Adesso è il turno dei cinghiali e delle farfalle. La sostanza non cambia. La classificazione faunistica continua ad appassionare i dirigenti del centrodestra calabrese. Scomparso il Pdl, sono rimaste le ruggini. E Wanda Ferro, che ha fatto partire da Cosenza la sua campagna elettorale, non le manda a dire a chi – vedi gli alfaniani del Nuovo centrodestra – non ha perso occasione per puntarle l’indice contro: «Chi è cinghiale muore ferito, chi è larva può diventare farfalla». La metafora è sottile ma perfida. I fatti sono noti. L’attacco è rivolto al senatore Tonino Gentile. Inutile girarci intorno: è una guerra senza quartiere quella scoppiata nel centrodestra calabrese.
Da Cosenza a Reggio Calabria, da Catanzaro a Vibo Valentia, non c’è territorio immune da faide e vendette. La sensazione è che da questo scontro fratricida possa uscire vincitore soltanto Mario Oliverio. Che finora non ha speso una sola parola contro i suoi competitor.
Il candidato dei dem deve semmai fare i conti con le grane interne al Pd, acuite dalle esclusioni dalle liste di alcuni big. Non è un caso che Oliverio sia subito volato a Reggio Calabria per raffreddare gli animi e assicurare a De Gaetano e Naccari Carlizzi che verranno «tenuti in considerazione». Il ragionamento di Oliverio è semplice: si può garantire un contributo alla squadra di governo anche non essendo candidati. In che modo? Si vedrà a risultati acquisiti. Da Crotone, intanto, Francesco Sulla chiama a raccolta i suoi e promette battaglia. C’è chi è pronto a scommettere che a lui non è mai stato perdonato – soprattutto da Adamo e Stumpo – l’appoggio dato al congresso al renziano Magorno. Per Oliverio si tratta di ricucire strappi per evitare spiacevoli sorprese. Perché se è vero che in questo momento il vento in Calabria è favorevole al centrosinistra – la conferma è arrivata dalla vittoria di Falcomatà a Reggio Calabria – non si può certo considerare già vinta una competizione ancora tutta da giocare.
Quanto al centrodestra, mugugni arrivano da Forza Italia. Sotto accusa c’è – ma non è una novità – l’atteggiamento di Jole Santelli. Nino Foti e l’ala reggina non fanno mistero di aver gradito poco l’ospitalità concessa nelle liste azzurre ad alcuni fedelissimi di Peppe Scopelliti. La coordinatrice, però, guarda avanti: «Dimostreremo con i fatti che noi vogliamo una netta discontinuità con il più recente passato». Tradotto significa che nessuno – men che meno lei – vuole emulare pratiche e gesti dell’ultima giunta regionale di centrodestra. Dove per giunta regionale si intendono anche esponenti di Ncd e Udc. Due partiti che, a detta di Santelli, sono destinati a «scomparire» nel giro di poco tempo.
La tesi, ovviamente, è smontata dai diretti interessati ma anche da Palazzo Chigi. Matteo Renzi non arretra di un millimetro rispetto al progetto di trasformare il Pd nel Partito della Nazione, inglobando dirigenti di Sel ma anche di Scelta civica e altre forze centriste. Ecco perché il capo del governo riserverà un trattamento “speciale” al partitino di Angelino Alfano, mantenendo l’attuale delegazione al governo e addirittura nominando il senatore Ncd e candidato a governatore, Nico D’Ascola, sottosegretario al ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture. Sarebbe questo il modo scelto dal premier-segretario per “ringraziare” D’Ascola che, con la sua discesa in campo, «spianerà la strada alla vittoria in Calabria di Mario Oliverio e del Pd».
Twitter: @AntonioRicchio
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