Skip to main content

Ultimo aggiornamento alle 23:30
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 2 minuti
Cambia colore:
 

Al via il processo all'ex vicepresidente della Reggina

REGGIO CALABRIA Dopo una serie di rinvii per difetto di notifica, s’incardina di fronte al tribunale collegiale di Reggio Calabria il processo che vede imputato Gianni Remo, ex vicepresidente della “…

Pubblicato il: 11/11/2014 – 18:25
00:00
00:00
Ascolta la versione audio dell'articolo
Al via il processo all'ex vicepresidente della Reggina

REGGIO CALABRIA Dopo una serie di rinvii per difetto di notifica, s’incardina di fronte al tribunale collegiale di Reggio Calabria il processo che vede imputato Gianni Remo, ex vicepresidente della “Reggina calcio”. L’ex dirigente degli amaranto è finito alla sbarra per estorsione aggravata dal metodo mafioso insieme alla moglie Maria Romeo, al fratello Pasquale e a Michele Labate, considerato uno dei massimi esponenti dell’omonimo clan, “padrone” del quartiere Gebbione, nella periferia sud di Reggio Calabria. Per i magistrati, Remo – che alla “passione” per lo sport, unisce una consolidata attività nel settore della macellazione della carne – avrebbe tentato di sfruttare legame con il cognato Michele Labate, per strappare allo zio Umberto Remo – attivo nel medesimo settore – clientela e attività commerciali. Ma l’anziano parente dei fratelli Remo non sarebbe stato l’unica vittima dei “famelici appetiti” del clan Labate, che avrebbe imposto
il controllo criminale dei quartieri Sbarre e Gebbione di Reggio Calabria, acquisendo, direttamente o indirettamente, la gestione o comunque il controllo di beni e attività commerciali nel settore della macellazione e della vendita, all’ingrosso e al dettaglio, di carni.
Superata la fase delle eccezioni preliminari, è toccato al maresciallo Gabriele – chiamato a testimoniare dal pm Stefano Musolino – iniziare a ricostruire la genesi e lo sviluppo dell’indagine a carico di Remo e dei familiari, spiegando come gli investigatori siano arrivati a concentrarsi su quel capannone, originariamente di proprietà dello zio dell’ex vicepresidente della reggina, che i fratelli Remo lo avrebbero costretto a cedere loro a prezzi nettamente inferiori a quelli di mercato.
Circostanze – afferma l’ordinanza di custodia cautelare – emerse anche dalle intercettazioni disposte per la cattura di Michele Labate, all’epoca latitante, come dai dialoghi intercorsi tra Umberto Remo e le figlie. È infatti dalla viva voce dell’anziano imprenditore che gli investigatori avrebbero appreso delle “pressioni” ricevute dai suoi stessi nipoti, che non solo gli avrebbero sottratto la clientela a suon di minacce, indirizzandola – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – verso le imprese “riferibili alla comune cosca di ndrangheta” ma lo avrebbero anche messo in ginocchio con un prestito di 460mila euro, di cui avrebbero preteso la restituzione – si legge nelle carte «non solo con il pagamento di somme di denaro (in misura prossima ai 400mila euro), ma anche con la cessione dell’immobile descritto in imputazione, per un prezzo del tutto incongruo rispetto al valore reale del bene».

 

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

Argomenti
Categorie collegate

x

x