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Il consigliere anti-rom protesta e i lavori si fermano

COSENZA Ha minacciato di darsi fuoco invocando il blocco immediato dei lavori di allestimento della tendopoli destinata ad accogliere i rom che vivono dentro l’ex Ferro hotel. È la protesta inscena…

Pubblicato il: 14/01/2015 – 13:58
Il consigliere anti-rom protesta e i lavori si fermano

COSENZA Ha minacciato di darsi fuoco invocando il blocco immediato dei lavori di allestimento della tendopoli destinata ad accogliere i rom che vivono dentro l’ex Ferro hotel. È la protesta inscenata stamattina davanti alla stazione di Vaglio Lise dal consigliere comunale Giovanni Cipparone, eletto con Sel, che – con una bottiglia piena di benzina – sostiene di essere il portavoce degli abitanti di via Popilia che «non vogliono i rom in stazione». La soluzione di allestire una tendopoli temporanea era stata presa dal sindaco della città, Roberto Occhiuto, per tamponare l’emergenza dopo che un incendio aveva dostrutto parte del campo rom allestito sulle rive del Crati. «Dovranno passare sulla mia persona», ha affermato oggi Cipparone riuscendo ad ottenere il blocco dei lavori.

Intanto un altro consigliere comunale di opposizione, Roberto Sacco, ha annunciato le dimissioni dall’incarico di presidente della commissione Lavori pubblici di Palazzo dei Bruzi. «La decisione di lasciare la guida della commissione consiliare – si legge in una nota di Sacco – è maturata in relazione alla vicenda del campo rom che l’amministrazione Occhiuto sta facendo costruire nell’area della stazione di Vaglio Lise. «Nè io in qualità di presidente, nè gli altri componenti della commissione, neanche quelli di maggioranza, con cui ho avuto modo di parlare, eravamo a conoscenza dei nuovi lavori che il Comune ha affidato ad una impresa privata senza comunicare all’organismo istituzionalmente competente a vigilare sui lavori pubblici la volontà di riprendere la costruzione del campo rom. Prendo atto della scarsissima, per non dire nulla, considerazione delle istituzioni da parte di Occhiuto – conclude il consigliere comunale – e comunico che non intendo continuare a ricoprire la carica istituzionale di presidente della commissione Lavori pubblici per non avallare un modo di gestire la cosa pubblica antidemocratico, personalistico e del tutto inadeguato ad affrontare le tante e gravi questioni ancora aperte sui tavoli del civico consesso».
Sulla stessa linea anche Enzo Paolini: «Lo avevamo detto in tempi non sospetti che questo modo di affrontare una questione spinosa come quella dei rom avrebbe avuto come unica conseguenza quella di produrre conflitto sociale. Così è stato. La protesta estrema messa in atto questa mattina dal consigliere comunale di Sel, Giovanni Cipparrone, nel tentativo, poi riuscito, di sospendere i lavori di costruzione del campo rom di Vaglio Lise, ne è la plastica dimostrazione. D’altronde la politica dei campi nomadi – prosegue Paolini – si è dimostrata fallimentare e in tutta Europa è in corso un ripensamento complessivo delle politiche di integrazione che accantona definitivamente l’idea dei ghetti». Secondo Paolini si dovrebbe prendere esempio dalle esperienze positive di integrazione in Calabria. «Due su tutti: Acquaformosa e Riace, dove sono stati accolti in maniera graduale e pianificata piccoli gruppi di cittadini immigrati che si sono col tempo perfettamente integrati nella comunità locale. La cultura dei recinti e dell’isolamento forzato – aggiunge ancora il consigliere comunale – si è dimostrata ampiamente inadeguata a gestire una vicenda delicatissima e carica di importanti risvolti sociali, politici ed etici come quella dei rom. Nel caso specifico di Vaglio Lise, la visione delle docce, dei container e dell’area recintata con tanto di custode h24, fa rabbrividire e richiama alla memoria l’immagine di un lager. È di tutta evidenza che la soluzione al problema non può essere quella di nascondere una tendopoli in una periferia abbandonata immersa nell’incuria e nel degrado. Occorre semmai avviare una discussione con le istituzioni competenti, il consiglio comunale, la Prefettura, la Questura e i cittadini al fine di inquadrare e analizzare il problema in tutte le sue molteplici sfaccettature. Si capirà che, fra le tante soluzioni possibili, la peggiore sarebbe quella di accettare passivamente la riproposizione di una concezione vecchia, inefficace e assolutamente inadeguata come quella imposta dall’amministrazione comunale».

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