Siciliano schivo, riservato, con un forte senso della storia e della responsabilità. Ha combattuto la Dc corrotta e collusa, ha lanciato la “primavera” della politica democristiana dell’isola. Di lui non troverete mai una foto in stile Totò “vasa vasa” di cuffariana memoria. Sergio Mattarella amava dire: «La politica non si fa gridando». E non lo sentiremo mai gridare, il XII presidente della Repubblica, che non avrà lo stile solenne e “reale” di Napolitano, tantomeno quello burbero ma popolarissimo di Pertini. Non farà il picconatore cossighiano, sarà certamente un galantuomo in stile moroteo.
Dopo l’uccisione del fratello da parte della mafia, bonificò la Dc siciliana dei Lima e dei Ciancimino. Padre della vecchia legge elettorale mista proporzionale-maggioritaria, fu colui che da ministro della Difesa abolì la leva obbligatoria. Dal 2011 giudice costituzionale. Serio, riservatissimo, taciturno, mai fuori posto o fuori luogo. Un uomo con la schiena dritta, un mediatore, ma anche irremovibile sui principi, sul rispetto della legge sulle questioni morali. Su certe cose non molla: il 26 luglio 1990 si dimise da ministro della Pubblica istruzione perché Andreotti aveva posto la fiducia sulla legge Mammì, quella che sanava definitivamente le tre reti televisive di Berlusconi.
Ha conosciuto molto da vicino la brutalità della mafia siciliana. Il fratello maggiore, Piersanti, eletto a 45 anni alla presidenza della Regione, non si piegò alle regole dettate dalle cosche, e così decisero di eliminarlo! Sergio vide morire il fratello tra le sue braccia – era il 6 gennaio 1980.
Da quel momento decise di impegnarsi direttamente in politica, con l’obiettivo di bonificare la Dc andreottina della Sicilia, gestita da Lima e Ciancimino. Così riuscì a fare eleggere come nuovo sindaco di Palermo, uno dei consiglieri del fratello: Leoluca Orlando. Poi De Mita, quando arrivò a Palazzo Chigi, lo richiamò a Roma. Venne così nominato Ministro dei Rapporti col Parlamento.
Sua era la legge elettorale battezzata “Mattarellum”.
La Dc uscì distrutta dal ciclone di Tangentopoli, ma Mattarella fu uno dei pochi che sopravvissero al crollo. Fu tra i fondatori del Partito popolare, poi uno dei sostentori della candidatura a premier di Romano Prodi, quindi tra i fondatori dell’Ulivo, della Margherita e infine del Partito democratico, del quale Mattarella scrisse, insieme ad altri, il manifesto fondativo. Con Massimo D’Alema premier, fu vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa. E lui realizzò un grande progetto: l’abolizione del servizio militare obbligatorio. In seguito lasciò il governo e nel 2008 il Parlamento. Quattro anni fa venne eletto giudice costituzionale.
Avremo quindi un Presidente della Repubblica severo, pacato, riflessivo, fuori dai giochi e dai compromessi, lontanissimo dai riflettori e dalla politica show a cui siamo abituati da troppi anni.
*ex parlamentare Pd
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