Le piccole cose, le storie minute, i tasselli che vanno a comporre il mosaico sbilenco di ogni esistenza, custodiscono un universo che solo pochi riescono a esplorare. Ci vogliono occhi puri di bambino per osservare la vita quotidiana e immaginare una galassia di narrazioni dietro un gesto, anche apparentemente banale. E ci vuole una penna libera, delicata ma beffarda, per raccontare questi mondi. Sharo Gambino ha conservato quello sguardo fanciullesco fino alla sua morte. La sua penna anarchica e tormentata, invece, vive tuttora nella sua sconfinata produzione letteraria, che continua ad arricchirsi di nuovi, piccoli capolavori.
Dal prossimo 26 febbraio arriverà nelle librerie “Il sesso dei gatti e altri racconti”, edito da Rubbettino per la collana Nave dei pini. È la prima opera che raccoglie tutti i racconti di Gambino, autore poliedrico che consacrò la sua intera esistenza alla narrazione: «La cronaca, la fantasia, il mito, la mafia, il brigantaggio, l’eremitaggio, la tradizione, il quotidiano, la storia». Difficile aggiungere qualcosa alla descrizione intima e appassionata che ne fa Annarosa Macrì nell’introduzione: «Adesso che li leggo e li rileggo anch’io, questi racconti, che Sharo Gambino mi diede, ancora dattiloscritti, tanto tempo fa – quanto tempo è tanto tempo? – mi accorgo che sono rimasti racconti giovinetti, loro, con in testa tutti i capelli, e la pelle senza rughe, e i reumatismi che non sanno cosa siano. Magia delle parole». Sono 54 storie, tutte legate tra loro dalla meraviglia di quegli occhi di bambino, da quella «solitudine affollata» che riempiva i giorni dell’autore definito da Vito Teti il «cantore delle piccole cose»: il giustiziere che diventa complice ne Il cavadenti, la solidarietà tra «profughi della vita» in Il vino di Trentinella, i paradossi della fortuna che diventa malasorte (Il primo premio), la fine delle illusioni magiche dell’infanzia (Il ceraulo). Poi un inedito, Il crocifisso – in cui si racconta la storia, già accennata in Sull’Ancinale, di un povero artista che muore appena riesce a riappropriarsi della sua opera – e altre preziose perle letterarie come Al di là della valle, che rappresenta l’embrione narrativo da cui Gambino creò Sole nero a Malifà, uno dei suoi romanzi più belli.
Di seguito, per gentile concessione dell’editore, pubblichiamo integralmente il racconto che ha dato il titolo al libro.
s.pel.
Il sesso dei gatti
Quando ve l’avrò raccontata direte: «È frutto di fantasia!». Ma lo ripeterete quando vi avrò dato la mia immacolata parola d’onore che è vero il contrario? Statemi a sentire. A casa mia c’è un gatto. C’è perché ci sono in giro dei topi e non perché qualcuno di noi sia particolarmente affezionato a quel rappresentante dei felini domestici; ché, anzi, se devo essere sincero, non lo può sopportare nessuno e spe- cialmente mio padre (il gatto lo sa e, se pure riesce a passar sopra all’insopportazione che gli dimostriamo noi altri, ha un sacrosanto terrore di mio padre per cui gli basta sentirne il passo che vien su per le scale o si muove nella stanza vicina dirigendosi verso quella in cui esso gatto si trova, per scomparire sotto il credenzone, sotto una sedia o, in mancanza di prossimi sicuri rifugi, schiacciandosi contro il muro cercando di mimetizzarsi con la tappezzeria).
È un gatto della specie più comune, grigio e bianco come mille e mille ed è ladro e traditore come tutti gli altri. Bene. Stamani questo petulante gatto ha ricevuto una visita che forse si aspettava e forse no e che certo non ci aspettavamo noi altri perché certe cose le fanno solo ed unicamente gli uomini (almeno questa era la nostra convinzione, ora invece la pensiamo diversamente). Il gatto se ne stava placido a ronfare accanto al caldo della cucina economica: dormiva davvero o fingeva perché non aveva la coscienza a posto? Tutto è illazione, in questa straordinaria storia, tutto è gratuito e personale, perché la verità vera non la sapremo mai.
Sotto la finestra della cucina ci sono dei tetti sui quali i gatti estranei accedono per vie misteriose, le stesse delle quali si sono serviti stamane anche i due gatti che han regolato i conti col loro simile ospite permanente e non gradito di casa mia.
Prima, i due decisi esecutori della vendetta felina, dai tetti hanno chiamato a lungo il loro avversario con certi miagolii gennarini che essendo fuori stagione dovevano avere certo la stessa funzione ingannatrice che ha il richiamo degli uccellatori; poi, constatata l’assoluta inutilità dei loro sforzi e forse per questo maggiormente irritati, per le medesime vie misteriose sono ridiscesi dai tetti, hanno imboccato il portone di casa mia, hanno salito le scale col passo sicuro della gente di famiglia e, conoscendo evidentemente le abitudini del mio gatto, non solo, ma anche la topografia dell’abitazione, si sono diretti in cucina scovando subito il ricercato.
Con ogni via preclusa, per quanto vigliacco, il gatto, fermo restando il suo diritto di adire per le vie legali denunciando la violazione di domicilio, ha dovuto accettare la battaglia. Per qualche minuto, sotto i nostri occhi increduli ed esterrefatti, c’è stata, precisa, la girandola che i caricaturisti disegnano quando vogliono rappresentare una violenta zuffa; poi, quando la girandola s’è fermata, s’è visto il mio gatto pesto e sanguinante da ogni dove, mentre gli altri due, ormai placati dalla soddisfazione di aver portato vittoriosamente a termine la missione voluta od imposta, riprendevano la via delle scale.
Un fatto curioso, come vedete, che muove al riso e che induce pure ad amare considerazioni perché dimostra come tra noi e le bestie la differenza sia solo apparente; ma non immaginavo, in quel momento, che si potesse prestare ad un considerevole numero di congetture e supposizioni tutte ammissibili.
L’episodio fu discusso a tavola, all’ora del pranzo.
Cosa avranno avuto i due gatti contro il nostro micio? Fu la domanda posta sul tappeto della libera discussione da mia madre.
Mio padre non volle lasciarsi sfuggire l’occasione per dir peste e corna di «quel mascalzone», forse con l’inconfessa- ta speranza che il gatto, per punizione, sarebbe stato affidato finalmente davvero alla contadina che ogni mattina ci porta il latte di capra dalla campagna. Secondo lui i due vendicatori erano due gatti, due gatti maschi, nati in uno stesso parto con quell’«animale», come sarebbe a dire che sono suoi fratelli gemelli.
Ma mentre gli altri due sono cresciuti gatti onesti e rispettabili, gatti per bene con tanto di coscienza pulita, quella «disgrazia» che ci teniamo in casa è venuto su storto, nemico d’ogni dovere e privo della santa virtù dell’onestà, per cui si spiega benissimo come in casa nostra i topi abbiano continuato a fare i loro porcissimi comodi e si siano indisturbatamente moltiplicati fino a diventare un popolo in piena regola. Evidentemente, dopo aver gettato nel fango l’onore della famiglia, quel «figlio del diavolo» deve aver sedotto a forza la madre facendola morire di crepacuore e non ha partecipato ai funerali provocando le giuste ire dei fratelli i quali, giusto stamani, hanno deciso di lasciargli lo stesso un doloroso ricordo della data
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Le fosche tinte con cui mio padre ha fatto il ritratto del gatto e il romanzo d’appendice con cui ha spiegato le probabili cause della zuffa, non hanno convinto mio fratello il quale ha sostenuto che, se al mattino avessimo avuto l’accortezza di dare un’occhiata al sesso dei due animali, avremmo molto probabilmente scoperto che si trattava di due femmine. Non ci sono dubbi: il nostro gatto – come si fa quando ci si stanca di due o più «femmine», per levarsele di torno – le ha convocate ad uno stesso appuntamento e non c’è andato…
Per non essere da meno e dimostrare minor fantasia, io ho sostenuto la probabilità che non si sia trattato di due gatti e nemmeno di due gatte, bensì di un gatto e una gatta marito e moglie, legalmente sposati e innamorati l’uno dell’altro al punto di non tenersi nascosto nulla. Così lui, saputo che il nostro gatto s’era andato vantando d’aver fatto questo e d’aver fatto quello con la sposina, ne ha informato la dolce metà e tutti e due hanno organizzato quella riuscita spedizione punitiva.
Solo mia sorella non ha detto la sua, ma più tardi, mentre sferrucchiava accanto alla stufa, la sentimmo parlare col gatto: «Quante chiacchiere, vero micio? Due gatti, due gatte, un gatto e una gatta… Ci scommetto che non ha indovinato nessuno. Io credo che tu ti sia stancato di qualcosa che non è… bene e ti sia ribellato: così quei due… chiamiamoli “mezzi gatti” han voluto intimidirti, vero? Resisti micio, resisti, anche se t’ammazzano!».
Sharo Gambino
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