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La paralisi di Oliverio

Mario Oliverio, ove lo stia ancora facendo, smetta di pensare che contro di lui si sta accanendo un “destino cinico e baro”. Di nemici e di avversari ne ha tanti, dentro e fuori dal recinto politic…

Pubblicato il: 26/02/2015 – 6:48
La paralisi di Oliverio

Mario Oliverio, ove lo stia ancora facendo, smetta di pensare che contro di lui si sta accanendo un “destino cinico e baro”. Di nemici e di avversari ne ha tanti, dentro e fuori dal recinto politico del centrosinistra, ma lui pare proprio intenzionato a fare di tutto per dar loro una mano. La paralisi è sotto gli occhi di chiunque, possibile che solo il suo manipolo di “fedelissimi” non la colga? Oppure è tale la corsa a riempirsi gli occhi di effimero potere, da farli restare tutti ciechi e sordi?
Ha sempre ribadito, Oliverio, sia nella campagna delle primarie che in quella elettorale, di essere contrario alla logica dell’uomo solo al comando. Fin qui, è stato parzialmente coerente: è uomo solo ma non è al comando. Il suo modello attuale è il non scegliere, il non fare e ben per questo resta solo e ben per questo non è al comando.
A due mesi dal suo insediamento non ha una giunta, non ha uno staff, non ha un direttorio capace di mettere ordine ai vertici della burocrazia regionale, non ha un ufficio stampa, non ha un’avvocatura regionale, non ha un piano economico. Di conseguenza la Regione Calabria non ha un bilancio, non ha una programmazione, non ha neanche la più pallida idea del contenzioso accumulatosi in questi anni, non ha alcun controllo sulla sanità e men che meno sugli interventi per attenuare il dissesto idrogeologico. Non sa cosa capita dentro, fuori e attorno al polo portuale di Gioia Tauro, così come non conosce le dinamiche industriali che si muovono attorno alla cessione di Ansaldo Breda ai giapponesi di Hitachi.
E’ paralizzato, Mario Oliverio, dai suoi pessimi rapporti con Roma; dalla mancata soluzione del “caso De Gaetano”; dal mancato chiarimento del “caso Lanzetta” (il nome dell’ex ministra risulta ancora oggi sul sito ufficiale della Regione, con tanto di deleghe); dall’altalenante rapporto con il Pd, rapporto caratterizzato da sprazzi di odio, parentesi d’amore e costanza di assoluta e reciproca diffidenza.
Quanto pensa, Oliverio, di poter rimanere ancora in questa condizione? E soprattutto quanto pensa possa resistere quella polveriera che è la Calabria in queste condizioni? La delusione serpeggia ormai anche tra quanti sono stati più determinati nel dare al suo progetto politico appoggio incondizionato e disinteressato: serpeggia tra i dirigenti regionali che per quattro anni sono stati relegati in un angolo dal “Modello Scopelliti” e oggi si ritrovano ancora nello stesso angolo mentre gli scopellitiani di ieri sono gli oliveriani di oggi. Serpeggia tra i medici osteggiati da direttori generali asserviti agli affari, agli interessi privati e alla politica e che ancora oggi vedono tali personaggi dettar legge. Serpeggia tra i pochi operatori della sanità privata che hanno tenuto alta la qualità dei servizi in branche pericolose e delicate e si sono visti tagliare i budget per “omaggiare” clientes del vecchio regime, oggi prontamente riciclatisi. Serpeggia tra gli imprenditori che non hanno piegato il capo davanti a Kpmg e infrastrutture lombarde. Serpeggia negli atenei, dove le baronie di ieri sono saldamente in sella ancora oggi. Ma davvero pensa Oliverio di poter cambiare le cose alla Regione lasciando al loro posto quanti ne hanno consentito l’abbrutimento sotto ogni profilo?
A leggere il diario delle iniziative del governatore, poi, si finisce col pensare che sia affetto da personalità bipolare per cui spesso dimentica che non è il capo dell’opposizione bensì il titolare dell’azione di governo in questa regione. Difficile altrimenti capire come faccia ad essere solidale con i medici dell’Annunziata, vicino ai lavoratori del porto di Gioia Tauro, al fianco degli ammalati costretti ad emigrare per avere assistenza, contiguo ai giovani disoccupati, comprensivo delle difficoltà che incontrano gli imprenditori e via con un lungo elenco, senza poi riflettere sul fatto che le risposte e le iniziative a tutte queste emergenze debbono arrivare proprio da lui. Ed è ben difficile dare risposte e avviare iniziative operando con una giunta regionale rimaneggiata e a ranghi ridottissimi, con un bando di reclutamento per i direttori generali dei dipartimenti ancora da concepire, con una burocrazia autoreferenziale quanto incapace. Palazzo Alemanni sta diventando una sorta di palazzo degli spettri: è sempre abitato ma chi ci sia e cosa faccia non si riesce proprio a capirlo. Figuriamoci negli altri palazzi, satelliti del potere regionale: lì quel che capita è oscuro a tutti, ma la cosa più grave è che è oscuro soprattutto al governatore.

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