Le donne e il "Pil potenziale"
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione della giornata internazionale della donna svoltasi al Quirinale, ha ricordato come una società non bene organizzata…
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della celebrazione della giornata internazionale della donna svoltasi al Quirinale, ha ricordato come una società non bene organizzata affida alle donne il lavoro di cura e di educazione dei figli, ragion per cui ha concluso senza le donne «l’Italia sarebbe piu povera e piu ingiusta». In realtà, secondo i dati offerti dalla Banca d’Italia il tempo che le donne italiane dedicano ai lavori di cura familiari e domestici (circa 3,6 ore al giorno in più degli uomini) limita di fatto la loro partecipazione al lavoro retribuito e dunque rallenta la crescita economica del nostro Paese. E infatti, secondo la World Bank, una maggiore presenza femminile nel mercato del lavoro in generale e una maggiore presenza nei vertici delle istituzioni e delle imprese, assicura società con maggiore benessere economico.
Qualche economista per indicare il potenziale di sviluppo dell’intera economia del Paese che conseguirebbe all’aumento dell’occupazione femminile, usa l’espressione «giacimento di Pil potenziale», che rappresenta, appunto, quella quota di crescita in più che l’italia potrebbe esprimere se soltando adottasse politiche tese a garantire che il tasso di occupazione femminile raggiungesse il 60%, quale obiettivo previsto dal trattato di Lisbona.
Peraltro, non è superfluo precisare che, secondo gli studiosi, la maggiore partecipazione femminile nel mercato del lavoro non avverrebbe a scapito di quella maschile, in quanto la sostituibilità tra le due tipologie di forza lavoro è contenuta. Se dunque l’Italia, oggi terzultimo Paese Ocse, davanti a Turchia e Messico, per livello di partecipazione femminile nel mercato del lavoro (51% contro una media Ocse del 65%) e Paese dove meno del 30% dei bambini al di sotto dei tre anni usufruisce dei servizi dell’infanzia e il 33% circa delle donne lavora part-time per conciliare lavoro e responsabilità familiari (la media Ocse è del 24%), incrementasse l’occupazione femminile, il nostro prodotto interno lordo aumenterebbe del 7%.
Per di più, una maggiore occupazione femminile si associa all’acquisto di beni e servizi, specie quelli di cura, altrimenti prodotti all’interno della famiglia, stimolando l’espansione di un mercato in Italia poco sviluppato e ciò potrebbe determinare un aumento del numero di famiglie con redditi di lavoro e una riduzione del rischio povertà. Al già desolante quadro della scarsa partecipazione delle donne italiane nel mercato del lavoro, si accompagna quello, non meno preoccupante, della bassa fecondità delle stesse.
In Italia, infatti, la media dei figli per donna è la piu bassa d’Europa: solo 1,4 bambini rispetto alla media di 1,9. Quest’ultimo dato che una lettura superficiale potrebbe farlo apparire come un paradosso, in realtà si spiega con la correlazione positiva , ampiamente dimostrata, tra occupazione femminile e figli.
*Presidente commissione regionale Pari opportunità