Organizzavano l'omicidio in chat, condannati in tre
REGGIO CALABRIA Passa il vaglio del gup Karin Catalano l’impianto accusatorio dell’inchiesta “Lupus in fabula”, che ha visto alla sbarra Rosario Rao, Biagio Arena e Vincenzo Cannatà, tutti beccati da…

REGGIO CALABRIA Passa il vaglio del gup Karin Catalano l’impianto accusatorio dell’inchiesta “Lupus in fabula”, che ha visto alla sbarra Rosario Rao, Biagio Arena e Vincenzo Cannatà, tutti beccati dagli investigatori grazie alle esplicite conversazioni su omicidi, armi e clan che i tre avevano in chat. Accogliendo le richieste del pm Paolo Sirleo, il giudice ha condannato a 16 anni di carcere Biagio Arena, difeso dai legali Michele Novella e Giancarlo Pittelli, a 12 anni e 4 mesi Rosario Rao, difeso dall’avvocato Guido Contestabile, e ad 11 anni di reclusione Vincenzo Cannatà, assistito dall’avvocato Novella. Stando a quanto emerso dalle indagini, i tre – certi che gli investigatori non fossero in grado di decriptare i codici per “bucare” le chat – utilizzavano gli smartphone per discutere non solo delle armi in dotazione – una mitragliatrice Uzi e una pistola semiautomatica “Glock”, appositamente modificata per esplodere colpi a raffica – ma anche di un omicidio. Celati da nickname che gli investigatori non hanno avuto difficoltà a interpretare, “Niki” Rao, “Tupac” Arena e “Tit” Cannatà, per settimane hanno discusso dell’eliminazione di un soggetto – rimasto ignoto – per il quale era stato per due volte organizzato un appostamento, mai andato a buon fine.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it