L'invasione degli inglesi
L’invasione straniera! Da oltre 300 anni, in un crescendo senza fine, la lingua italiana dà sempre maggiore spazio alle espressioni straniere. E con l’informatica si parla solo ed esclusivamente…
L’invasione straniera! Da oltre 300 anni, in un crescendo senza fine, la lingua italiana dà sempre maggiore spazio alle espressioni straniere. E con l’informatica si parla solo ed esclusivamente inglese. L’Italiano sarà anche la quarta lingua più studiata nel mondo (questo grazie anche al fatto che è molto parlata fra vescovi e cardinali di ogni Paese), ma è anche quella più “violentata”. Già nel Settecento penetrano nell’Italiano parlato i primi termini inglesi: club, pamphlet, humour. Dall’Ottocento, col diffondersi della stampa, i termini inglesi entrano rapidamente anche nel linguaggio politico: leader, meeting, premier; ma anche nella vita mondana: dandy, fashion, festival, e nella vita corrente: brandy, gin, whisky roast-beef, curry. Sul finire dell’Ottocento e i primi del Novecento l’inglese spopola nel nostro Paese. Dall’economia: boom, business, check, copyright, export, manager, marketing, stock; ai trasporti: cargo, ferry-boat, yacht, bus, clacson; nello sport: derby, performance, outsider, goal, cross, dribbling, offside , ring, knock-out.
Fino al vivere quotidiano: barman, boss, boy-scout, camping, gangster, killer, shopping, snob, proibizionismo, recital. Dalla metà del Novecento a oggi la lingua inglese è sempre più utilizzata nelle relazioni fra gli Stati, nella vita internazionale, nelle relazioni commerciali e culturali. In Italia dal 1990 è praticamente l’unica lingua insegnata nelle scuole. Il cinema e la televisione contribuiscono alla diffusione di tantissime espressioni inglesi: cult, news, zapping, sponsor, spot, testimonial. E tanti sono i termini comuni che passano tra tutte le classi sociali: call center, fiscal drag, flop, mobbing, outing, stand-by, ticket. Si diffondono: bipartisan, no global, no-profit, trendy, cordless, big, job on call, book on demand, marketing one-to-one, pay per view. Ma la musica? “So now I’m doing music so I know what the power of music is!”. La musica ha avuto un grande potere nel portare l’inglese a casa nostra, nelle famiglie, soprattutto nelle nuove generazioni, dagli anni ’60 in poi, con un crescendo senza fine. Ci sono stati brani di successo che in Italia hanno capeggiato a lungo le classifiche di vendita e di trasmissione nelle radio “libere” degli anni ’70 e ’80, e fino ai giorni nostri. Giusto per fare qualche esempio di titoli che hanno invaso il panorama musicale nazionale: i Queen e “Innuendo”; i Guns n’ Roses e “November rain”; The Doors e “No to touch the earth” e “Yesterday” e “Let it be” dei Beatles. Mentre nei primi anni ’70, mezza Italia cantava a squarciagola: “I can’t get no satisfaction, I can’t get no satisfaction. ‘Cause I try and I try and I try and I try. I can’t get no, I can’t get no”. Erano i mitici Rolling Stones, mentre i celebratissimi Pink Floyd alzavano il livello e la qualità musicale con “Shine on you crazy diamond”. Con l’avvento della rete, delle nuove tecnologie e dell’informatica, conoscere l’inglese è diventato indispensabile.
Tutto, di fatto, si svolge e si gestisce con l’uso della lingua inglese. I giovani sono i primi a essere attori e vittime di questo. Il computer parla solo inglese. A iniziare dalla “chiocciola”, che in inglese si pronuncia “et”. E poi via velocemente verso termini indispensabili per chi usa i computer: access point , Wi-fi , Lan. Account, username, password. Backup (per salvare i dati contenuti nell’hard disk del computer), ma è utilissimo fare anche copie di sicurezza su dvd o cd-rom. Cookie, Google, Dns, Firewall, Ip…. un mondo “straniero” in casa nostra, senza conoscere il quale, il computer possiamo anche buttarlo. L’inglese nella politica, nei commerci, nel cinema e nella musica, ora nell’informatica. Senza conoscere questa lingua, ci sentiremo sempre più lontani dal mondo quotidiano.
*Ex parlamentare Pd