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I giudici: «Suraci può tornare a delinquere»

REGGIO CALABRIA Non ci sono passi indietro sulle responsabilità addebitate a Dominique Suraci, nulla si eccepisce riguardo il quadro probatorio emerso dalla nuova ordinanza di custodia cautelare, eme…

Pubblicato il: 02/04/2015 – 14:29
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I giudici: «Suraci può tornare a delinquere»

REGGIO CALABRIA Non ci sono passi indietro sulle responsabilità addebitate a Dominique Suraci, nulla si eccepisce riguardo il quadro probatorio emerso dalla nuova ordinanza di custodia cautelare, emessa dopo l’annullamento con rinvio della prima disposto dalla Cassazione. Eppure per lui questa mattina si sono spalancate le porte della cella in cui è stato in custodia per quasi tre anni. Ma se l’opinione dei giudici riguardo l’ex consigliere comunale della lista “Scopelliti presidente” non è cambiata, a mutare è stato il quadro normativo, che dopo la recente sentenza della Cassazione, consiglia – se non impone – misure di custodia alternative al carcere per i concorrenti esterni.
Non a caso, il collegio presieduto dal giudice Filippo Leonardo nell’ordinanza con cui scarcera Suraci, inviandolo come chiesto dalle difese – gli avvocati Andrea Alvaro e Francesco Albanese – ai domiciliari, non manca di sottolineare che Suraci potrebbe tornare a delinquere. «Gli atti di indagine – sottolineano i giudici – hanno dimostrato che Suraci ha costantemente e preordinatamente piegato le sue aziende imprenditoriali agli interessi delle consorterie mafiose e ciò l ‘ha fatto in modo reiterato e continuo nel tempo, forte anche dalla sua personale e piena conoscenza delle dinamiche mafiose di equilibrio sul territorio calabrese». E poco importa, a detta del Collegio, che «il patrimonio del Suraci sia stato aggredito da misure cautelari reali». Da libero, l’ex consigliere comunale per i giudici non avrebbe avuto difficoltà a «riallacciare i rapporti, peraltro risalenti nel tempo, con esponenti della criminalità organizzata locale, essendo anche lo stesso (per come dimostrato dalle dichiarazioni dei collaboratori) riconosciuto quale imprenditore colluso con la ‘ndrangheta nell’ambiente».
E Suraci, ricordano i giudici, non si è prodigato solo in favore del clan De Stefano – Tegano, attorno a cui orbitava, ma «anche a favore di diverse consorterie criminose, con ciò dimostrando, attraverso il sopra rappresentato sistema di equilibri mafiosi di infiltrazione nella grande distribuzione alimentare, di poter interfacciarsi con modalità imprenditoriali simili anche con persone diverse da quelle con cui aveva costanti rapporti, ma purché le stesse siano orbitanti nella ‘ndrangheta complessivamente considerata».
Per questo, il Collegio è netto nell’affermare che «Suraci, se non attinto da misura cautelare di tipo detentivo possa concretamente reiterare il reato per cui si procede». Tuttavia, proprio sulla base della decisione n.48 del 2015 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione assoluta di adeguatezza della misura custodiate massima per il concorrente esterno, i giudici non hanno potuto far altro che accogliere le istanze dei legali convertendo la custodia in carcere negli arresti domiciliari, sommati al divieto di comunicazione telefonica e telematica, con soggetti diversi da quelli con i quali lo stesso coabita. Misure, che nonostante l’opposizione del pm Musolino, più volte chiamato a sottolineare il fondamentale ruolo di Suraci nelle dinamiche ndranghetistiche cittadine, sono state ritenute sufficienti per evitare che l’ex consigliere comunale torni a delinquere.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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