Assenteisti Asp Cosenza, gip rigetta richiesta Procura
COSENZA Per la Procura di Cosenza i “furbetti” del cartellino avrebbero potuto reiterare il reato. Per questo motivo, i pm Antonio Bruno Tridico e Domenico Assumma – titolari dell’indagine denonimata…

COSENZA Per la Procura di Cosenza i “furbetti” del cartellino avrebbero potuto reiterare il reato. Per questo motivo, i pm Antonio Bruno Tridico e Domenico Assumma – titolari dell’indagine denonimata “Camice bianco” che coinvolge medici, infermieri, dirigenti e dipendenti dell’Asp di Cosenza – avevano chiesto la misura cautelare dell’obbligo di firma. Ma il gip del tribunale di Cosenza, Salvatore Carpino, ha rigettato tale richiesta.
Le indagini riguardano Luigi Miceli, Mario Avellino, Anna Maria Conforti, Emilia Lopez, Francesca Zinno, Angela Campolongo, Romeo Perri, Anna Turano, Ippolito Spagnuolo, Pasquale Morrone, Marina Sammarra, Giulia Manna, Pia Pignataro, Katja De Rose, Isabella Polillo, Rosalia Cianflone, Annarita Salvo, Carla Caputo, Giovanna Trimarchi, Maria Naccarato, Pieraldo Russo, Gisella Rizzuti, Vincenzo Reda, Asclepiade Felicioli, Alberto Bevilacqua, Elvira Vigna, Claudio Naccarato, Eugenio Presta, Luigi Carelli, Bice Cassazone, Orlando Spizzirri e Luca Pati.
Si tratta di 32 persone, tutte dipendenti – alcune anche con ruolo dirigenziale – dell’azienda sanitaria provinciale, accusate del reato di truffa aggravata e continuata perpetrata ai danni della stessa azienda sanitaria. I provvedimenti sono stati emessi sulla scorta delle indagini coordinate dal procuratore Dario Granieri e dai sostituti procuratori Tridico e Assumma e condotte dal nucleo investigativo del reparto operativo, guidato dal capitano Michele Borrelli.
Secondo l’accusa, gli indagati, in servizio all’ospedale civile o nelle varie sedi dell’Asp, durante l’orario di servizio, regolarmente retribuito, anche con prestazioni extra di straordinario, «con sistematicità e abitualità», avrebbero posto in essere condotte di truffa in danno dell’amministrazione di appartenenza attraverso la falsificazione degli orari di presenza e di uscita, mediante l’infedele timbratura del cartellino marcatempo. In una circostanza, secondo quanto reso noto, sarebbe stata accertata l’effrazione di un distributore automatico di alimenti e bevande con la conseguente asportazione del denaro contenuto da parte di due indagati.
L’obbligo di firma per il pericolo di reiterazione del reato era stato chiesto non per tutti dal momento che alcuni degli indagati sono andati in pensione. Ma il gip Carpino ha rigettato la richiesta perché – è la motivazione del giudice – è passato troppo tempo dai fatti contestati, che risalgono al 2013.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it