Catanzaro protesta contro una (inesistente) casa del migrante
CATANZARO “Not in my back yard” – letteralmente “non nel mio cortile” – è la locuzione inglese con cui si descrive il comportamento di un gruppo di cittadini contrario alla nascita di un’opera pubbli…

CATANZARO “Not in my back yard” – letteralmente “non nel mio cortile” – è la locuzione inglese con cui si descrive il comportamento di un gruppo di cittadini contrario alla nascita di un’opera pubblica, di una discarica o di un’autostrada nei paraggi delle proprie abitazioni. Spesso e volentieri, tale atteggiamento è giustificato da motivazioni come la salute o la sicurezza. E siccome tutto il mondo è paese, anche Catanzaro non si discosta da questo tipo di atteggiamento. Ma lo fa inserendo elementi nuovi e che devono far riflettere.
Il tema su cui si dibatte da un paio di giorni è la nascita, all’interno dell’ex “Casa dello studente” situata in un quartiere densamente popolato e per niente periferico, di un centro di accoglienza per migranti. La notizia, in pochissime ore, ha generato una vera e propria bufera in città e sui social network. Sollevazioni spontanee dei cittadini, incursioni estemporanee di Forza Nuova con tanto di slogan “Più sicurezza per il quartiere. No al centro d’accoglienza” scritto a caratteri cubitali su uno striscione, lettere aperte alle più alte cariche istituzionali locali da parte del costituito comitato di quartiere che minaccia di «investire tutte le televisioni nazionali e le testate giornalistiche per fare chiarezza al riguardo, nonché si attiverà con tutte le iniziative al fine di preservare il territorio da quel degrado che oramai tutte le televisioni trasmettono giornalmente, e che non deve assolutamente riguardare anche via Plutino e Catanzaro», fino ad arrivare agli allarmati interventi di un consigliere comunale (sic!) su Facebook. Ansia, preoccupazione, rabbia: tutto scoppia e si concentra in un batter d’occhio sui Tre Colli.

Peccato che – però – l’apertura del centro d’accoglienza sia una notizia completamente, assolutamente falsa. Sì perché esattamente com’era successo due settimane fa – quando una notizia analoga era stata diffusa in relazione a uno stabile nel quartiere Cavita – anche questa volta è tutto infondato. Ma pure questa volta, come allora, non ci si è preoccupati di verificare la notizia, ma semplicemente di opporsi alla nascita di un – inesistente – centro d’accoglienza.
Errore marchiano a parte, la sollevazione popolare ha però messo in evidenza come anche Catanzaro non sia immune dal “salvinismo” proliferante, dalla paura dello straniero. Certo, non è che fosse una novità: nei mesi scorsi, giustificandosi con l’esigenza di maggiore sicurezza in città, il sindaco aveva disposto il rinnovo di un’ordinanza antiaccattonaggio e l’inasprimento dei controlli. Non si trattava però di una risposta specifica a eventi di aggressione o scippo ai danni dei catanzaresi da parte di uno dei tanti africani – nigeriani soprattutto – che agli angoli delle strade, assieme ai “soliti” rom, chiedono l’elemosina. Piuttosto si trattava del modo migliore escogitato dall’amministrazione comunale per reagire al calo della “sicurezza percepita” da parte dei catanzaresi. Poco importa che neanche uno dei più gravi reati degli ultimi mesi sia stato compiuto da un migrante.
Ma forse queste sono storie di ordinaria intolleranza nella Calabria – o meglio nell’intera Italia – che stenta a uscire dalla crisi e che vede nello straniero il nemico da arginare.
Alessandro Tarantino
a.tarantino@corrierecal.it