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Fondazione Campanella, un «disastro» ma non per tutti

CATANZARO La Fondazione Campanella è come un fantasma che la politica regionale prova a scacciare con forza. Prendete Oliverio: l’ultimo incontro con un gruppo di lavoratori amministrativi risale a…

Pubblicato il: 28/01/2016 – 14:41
Fondazione Campanella, un «disastro» ma non per tutti

CATANZARO La Fondazione Campanella è come un fantasma che la politica regionale prova a scacciare con forza. Prendete Oliverio: l’ultimo incontro con un gruppo di lavoratori amministrativi risale al gennaio 2015. È passato un anno e, da allora, il presidente della giunta regionale non li ha più incontrati. Non perché non abbia intenzione di trovare una soluzione a un problema che è diventato sociale e politico, ma perché la strada è estremamente stretta e l’errore è dietro l’angolo. Dunque, partiamo da quel faccia a faccia vivace nei garage di Palazzo Alemanni, residenza del governatore prima del trasferimento nella Cittadella regionale di Germaneto.

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DOPO IL DISASTRO Oliverio, nell’incontro (pubblichiamo il video sopra), ribadisce con forza e con qualche espressione colorita – «ma picchì faciti tutti l’avucati?», chiede in un passaggio dello scontro verbale ai dipendenti che lo contestano – che non gli si possono addebitare responsabilità per il «disastro» messo in piedi da altro. Ed è vero, anche se lo stesso non si può dire per la parte politica che rappresenta. Il centrosinistra (e lo stesso ha fatto il centrodestra) ha utilizzato la forma giuridica della Fondazione (un ente di diritto privato finanziato con fondi pubblici) per farne un serbatoio di consenso. A molti anni dalle assunzioni e a qualche mese dai licenziamenti decisi dal commissario liquidatore, vediamo cosa resta: una ventina lavoratori disoccupati, decine di precari ricollocati in extremis e medici appesi alle chance offerte dal sistema sanitario. Manager e politici che hanno guidato del «disastro», invece, sono ancora in sella. Il «mostro giuridico» (altro termine utilizzato per definire la Fondazione) ha lasciato un marchio d’infamia sui dipendenti (tutti raccomandati, secondo la vulgata) mentre chi ne ha progettato gli utilizzi e ha beneficiato dello schema lavoro-consenso-incarichi continua a prosperare. Politicamente, è il delitto perfetto.

CHE FINE HANNO FATTO Non tutti i 270 dipendenti sono a spasso. Dopo la chiusura della Fondazione, sono stati espletati avvisi per 57 operatori socio-sanitari. Tutti presi nelle aziende ospedaliere di Catanzaro con contratti part-time (18 ore settimanali) di sei mesi. Adesso i contratti sono in scadenza, in attesa del nuovo concorsone regionale. Un avviso ha permesso di lavorare anche a 110 infermieri. Alcuni hanno preso servizio, sempre nelle Ao catanzaresi, all’inizio di novembre e altri più di recente, pescati da una vecchia graduatoria. Tutti sono in attesa del nuovo concorso. I medici erano 47: praticamente tutti hanno avuto una nuova chance. Ci sono stati avvisi per Oncologia, Anatomia patologica, Medicina nucleare, Gastroenterologia. Altri medici, per i quali non sono stati approntati avvisi, hanno avuto assegni di ricerca. E sono stati collocati anche i tecnici della diagnostica. Agli amministrativi – che sono venti, dieci dei quali appartengono a categorie protette – è andata peggio. Sono tutti disoccupati. È per questo che, nel video, dialogano con Mario Oliverio. Hanno lavorato fino al 31 ottobre alla Fondazione, assieme al commissario liquidatore, senza retribuzione. Siamo quasi al lavoro nero per lo Stato. A loro è andata peggio che a chiunque altro abbia dimorato nelle stanze del polo oncologico dismesso. Altri, che dimoravano ai piani alti, hanno avuto miglior fortuna. Prendiamo il manager del servizio cult di Report. Antonio Belcastro, per descrivere le attività di ricerca della Fondazione, non trovò di meglio che dire: «Di là ci sono dei topolini». Al tempo dell’inchiesta finita su Rai Tre era il direttore amministrativo della struttura. Dopo quella performance è stato promosso. Ha attraversato – e con lui la manager Caterina De Filippo – i tre passaggi politici degli ultimi dieci anni ed è ancora sulla cresta dell’onda. Oliverio lo ha confermato (anzi, promosso: prima era il direttore generale) alla guida dell’Azienda ospedaliera. Assieme a De Filippo. Sinibaldo Esposito, altro direttore generale, ha scelto di virare dal sottogoverno al consiglio regionale. Vicinissimo al senatore di Ncd Piero Aiello, è stato eletto a Palazzo Campanella. L’ultimo dg in ordine di tempo, Mario Martina, ha invece mantenuto il suo ruolo anche dopo la nomina del commissario straordinario, che si è servito, per la liquidazione, anche di una piccola squadra di consulenti. Ai vertici passati è andata molto meglio che ai dipendenti. Loro aspettano ancora di reincontrare Mario Oliverio dopo quel faccia a faccia nei garage del palazzo che ospitava la giunta. Sono riusciti a strappare qualche minuto a Massimo Scura, il commissario al Piano di rientro. Che non gli ha nascosto la natura della questione: «Il vostro è un problema solo politico». Già, la politica. Visti i precedenti non c’è da essere troppo fiduciosi. (1. Continua)

Pablo Petrasso
p.petrasso@corrierecal.it

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