Delitto Taranto, chiesto il processo per Mignolo
COSENZA La Procura di Cosenza ha chiesto il rinvio a giudizio per Domenico Mignolo, accusato dell’omicidio di Antonio Taranto, il 26enne ucciso il 29 marzo di un anno fa a via Popilia, quartiere popo…

COSENZA La Procura di Cosenza ha chiesto il rinvio a giudizio per Domenico Mignolo, accusato dell’omicidio di Antonio Taranto, il 26enne ucciso il 29 marzo di un anno fa a via Popilia, quartiere popolare di Cosenza. Lo stesso provvedimento – firmato dai pm Donatella Donato e Antonio Bruno Tridico – è stato chiesto anche nei confronti di tre presunti favoreggiatori di Mignolo. Si tratta di Leonardo Bevilacqua, della sua compagna Mirella Occhiuzzi e di Riccardo Altomare. Mignolo, ritenuto dagli inquirenti appartenente al clan Rango-Zingari, è già detenuto in regime di 41 bis per altri reati, tra cui l’associazione mafiosa perché coinvolto in inchieste della Dda che riguardano la cosca bruzia.
Secondo le indagini – coordinate sin dal primo momento dai pm Tridico e Donato sotto la direzione del procuratore capo Dario Granieri e dell’aggiunto Marisa Manzini – Taranto sarebbe stato attinto da un colpo di revolver calibro 38/357 magnum che Mignolo avrebbe esploso dal balcone della propria abitazione. Dalla complessa attività di indagine – corroborata da intercettazioni ambientali e telefoniche, dalle testimonianze di amici e familiari di Mignolo e Taranto e dalle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia – è emerso che Mignolo fosse particolarmente adirato per non aver ricevuto «lo stipendio» dal proprio clan nel periodo in cui era stato detenuto.
LA LITE E L’OMICIDIO La notte tra il 28 e 29 marzo 2015 scoppia una lite in una nota discoteca di Rende tra un gruppo di persone capeggiate da Mignolo e un altro “guidato” da Leonardo Bevilacqua nel quale si trovava anche Taranto. Il violento diverbio prosegue a via Popilia, nel quartiere in cui risiedono Mignolo e Bevilacqua. Secondo le indagini, Mignolo si sarebbe affacciato dal balcone della sua abitazione e avrebbe cominciato a sparare colpendo Taranto, e avrebbe continuato se la sua pistola non si fosse inceppata.
Gli altri tre indagati – secondo l’accusa – avrebbero reso false dichiarazioni per sviare le indagini.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it