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"Mala Sanitas", si allarga l'inchiesta sul reparto degli orrori

REGGIO CALABRIA Si allarga e si complica l’inchiesta Mala sanitas, che ha squarciato il velo sul reparto di Ginecologia e Ostetricia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, scoperchiando una vera…

Pubblicato il: 19/05/2016 – 7:13
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"Mala Sanitas", si allarga l'inchiesta sul reparto degli orrori

REGGIO CALABRIA Si allarga e si complica l’inchiesta Mala sanitas, che ha squarciato il velo sul reparto di Ginecologia e Ostetricia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, scoperchiando una vera e propria cartiera di false cartelle cliniche, necessaria a coprire palesi errori medici, anche fatali.

NUOVE ISCRIZIONI Il procuratore aggiunto Gaetano Paci e i pm Roberto Di Palma e Annamaria Frustaci, hanno deciso che anche la posizione di altri medici e tecnici deve essere approfondita. Sul registro degli indagati sono stati iscritti anche i ginecologi Roberto Rosario Pennisi e Massimo Sorace, l’infermiera Antonia Stilo, le ostetriche Giovanna Tamiro e Mariangela Tomo, che si aggiungono ai medici agli arresti domiciliari – l’ex primario Pasquale Vadalà, l’ex facente funzioni Alessandro Tripodi e i ginecologi Filippo Saccà e Daniela Manunzio – e al personale colpito da interdizione professionale per dodici mesi, i ginecologi Salvatore Timpano, Antonella Musella e Francesca Stiriti, la neonatologa Mariella Maio, gli anestesisti Luigi Grasso e Annibale Musitano. Rimane indagata nonostante l’annullamento dell’ordinanza di interdizione professionale emessa nei suoi confronti anche l’ostetrica Pina Grazia Gangemi.

L’ACCUSA Per i pm, Tripodi, Vadalà, Manunzio, Saccà, Timpano, Stiriti, Musella, Gangemi, Maio, Grasso e Musitano fanno parte a vario titolo di una vera e propria associazione a delinquere finalizzata a «commettere una serie indeterminata di delitti, in particolare reati di falso in atto pubblico fidefacente attraverso la manipolazione delle cartelle cliniche relative alle pazienti che si sottoponevano ad interventi ginecologici presso gli ospedali Riuniti di Reggio Calabria, nonché alle gestanti e ai neonati ivi ricoverati, al fine di occultare le responsabilità dei componenti dell’èquipe medica che avevano preso parte a singoli interventi incorrendo in gravi errori dovuti a colpa non lieve». Nonostante il gip abbia bocciato l’ipotesi – già postulata dalla procura nella richiesta di custodia cautelare – il procuratore Paci e i pm Di Palma e Frustaci hanno deciso di insistere, presentando appello contro quella determinazione. Anche perché – emerge dalla richiesta di incidente probatorio depositata al gip – l’inchiesta sembra progressivamente allargarsi.

NUOVI ELEMENTI Adesso la Procura vuole procedere all’assunzione dell’esame di sette indagati – Alessandro Tripodi, Antonella Musella, Francesca Stiriti, Salvatore Timpano, Pina Gangemi, Luigi Grasso – in sede di incidente probatorio. Un passaggio tecnico per rendere utilizzabili le dichiarazioni etero-accusatorie che «i soggetti sopra indicati – si legge nel provvedimento – hanno reso già nel corso degli interrogatori di garanzia fissati dopo l’esecuzione dell’ordinanza applicativa di misura cautelare». Traduzione, è iniziato il tutti contro tutti. E la Procura non si vuole far sfuggire l’occasione di acquisire elementi importanti, relativi a un’indagine estremamente delicata. Fra i reati per cui si procede ci sono infatti associazione a delinquere, colpa medica, procurato aborto, falsità ideologica e materiale e altri. Per alcuni profili di colpa medica, le vittime hanno già presentato denuncia e i procedimenti sono allo stato in varie fasi di giudizio, altri non sono mai stati istruiti, ma in quei processi solo in alcuni casi le cartelle cliniche raccontano davvero cosa sia successo. Nessun giudice invece è stato mai messo in condizioni di valutare la sistematica alterazione delle cartelle cliniche, per anni diventate solo un mezzo per occultare colpe e responsabilità.

IL MOSAICO Adesso che alcuni dei principali indagati hanno iniziato a parlare, i pm non vogliono perdere l’occasione di ricomporre con esattezza il mosaico degli orrori di Ginecologia, individuandone con precisione i protagonisti. Ma il tempo stringe. «In questa sede – si legge infatti nel provvedimento – è altresì contestato il reato associativo, a cui sono inscindibilmente correlati i falsi ideologici e materiali e la falsa testimonianza, contestati come reati fine. Proprio per evitare un’eventuale alterazione delle prove – fin troppo agevole, alla luce del peso specifico degli indagati, molti dei quali ancora in servizio in Ospedale – ha deciso di procedere con l’incidente probatorio, per raccogliere elementi «rilevanti e determinanti» ai fini del giudizio. Insomma, fra i medici del reparto di Ginecologia è iniziata la resa dei conti. Nessuno vuole rimanere con il cerino in mano e tutti puntano il dito contro i colleghi. Ma a perdere – già da tempo – è stata la città.

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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