COSENZA Il segno più tangibile del fatto che le ferie estive sono terminate e la “politica” è tornata al lavoro lo testimonia, purtroppo, la ripresa dello scontro attorno alla sanità. Uno scontro che ha come epicentro, manco a dirlo, proprio la provincia di Cosenza, dove la nuova ripartizione della rete assistenziale ha provocato scontri al calor bianco con l’epilogo di un ennesimo ricorso alla Procura della Repubblica.
In verità il procuratore Mario Spagnuolo non è tipo da farsi tirare per la giacchetta, tant’è che uno dei primi fascicoli aperti dopo il suo insediamento riguarderebbe proprio la sanità, ragione per cui ancor prima dell’esposto presentato dalla parlamentare pentastellata Danila Nesci aveva delegato due sostituiti ad un fascicolo “atti relativi” su una serie di episodi, tutti da chiarire, con in comune le nuove assegnazioni di budget e posti letto alla sanità privata.
Muove, la denuncia della Nesci, dall’ultima vicenda, quella relativa alla riassegnazione dei posti letto al gruppo che fa capo ai fratelli Greco i quali, però, non si limitano a rispedire al mittente accuse di favoritismo, anzi lamentano un atteggiamento vessatorio da parte della Regione Calabria. Si incarica il quotidiano “La Provincia” di condire il tutto con la ricostruzione della storia politica e familiare della parlamentare dei 5Stelle, accompagnata dalla foto di una giovanissima Nesci a fianco di Silvio Berlusconi. Secondo il quotidiano edito dai Greco, il padre della parlamentare sarebbe tutt’oggi autorevole esponente dell’Udc e questo ne spiegherebbe il disimpegno nelle recenti elezioni regionali e nelle amministrative di Tropea.
Nel merito, invece, i fratelli Greco assicurano: «Saremo noi ad andare in Procura, in questa vicenda siamo parti offese, costretti a farci carico di settanta famiglie che per la malagestio dell’Asp cosentina rischiano il licenziamento collettivo».
In sostanza è pur vero che la delibera del direttore generale Raffaele Mauro è stata così male impiantata da costringere lo stesso manager a revocarla – senza peraltro chiarirne le ragioni – ma la cosa più grave, quella che nessuno denuncia e sulla quale la magistratura adesso intende far chiarezza, è la mancata indicazione dei requisiti essenziali per avere affidati nuovi budget e nuovi posti letto. I Greco nel merito tacciono ma nelle redazioni il materiale abbonda: tra le strutture private “premiate” generosamente dal decreto Mauro ci sono quelle dei “soliti noti”, eppure non dovrebbero esserci. Basterebbe applicare le leggi dello Stato per evitare casini, ma qui la politica conta più della legge, specie se in campo scendono (in barba ad ogni conflitto di interessi) un potente capo partito che siede in consiglio regionale ed un ex consigliere regionale che deve decidere da che parte stare nelle prossime comunali di Catanzaro. Ed allora ecco che anche strutture sanitarie che non pagano da venti mesi i loro dipendenti vengono ugualmente tenute in grande considerazione. Tra chi lucra nuovi posti letto c’è, addirittura, anche una società avviata al concordato preventivo e quindi in posizione prefallimentare, appunto miracoli della politica. Inutile sottolineare, infatti, che è assolutamente fatto divieto di sottoscrivere nuove convenzioni con chi già non è in grado di garantire quelle vecchie ma la cosa non sembra aver impedito al direttore generale Mauro di procedere ugualmente.
Paradossalmente, infatti, la revoca decisa dal direttore generale dell’Asp di Cosenza non riguarda tutto il nuovo assetto territoriale, ma solo una minima parte di esso. Un gioco al massacro che i Greco non intenderebbero avallare per cui hanno posto ai Commissari ed al dipartimento Salute della Regione Calabria una sorta di ultimatum: o si applica la normativa e si fa pulizia del comparto oppure partono immediatamente sia le lettere di licenziamento, sia l’esposto alla Procura di Cosenza. E qui torniamo ai piani alti del Palazzo di Giustizia cosentino dove non attendono certo il risultato del tavolo negoziale convocato dai Commissari per decidere sul da farsi.
Sarebbe bene, in proposito, che qualcuno dei tanti avvocati prestati alla politica che affollano le fila del Pd, spiegasse un po’ a tutti che l’esercizio dell’azione penale non parte quando la politica o gli imprenditori lo chiedono ma scatta, obbligatoriamente, in presenza della cosiddetta “notizia criminis”. E in questi giorni di “notizie criminis” se ne raccolgono a piene mani: basta mandare qualcuno a prendere appunti ad una qualsiasi festa dell’Unità.
(Pa.Po.)
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