Bimbo morto in piscina, i testimoni: «Niente dispositivi anti annegamento»
COSENZA «Nella piscina non c’erano i dispositivi anti annegamento». È quanto emerso nel corso dell’udienza per la morte del piccolo Giancarlo Esposito – il bimbo di 4 anni deceduto il 2 luglio d…

COSENZA «Nella piscina non c’erano i dispositivi anti annegamento». È quanto emerso nel corso dell’udienza per la morte del piccolo Giancarlo Esposito – il bimbo di 4 anni deceduto il 2 luglio del 2014 nella piscina comunale di Campagnano, a Cosenza. Il piccolo era al suo primo giorno di attività nella struttura della piscina dedicata ai bambini e chiamata Kinder garden. Sul banco degli imputati ci sono Carmine Manna (legale rappresentante della società), e le educatrici Franca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Secondo l’accusa, per negligenza, imperizia e imprudenza avrebbero causato la morte del piccolo, annegato mentre si trovava in una delle piscine presenti nella struttura. Il piccolo sarebbe deceduto per «insufficienza respiratoria acuta conseguente ad asfissia meccanica, violenta e primitiva, determinata da annegamento in acqua dolce (piscina)». Nel pomeriggio di venerdì, è stato ascoltato per primo il teste Massimo Olivito, oggi vigile del fuoco e all’epoca dei fatti assistente bagnante nella piscina gestita da Manna. Dopo un’iniziale difficoltà nel ricordo ha confermato le dichiarazioni rese al pm nel luglio 2014, indicando chi fosse presente in piscina e che lui non poteva lasciare il posto assegnatogli da Carmine Manna, di assistente alla piscina esterna per adulti. Inoltre, ha riconosciuto il contratto a scadenza fattogli da Manna, ma soprattutto che all’interno della struttura non vi fossero dispositivi anti annegamento. Poi è stata la volta degli addetti alle pulizie Anna Iovine e Francesco Schittzer. Sollecitata dalle domande del pm Mariafrancesca Cerchiara e dei difensori delle parti civili Francesco Chiaia, Ugo Le Donne ed Ernesto d’Ippolito, Iovine ha ripercorso quanto successo la mattina della morte del piccolo Esposito, specificando anche le condizioni in cui si trovava la struttura. I bambini, ha raccontato in aula la donna, si trovavano nella vasca terapeutica, monitorati anche da una delle due videocamere del centro, mentre la vasca più bassa, dove si svolgeva in genere l’idrobike era vuota. Si tratta di strutture – ha ammesso Francesco Castellani, coordinatore delle attività che si svolgevano prima e dopo le esercitazioni di nuoto – di cui non è mai stata verificato l’idoneità dei locali, tanto meno – ha riferito, rispondendo alle domande dell’avvocato Chiaia – si è mai parlato della sicurezza. Castellani, presente al Kinder Garden la mattina della morte del piccolo, ha raccontato di aver visto Esposito solo quando era adagiato a bordo piscina, specificando che secondo lui il bimbo era già morto. Il processo è stato rinviato al prossimo 3 ottobre.
Mirella Molinaro
m.molinaro@corrierecal.it