REGGIO CALABRIA Associazione mafiosa o concorso esterno, porto e detenzione di armi, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope, estorsione, danneggiamenti, lesioni personali gravi, frode sportiva, intestazione fittizia di beni e incendio, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Sono questi i reati contestati a vario titolo ai 41 destinatari del provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Reggio Calabria ed eseguito questa mattina all’alba dai Carabinieri di Reggio Calabria.
In manette sono finite 40 persone, tutte ritenute vicine o affiliate ai clan Ferrentino – Chindano e Lamari, piccole ma feroci famiglie di ‘ndrangheta che da Laureana di Borrello sono riuscite ad estendere i propri tentacoli fino in Nord Italia. Proprio qui, all’ospedale di Carate Brianza, in provincia di Monza, i carabinieri si sono presentati per fermare tre persone della famiglia Lamari, al nosocomio per assistere al travaglio di una familiare. All’appello ne mancherebbe solo uno, attivamente ricercato all’estero.
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FERMATO L’ASSESSORE Fra i destinatari del fermo, anche l’assessore al Verde pubblico del Comune di Laureana di Borrello, Vincenzo Lainà, ritenuto il referente politico del clan Ferrentino-Chindamo e per questo indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo quanto emerso, grazie a lui, i clan sono riusciti a mettere le mani sulla macchina comunale, usata per distribuire appalti e lavori fra imprese e società di ‘ndrangheta. Ma l’edilizia pubblica, non è l’unico settore che i clan mantenessero sotto il proprio tallone. Ai Ferrentino-Chindamo e ai Lamari sono stati sequestrati edicole, negozi, supermercati imprese edili, aziende agricole e persino due società di import export al porto di Gioia Tauro. Business che i clan erano riusciti a impiantare anche in Lombardia – dove fra Voghera e Bregnano, i carabinieri hanno messo i sigilli a diverse società – ma che a Laureana di Borrello era divenuto un vero e proprio monopolio, forgiato a forza di estorsioni, minacce, danneggiamenti e pestaggi. A chi non si piegava, i clan mostravano il loro volto peggiore e più feroce.
Da sopra, da sinistra a destra, Aschei, Bevilacqua, Bielova, Chindamo, Ciancio, Digiglio, Giuseppe Dimasi, Pasquale Dimasi, Ferrari, Alessio Ferrentino (cl. 78)
Alessio Ferrentino (cl. 84), Francesco Ferrentino, Marco Ferrentino, Diego Freitas De Siqueira, Vincenco Lainà, Antonello Lamanna, Angelo Lamari, Mattia Lamari, Vincenzo Lamari, Andrea Mandaglio
Giovanni Mandaglio, Albino Marafioti, Fabio Mastroianni, Fabio Mezzasalma, Salvatore Monea, Claudio Napoli, Maurizio Oppedisano, Marina Panigo, Natale Papandrea, Pasquale Pettè
Tiziana Pettè, Vincenzo Piromalli, Giuseppe Pititto, Francesco Prestia, Andrea Prossomariti, Isabella Salvo, Giovanni Sibio, Francesco Tarantino, Felice Zito
Fra tutti gli altri invece, i Lamari badavano anche a far crescere il consenso, spalleggiando la squadra di calcio del paese. A Laureana di Borrello, anche il campionato era cosa dei clan, che per questo avrebbero aggiustato diverse partite per permettere alla loro formazione di uscire vittoriosa dal rettangolo verde.
IL PENALISTA MILANESE Anche lo studio di un noto penalista con sede a Milano, Chindamo, è stato perquisito dai Carabinieri nell’ambito dell’operazione “Lex”. Il penalista è ritenuto vicino alla cosca. Circa 300 militari dell’arma, su disposizione della Dda reggina, hanno inoltre perquisito abitazioni e immobili considerati depositi di armi.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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