ECOSISTEMA | Indagato il consigliere regionale Cannizzaro – IL VIDEO
REGGIO CALABRIA Nel basso jonio reggino i rifiuti erano cosa dei clan, che grazie a politici e funzionari corrotti gestivano a loro piacere gare e appalti. È questo il dato che emerge con chiare…

REGGIO CALABRIA Nel basso jonio reggino i rifiuti erano cosa dei clan, che grazie a politici e funzionari corrotti gestivano a loro piacere gare e appalti. È questo il dato che emerge con chiarezza dall’inchiesta “Ecosistema” della Dda di Reggio Calabria, che questa mattina ha portato all’arresto in carcere o ai domiciliari di 14 persone, rintracciate fra Reggio Calabria, Roma e Urbino, mentre altre 4 sono state colpite da un provvedimento di obbligo di dimora.
INDAGATO IL CONSIGLIERE REGIONALE CANNIZZARO Nell’ambito della medesima operazione, un avviso di garanzia è stato notificato al consigliere regionale di centrodestra Francesco Cannizzaro, accusato di aver beneficiato dell’appoggio del clan Paviglianiti alle ultime elezioni regionali. È stato lui stesso a darne notizia, con una breve nota in cui si legge « per quanto sia scontato aver la massima fiducia degli organi inquirenti – prosegue Cannizzaro – vorrei esternare, accanto alla mia altrettanto scontata serenità personale e professionale, che sono sin da questo momento a disposizione degli organi inquirenti per essere interrogato, ascoltato, sentito affinché si possa chiarire la vicenda in maniera tempestiva e senza che si lasci alcuna ombra su quello che è il mio percorso ed impegno politico sin dalla mia primissima esperienza».
GLI ALTRI POLITICI COINVOLTI Nell’inchiesta risultano indagati anche il sindaco di Palizzi, Walter Scerbo e l’ex consigliere regionale dell’Udc Pasquale Tripodi. Indagato per corruzione anche il sindaco di Motta San Giovanni Paolo Laganà.
GLI AMMINISTRATORI AI DOMICILIARI Fra i destinatari degli arresti domiciliari, ci sono anche diversi politici, fra cui Giuseppe Benavoli, vicesindaco di Brancaleone, l’assessore del medesimo paese Alfredo Zappia, e Vincenzo Crupi sindaco di Bova Marina, accusati a vario titolo di corruzione e turbata libertà degli incanti. E poi ancora Elio Familiari, Gabriele Vincenzo Familiari, Giuseppe Iaria, Giuseppe Saverio Zoccoli. Ma non si tratta solo di uomini di ‘ndrangheta. Fra loro, ci sono dirigenti e tecnici comunali, come il responsabile dell’ufficio tecnico di Melito Porto Salvo, ingegnere Franco Maisano, e l’ingegnere Carmelo Barbaro, dirigente della Provincia di Reggio Calabria, ma anche imprenditori e professionisti attivi nei Comuni del basso jonio reggino, tutti accusati di aver aiutato i clan Iamonte e Paviglianiti ad accaparrarsi gare e appalti, soprattutto nel settore rifiuti.
FINE CORSA PER I RAS DEI RIFIUTI «L’elemento centrale dell’indagine – dice il procuratore capo della Dda, Federico Cafiero de Raho – è Saro Azzarà, titolare dell’Ased, nota azienda di raccolta e smaltimento rifiuti». Già lambito da diverse indagini antimafia, Azzarà, grande mattatore di appalti pubblici – secondo quanto emerso dall’inchiesta Ecosistema – è un imprenditore vicino al clan Iamonte. Ma non sarebbe l’unico ad aver potuto contare sull’appoggio delle ‘ndrine. Insieme a lui, nei guai è finito anche un altro ras della raccolta rifiuti in Calabria, Carmelo Ciccone, imprenditore attivo nella Piana di Gioia Tauro, che in più di un’occasione si è accaparrato appalti e gare in joint venture con Azzarà. «Anche negli affari, si dimostra l’unitarietà della ‘ndrangheta”, commenta il procuratore che lancia l’allarme “di fronte a tale spregiudicatezza, non possiamo escludere il rischio di un illecito smaltimento di rifiuti tossici e nocivi insieme a quelli urbani e pericolosi. Ma allo stato, su questo non abbiamo prove». Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata notificata ad Angelo Paviglianiti, Natale Paviglianiti e Settimo Paviglianiti, che già si trovavano reclusi.
GLI OBBLIGHI DI DIMORA Il gip ha inoltre disposto l’obbligo di dimora nei confronti di quattro persone. Si tratta di: Giuseppe Linarello, Angelino Ferraro, Domenico Giuseppe Marino e Salvatore Trapani.
AMMINISTRAZIONI “SCHIAVE” Ma la contaminazione mafiosa svelata dalla Dda non riguarda solo il settore degli appalti. Secondo quanto emerso dalle indagini del nucleo investigativo dei carabinieri di Reggio Calabria, intere amministrazioni sarebbero finite in mano ai clan. È il caso del Comune di San Lorenzo, piccolo centro del basso jonio reggino, costretto ad una proroga del commissariamento fino a quando le diverse anime del clan Paviglianiti non hanno raggiunto l’accordo sul candidato sindaco. Un’ingerenza che – secondo quanto emerso dalle indagini – appare una costante nella storia politica del paese.
LA POLITICA SECONDO I PAVIGLIANITI Già in passato, l’amministrazione era stata passata al setaccio da una commissione d’accesso, ma alla fine il ministero dell’Interno aveva scelto – quasi a sorpresa – di non procedere con lo scioglimento, nonostante indagini penali e amministrative avessero rivelato l’ombra della ‘ndrangheta sulle istituzioni locali. Una decisione che aveva salvato l’amministrazione, subito dopo mandata a casa dalle dimissioni del sindaco, giunte a sorpresa qualche giorno dopo il “salvataggio” arrivato da Roma. A gestire il Comune era arrivato un commissario, rimasto in sella – ha svelato l’indagine odierna – fin quando il clan non ha dato luce verde alla presentazione delle liste.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it