ROMA Nella partita a scacchi tra il governo e Mario Oliverio per la gestione della sanità calabrese, è sicuramente un punto a favore del governatore. Già, perché i senatori del Pd hanno deciso di ritirare l’emendamento al decreto Milleproroghe, in cui si tentava di «differire l’entrata in vigore della norma che permette ai presidenti di Regione di essere nominati commissari alla Sanità». Dietrofront, dunque, per i firmatari – appartenenti per lo più dalla minoranza interna – della proposta che aveva fatto storcere il naso al governatore.
L’emendamento altro non era che un escamotage per bloccare la norma pro Oliverio (e De Luca) inserita nell’ultima legge di Bilancio, che elimina l’incompatibilità tra l’incarico di commissario e quello di presidente dei Regione, approvata dal Senato senza possibilità di modifiche per via della crisi di governo aperta dopo le dimissioni del premier Matteo Renzi.
«Abbiamo presentato l’emendamento – spiegava nelle scorse settimane la senatrice dem Cecilia Guerra – perché è stato proprio il Partito democratico a fare la battaglia per distinguere le due figure. E questo perché si presuppone che quando un governo decide di inviare un commissario ad acta lo faccia perché ci sia una manifesta incapacità da parte dell’istituzione e quindi è strano affidare il commissariamento a chi viene commissariato. Nel caso di Oliverio si tratta di aver ereditato una situazione disastrosa da altre amministrazioni, ma credo sia giusto tenere distinte le responsabilità».
Ora il cambio di rotta, dettato evidentemente da ragioni di natura politica. Il quadro in evoluzione all’interno del Pd ha consigliato maggiore prudenza ai senatori. Non è un caso che nell’ultimo periodo tanto Oliverio quanto De Luca vengano segnalati in progressivo allontanamento dall’universo renziano. Di qui l’idea di non forzare la mano e lasciare al governo la scelta finale se mandare via i commissari da Calabria e Campania.
A Palazzo Chigi, tuttavia, la questione non viene rubricata alla voce “priorità” anche al ministero della Salute assicurano che non ci saranno novità. La ministra Lorenzin, d’altronde, rispondendo a dicembre a un’interrogazione del forzista Roberto Occhiuto ha spezzato le speranze dei due presidenti, facendo intendere che il governo potrebbe non avvalersi della norma inserita nell’ultima legge di Bilancio. «Il Parlamento ha legiferato, non credo si sia pervenuti a questa scelta solo per il gusto di cambiare una norma», continua a ripetere come un mantra Oliverio. Convinto com’è di vincere il braccio di ferro ingaggiato a Roma.
Antonio Ricchio
a.ricchio@corrierecal.it
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