ERACLE | In manette anche il figlio del “supremo”
REGGIO CALABRIA Si allarga il raggio dell’inchiesta Eracle, che nei giorni scorsi ha portato al fermo di quindici persone fra pusher, buttafuori e rampolli dei clan. Per tutti quanti, il gip ha emess…

REGGIO CALABRIA Si allarga il raggio dell’inchiesta Eracle, che nei giorni scorsi ha portato al fermo di quindici persone fra pusher, buttafuori e rampolli dei clan. Per tutti quanti, il gip ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare eseguita oggidagli uomini della Squadra mobile e dai carabinieri del comando provinciale, che però ha raggiunto anche altre quattro persone, fra cui Domenico Francesco Condello, figlio del superboss Pasquale. Insieme a lui, sono finiti in manette Fortunato Caracciolo, “buttafuori” della squadra di security abusiva gestita da Mimmone Nucera, tramite cui i Condello esercitavano una vera e propria guardiania sui locali notturni, e Giovanni Magazzù, accusato di traffico di droga a Reggio. Nuove contestazioni hanno raggiunto anche Domenico Stillitano, considerato elemento di vertice dell’omonimo clan di Vito, che continuava dal carcere ad impartire disposizioni a parenti e affiliati rimasti fuori.
Coordinata dai pm Stefano Musolino, Sara Amerio, Giovanni Gullo e Walter Ignazzitto, l’inchiesta Eracle è una fotografia dinamica di parte dei rapporti di forza che animano le notti reggine, ma squarcia anche il velo sul business delle corse clandestine di cavalli. Un’attività tradizionale per i clan, che alle corse matte di puledri e giumente hanno spesso affidati l’ostentazione del prestigio e dell’autorità criminale del proprio casato. Non a caso, per i Condello ad occuparsene era il figlio del superboss Paquale, per gli inquirenti «astro nascente dell’organizzazione criminale» . Lui – si vanta, captato da una cimice piazzata all’interno della sua scuderia– di cavalli si è occupato fin da adolescente, ma soprattutto – sottolineano gli investigatori – è uno dei pochi che, per sangue e casato, è in grado di gestire le gare bloccando una delle fondamentali arterie di collegamento fra la città e la montagna, la Gallico – Gambarie. Quando i cavalli dei Condello si misuravano in velocità e potenza su quella strada, da lì non passava nessuno prima che la corsa fosse finita. E nessuno doveva azzardarsi a disturbare. Anche perché, attorno a quelle gare c’era un giro di scommesse clandestine, con puntate da capogiro.
Per questo motivo, il rampollo dei Condello è accusato di essere uno dei capi di un’associazione a delinquere dedita all’organizzazione di corse clandestine di cavalli e al giro di scommesse collegato, ma anche dei maltrattamenti inflitti agli animali, dopati all’inverosimile, per potenziarne il rendimento. Per questo il figlio del superboss è accusato anche di esercizio abusivo della professione veterinaria.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it