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«La 'ndrangheta azzera la democrazia»

La ‘ndrangheta è un problema di igiene democratica perché è in grado di sovvertire i meccanismi di fondo dell’Italia repubblicana. Ma ormai non è solo un problema calabrese. È un’urgenza nazionale …

Pubblicato il: 22/06/2017 – 9:12
«La 'ndrangheta azzera la democrazia»

La ‘ndrangheta è un problema di igiene democratica perché è in grado di sovvertire i meccanismi di fondo dell’Italia repubblicana. Ma ormai non è solo un problema calabrese. È un’urgenza nazionale e internazionale. È questo il potentissimo – e allarmante – messaggio che la Procura nazionale antimafia sintetizza nella relazione annuale con cui fa il punto sul contrasto alle mafie. Un anno di indagini – si legge – che «ha fornito importantissimi elementi per riflettere su una ndrangheta in grado di condizionare l’economia e la politica, non con la violenza, ma utilizzando in modo sistematico la fitta rete di rapporti creati e consolidatisi nel tempo divenendo, essa stessa, classe dirigente ed imprenditoriale.

INFEZIONE INTERNAZIONALE Una conclusione – fosca – cui la Dna arriva a partire dai giganteschi passi avanti fatti nel 2016 nella lotta alle ‘ndrine, grazie ai quali oggi si può partire da una serie di punti fermi. Primo, la ‘ndrangheta è unitaria, diffusa, su tutto il territorio nazionale, e con radicate propaggini non solo in Europa, ma anche negli Stati Uniti, in Australia e in Canada, patria di ben 13 latitanti di ‘ndrangheta, “protetti” dalle leggi sull’estradizione, a conferma – si legge nella relazione – delle «grosse difficoltà che da tempo incontra l’Italia nelle procedure estradizionali con il Canada, problematiche che, per vero, riguardano anche le richieste di assistenza giudiziaria».

LA COLONIZZAZIONE DEL NORD In Italia, il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana sono per la Dna territori di reinvestimento grazie a operatori economici compiacenti, mentre Piemonte e Valle d’Aosta, Lombardia, Liguria, Emilia Romagna ed Umbria, sono regioni in cui «vari sodalizi di ndrangheta hanno ormai realizzato una presenza stabile e preponderante, talvolta soppiantando altre organizzazioni criminali – così come avvenuto, per esempio, in Piemonte con le famiglie catanesi di “Cosa Nostra” – ma spesso in sinergia o, comunque, con accordi di non belligeranza, con le stesse, fenomeno riscontrato in Lombardia ed Emilia Romagna, ove sono attivi anche gruppi riconducibili alla Camorra o a Cosa Nostra». Una progressiva infezione costruita «senza ricorrere a condotte di natura violenta, utilizzando, invece, il suo “capitale sociale”, fatto di relazioni con il mondo politico, imprenditoriale ed economico».

ALLARME GRANDI OPERE E sul fronte dell’economia, c’è un dato che a detta della Dna desta «particolare preoccupazione»: l’attivismo dei vari sodalizi di ndrangheta «nel tentativo di inserirsi – attraverso imprese proprie o, comunque, di riferimento – nei procedimenti aventi ad oggetto la realizzazione delle “grandi opere”, tra cui, in passato, i lavori legati ad Expo 2015, ed oggi la Tav, nella tratta Torino-Lione, nonché la capacità dagli stessi dimostrata, di fare dei più importanti scali portuali del nord – Genova, Savona, Venezia, Trieste, Livorno – degli stabili punti di sbarco dei grossi quantitativi di sostanza stupefacente importata dal sud-America, in aggiunta a quello di Gioia Tauro, interessato, negli ultimi, anni, da molteplici operazioni di polizia che hanno portato all’arresto di dipendenti, anche a livello apicale, delle varie società operanti all’interno dello scalo portuale».

AGGREDIRE L’IMPRENDITORIA MAFIOSA Si tratta di infrastrutture che per natura sono naturale crocevia fra l’imprenditoria e la politica e su cui i clan mettono le mani inquinando entrambi i settori. Per questo, oggi più che mai – spiegano dalla Procura nazionale – aggredire l’imprenditoria impastata di ‘ndrangheta è strategico. E le misure patrimoniali sono il vero strumento di contrasto all’economia mafiosa. È questo il secondo punto fermo enucleato dalla Dna, che alla luce di un anno di indagini fotografa un settore che oggi coinvolge non solo imprenditori di ‘ndrangheta, ma anche operatori economici che ritengono conveniente lavorare con la ‘ndrangheta. Una distorsione che ha effetti disfunzionali tanto su una società affamata di lavoro, come sulla politica, perché garantire occupazione significa garantire voti. E che non è episodica, ma strategica e studiata.

CABINA DI COMANDO C’è una direzione strategica della ‘ndrangheta tutta, «“struttura riservata” di comando», la definisce la Dna, diversa e superiore rispetto a quelle fino ad oggi conosciute, «la cui esistenza è, stata, peraltro, scientemente tenuta nascosta a gran parte degli affiliati, anche di rango elevato». È questa scoperta – spiega la Dna – la vera svolta nel contrasto alla ‘ndrangheta, ma anche la cartina di tornasole della pericolosità dell’organizzazione, che oggi più che mai si mostra un pericolo per la stessa democrazia.

DEMOCRAZIA AZZERATA «Perché la Santa – questo il nome del nuovo organismo scoperto dalla Dda di Reggio Calabria – è costituita per delineare le scelte strategiche dell’agire della ndrangheta» e questo si concretizza «nell’individuazione, dei settori economici in cui investire, dei rami della pubblica amministrazione in cui avere stabili punti di riferimento, dei territori su cui far realizzare opere pubbliche e, conseguentemente, dei comuni che avrebbero formalmente gestito di relativi appalti e, soprattutto, dei soggetti su cui convogliare i pacchetti di voti in occasione delle varie competizioni elettorali, dal livello comunale a quello parlamentare, sia nazionale che europeo». Traduzione, un vero e proprio azzeramento della democrazia. «All’interno di questa cabina di regia criminale – sottolinea la Dna – è stato gestito il potere, quello vero, quello reale, quello che decide chi, in un certo contesto terrtoriale, diventerà sindaco, consigliere o assessore comunale, consigliere o assessore regionale e addirittura parlamentare nazionale od europeo». E senza violenza. Ma utilizzando il proprio capitale sociale che acquista peso in ragione del sangue versato.

MODIFICHE NECESSARIE Questo nuovo, preoccupante volto delle ‘ndrine, in grado di imporsi come interlocutore necessario senza necessità di versare una goccia di sangue, per la Dna impone un’urgente modifica normativa. Anche perché non solo le ‘ndrine, ma tutte le mafie storiche stanno sperimentando «un inarrestabile processo di trasformazione delle organizzazioni mafiose, da associazioni eminentemente militari e violente, ad entità affaristiche fondate su di un sostrato miliare». Il metodo “collusivo-corruttivo” ha progressivamente sostituito omicidi, azioni di fuoco e violenza, sempre più relegate al rango di estrema ratio. Per questo, per il secondo anno consecutivo, la Dna fa appello al Parlamento per arrivare ad una necessaria ed urgente modifica del 416 bis, l’articolo del codice penale che disciplina il reato di associazione mafiosa, che permetta agli inquirenti di colpire i clan in questa loro nuova veste, aggravando di un terzo la pena «se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo (..) sono acquisite, anche non esclusivamente, con il ricorso alla corruzione o alla collusione con pubblici ufficiali o esercenti un pubblico servizio, ovvero ancora, con analoghe condotte tese al condizionamento delle loro nomine».

Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it

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