REGGIO CALABRIA Parola d’ordine, condivisione. Con i braccianti, in primo luogo. Ma anche con sindaci, agrari, sindacati e associazioni di volontariato. È questa la linea, quasi di democristiana memoria, dettata dal prefetto Michele Di Bari per gestire la delicata vertenza dell’accoglienza dei braccianti. Tanto quelli ormai stanziali nella Piana di Gioia Tauro, tanto gli stagionali, attesi per la stagione della raccolta degli agrumi. Gli uni e gli altri per troppo tempo sono rimasti confinati dentro e attorno alla vecchia tendopoli ghetto di San Ferdinando, oggi in via dismissione. Un (brutto) ricordo ormai per quasi la totalità degli stanziali che per lungo tempo sono stati costretti a vivere lì e da circa una settimana si sono volontariamente trasferiti nella nuova struttura, messa a disposizione dalla Prefettura e gestita dalla Protezione civile.
NUOVA STRUTTURA IN PREPARAZIONE Una soluzione che ha riscosso anche più successo del previsto fra i braccianti, che in breve hanno saturato tutti i posti disponibili. Per questo, in prossimità della nuova tendopoli, è in via di allestimento un nuovo spazio destinato ad ospitare i braccianti. Si tratta del capannone industriale nei mesi scorsi messo a disposizione dei migranti rimasti senza un tetto dopo il rogo che ha distrutto buona parte del vecchio ghetto. «Anche in questo caso vogliamo assicurare una soluzione dignitosa – ha detto il prefetto Michele di Bari – Stiamo compartimentando il capannone, in modo da creare delle stanze, sono stati portati dei moduli con bagni e docce e delle cucine. In questo modo, a breve saranno disponibili i posti per chi aveva richiesto di entrare nella nuova struttura ed è rimasto fuori e si potrà procedere allo smantellamento e alla bonifica dell’area della vecchia tendopoli».
«SOLUZIONI TEMPORANEE». MA È MISTERO SUI TEMPI A quanto pare infatti, nessuno dei braccianti per lungo tempo costretti a vivere lì avrebbe scelto di rimanerci, preferendo optare per le nuove soluzioni proposte dalla Prefettura. «Temporanee e provvisorie», ribadisce il prefetto Michele di Bari. Per il futuro, l’obiettivo sarebbe quello di implementare le pratiche di accoglienza diffusa. Su tempi e modi non c’è nulla di certo, ma sul metodo il prefetto non sembrerebbe aver dubbi. «La responsabilità va condivisa».
TUTTI AL TAVOLO Allo scopo sarebbe stata convocata oggi la prima riunione con sindaci, Protezione civile, forze di polizia e sindacati, cui – ci tiene a sottolineare il prefetto – avrebbe «partecipato anche una delegazione di braccianti». Obiettivo dell’incontro, «valutare strutture alternative alla tendopoli in prossimità dei campi in cui i braccianti lavorano» dice di Bari e «fare una mappatura degli immobili da poter destinare». Per il prefetto sono «gli Stati generali dell’accoglienza», ma il percorso appare tutto da costruire. Da individuare sono le strutture, i Comuni disponibili, da definire sono i tempi. Nonostante la stagione degli agrumi sia già alle porte.
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SUI BENI CONFISCATI SI VEDRÀ E i beni confiscati che anche il Viminale immagina di poter destinare all’accoglienza? «Aspettiamo direttive e regolamenti attuativi dal ministero. In passato – continua il prefetto – abbiamo fatto un censimento e un’analisi dei beni presenti sul territorio, ma così come il trasferimento dei migranti nelle nuove strutture è stato volontario e condiviso, anche l’individuazione di eventuali beni confiscati deve essere fatta di concerto con gli enti locali».
CONDIVISIONE Traduzione, di Bari sa che per le mani ha una bomba ad orologeria che deve disinnescare (anche in tempi relativamente brevi) per non far esplodere un territorio che già in passato ha mostrato di avere nervi scoperti. Vuole che la prefettura diventi un riferimento per i braccianti «e per questo – dice – dobbiamo essere autorevoli e credibili usando parole di realtà», ma sa di non poter scavalcare i territori e le istituzioni locali. Per questo – fin da principio – ha preteso che tutti a vario titolo ci mettessero la faccia. Incluse le organizzazioni degli agrari, chiamate a co-responsabilizzarsi nella gestione dell’accoglienza. E non solo.
QUESTIONE DI SICUREZZA «Oggi alla nostra riunione – ha annunciato il prefetto – ha partecipato per la prima volta anche l’ispettorato del lavoro, che si coordinerà con le forze di polizia nelle operazioni anti-caporalato». Insomma, sui campi – sembra di capire – quest’anno si vigilerà con attenzione. Per un obiettivo molto semplice, che alla fine il prefetto si lascia anche scappare: «garantire un’accoglienza e condizioni di lavoro dignitose significa mettere in sicurezza i territori e creare migliori condizioni per tutti». Non solo per i braccianti. E dopo il tavolo di oggi (probabilmente) sono tutti avvisati.
Alessia Candito
a.candito@corrierecal.it
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