Reggio, nuovo sequestro all'imprenditore della grande distribuzione
REGGIO CALABRIA Istituti di credito e assicurativi, buoni postali fruttiferi, conti correnti, depositi a risparmio, depositi titoli, polizze assicurative e carte prepagate. Erano nascosti qui i circa…

REGGIO CALABRIA Istituti di credito e assicurativi, buoni postali fruttiferi, conti correnti, depositi a risparmio, depositi titoli, polizze assicurative e carte prepagate. Erano nascosti qui i circa due milioni di euro individuati e sequestrati oggi dalla Guardia di finanza a Giuseppe Chirico, considerato imprenditore espressione dei clan nella grande distribuzione, arrestato nei mesi scorsi nell’ambito dell’operazione Fata Morgana. Per i magistrati, la sua “Soral sas”, società di cui era socio e amministratore, era una “ditta di riferimento” delle ‘ndrine, proprietaria di tre grandi ipermercati era solo uno strumento dei clan, impiegato per alterare ai propri illeciti fini il sano tessuto economico reggino. Per questo, già nei mesi scorsi la Guardia di Finanza, per ordine della procura, ha passato al setaccio la capacità reddituale e del complesso dei beni di cui Giuseppe Chirico e il suo nucleo familiare sono risultati poter disporre, direttamente o indirettamente. In questo modo è emersa non solo la sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale, ma soprattutto, il ruolo di imprenditore “mafioso” di Chirico. È questo il motivo per cui nel luglio scorso sotto sequestro sono finiti la Soral, insieme a tutto il suo patrimonio aziendale – capitale sociale, partecipazioni, 3 unità locali, 25 immobili, 3 automezzi e rapporti finanziari – ma anche un terreno, un’autovettura, polizze assicurative, fondi comuni di investimento, depositi titoli del valore complessivo pari a 671.738,48 euro, intestati a Chirico e ai suoi familiari. Un patrimonio enorme cui oggi si aggiungono beni per 1,8 milioni di euro sparpagliati fra conti correnti, titoli, libretti di risparmio, buoni postali fruttiferi, polizze assicurative e carte prepagate, tutte riconducibili all’imprenditore dei clan.