CATANZARO Tra le decine di attività economiche sulle quali la cosca Farao-Marincola mirava ad avere il monopolio esclusivo c’era il riciclaggio delle materie plastiche. Ad occuparsi dell’affare, Giuseppe Spagnolo, detto “u bandito”, elemento di spicco della cosca di Cirò Marina. A spiegare come dovevano funzionare le cose è lo stesso Spagnolo il quale viene intercettato dai carabinieri del Ros. “U Bandito” spiega al proprio interlocutore che «l’impresa intestata formalmente a Francesco Aloe (appartenente al clan con il compito di gestire il monopolio della raccolta e la rigenerazione di plastica e cartone, attraverso le imprese “Ag Film Srl” di Cirò Marina e “G-Plast Srl” di Torretta di Crucoli), cioè l’“Ag Film srl”, sarebbe stata accompagnata in una sorta di “fallimento pilotato” e sostituita, così, da altre realtà imprenditoriali create ad hoc, con la collaborazione di terze persone coinvolte nell’operazione», scrivono i magistrati della Dda che hanno vergato l’inchiesta “Stige” che martedì ha portato all’arresto di 169 persone, tra Italia e Germania, appartenenti o legate alla cosca cirotana.
IL COINVOLGIMENTO DI FRANCO GIGLIOTTI Secondo i magistrati Franco Gigliotti, nato a Crucoli ma residente da tempo in provincia di Parma, è un facoltoso imprenditore, riferimento per la cosca e intraneo ad essa. Secondo quanto risulta dalle indagini, Gigliotti alla cosca dà ma dalla cosca prende. Calibra i suoi investimenti secondo le esigenze del clan, badando a incrementare il fatturato delle imprese di ‘ndrangheta, «così si assicura, a sua volta, un’implementazione del portafoglio clienti e l’impattare le pretese estorsive da parte di esponenti di consorterie criminali diverse da quella cirotana». E per quanto riguarda il monopolio del riciclaggio delle materie plastiche Gigliotti finanzia l’impresa ‘ndranghetistica “Ag Film Srl” che raccoglie e rigenera la plastica e, sfruttando la carica d’intimidazione della consorteria, per impiantare, a sua a volta, in Torretta di Crucoli, un’impresa che monopolizza la raccolta e la rigenerazione dei cartoni, denominata “G-Plast Srl”. È lo stesso Spagnolo che spiega a Gigliotti come doveva funzionare la cosa: «O ti faccio raccogliere i cartoni … ti faccio raccogliere i cartoni e tu mi raccogli la plastica». In pratica, riassume il gip, «Gigliotti poteva contare sulla “forza” dei cirotani per raccogliere in esclusiva plastica e cartoni salvo poi consegnare la plastica alla “Ag Film”, altrimenti Spagnolo non gli avrebbe consentito di raccogliere nulla».
GLI AFFARI CON LA DITTA VRENNA Ma non è Gigliotti l’unico col quale i cirotani vogliono raccogliere la plastica. Dal lavoro investigativo, infatti, spunta anche il nome degli imprenditori crotonesi Vrenna (non indagati in questo procedimento), titolari della “Sovreco spa” che si occupa di smaltimento rifiuti. Giuseppe “u bandito”, infatti, è convinto di doversi occupare più da vicino dell’affare del riciclaggio plastica. Sa che la sua caratura criminale è riconosciuta sul territorio e le porte per lui si aprono più facilmente. “U bandito” racconta le proprie strategie: «… non gliene dà nessuno plastica a loro (riferendosi agli Aloe, nda)… no … però che faccio … una volta che subentro io … mi danno tutti quanti la plastica …». E tra i “tutti” quanti ci sarebbero anche i Vrenna, proprietari della “Sovreco” che gli avrebbero ceduto, in esclusiva, i rifiuti plastici: «…la plastica non è che devo andarla a raccogliere … io vado direttamente dall’azienda di Vrenna…», racconta Spagnolo inconsapevole di essere intercettato. Ad occuparsi della “Ag Film Srl” c’è anche un altro presunto appartenente alla cosca, Vittorio Bombardiere, che tra i vari compiti che svolge ha anche quello di recuperare i crediti per l’impresa. È lui che il 21 dicembre 2015, al telefono con Gaetano Aloe afferma di aver perfezionato l’accordo commerciale con la Sovreco dei fratelli Vrenna: «… ho parlato con Vrenna … con Vrenna ho sistemato, ok…».
Gli imprenditori crotonesi vengono tirati in ballo, all’interno dell’inchiesta “Stige”, anche dal pentito Giuseppe Giglio. È lui che racconta che nel 2014 si trovava a Crotone in un bar in compagnia, tra gli altri, di un cugino di Nicolino Grande Aracri, Giovanni Deluca (non indagato in questo procedimento), «dipendente – racconta Giglio –, credo, presso la Sovreco o comunque una delle aziende di Raffaele Vrenna. Nel bar si trovava anche Pino Clarà (imprenditore considerato intraneo alla cosca Farao-Marincola, nda) e Deluca, vedendolo, ci presentò. Deluca fece intendere a Clarà che io ero vicino alla famiglia Grande Aracri. Anch’io avevo dei camion e se Clarà avesse avuto bisogno di trasportatori io ero a disposizione. Clarà nell’acconsentire a farmi lavorare ci informò che aveva preso alcuni lavori di svuotamento depuratori nel crotonese. Non appena tali lavori sarebbero iniziati mi avrebbe sicuramente contattato». «In quell’occasione – prosegue Giglio – Deluca mi spiegò anche che aveva interesse a costituire una società, in cui lui non sarebbe dovuto comparire, che avrebbe dovuto svolgere dei lavori di pronto intervento sempre in materia di depurazione. Non so bene come Deluca intendeva costituire tale società però posso dirvi, per come spiegatomi da lui, che per il tramite di Nicolino Grande Aracri avrebbe guadagnato gli appalti e avrebbe utilizzato me o Clarà per l’esecuzione dei lavori. Considerate poi che Deluca è impiegato presso l’azienda di Vrenna e ciò dico in quanto mi fece anche intendere di avere la possibilità di guadagnare lavori in subappalto da parte del gruppo Vrenna». Il collaboratore racconta di non sapere come si siano svolti i fatti perché dopo quell’incontro venne tratto in arresto.
Alessia Truzzolillo
a.truzzolillo@corrierecal.it
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