La sinistra, la questione meridionale e il grottesco Pd calabrese
Da anni era ormai chiaro che bisognasse cambiare radicalmente politiche, parole, progetti e gruppi dirigenti. Non è stato fatto. Non sono state mai ascoltate le voci critiche di chi pensava a una nuo…


Da anni era ormai chiaro che bisognasse cambiare radicalmente politiche, parole, progetti e gruppi dirigenti. Non è stato fatto. Non sono state mai ascoltate le voci critiche di chi pensava a una nuova sinistra che interpretasse, rappresentasse, esprimesse i bisogni, le paure, i desideri dei ceti più poveri, dei ceti medi impoveriti. A una crisi “ideale” e “ideologica” che comincia con il crollo del Muro si è risposto con scelte neo-liberiste; a una crisi economica mondiale con comportamenti corrotti; a un vento di destra e xenofobo – con tentazioni autoritarie e antieuropeiste, nazionaliste – con risse interne, lacerazioni, divisioni, guerre intestine. Chiamiamo le cose con il loro nome: questo è l’esito di una lenta agonia, di un suicidio da tempo perpetrato. Pd, Leu e altri sono i responsabili di questa sconfitta che però parte da lontano.
Quanto è accaduto in Calabria, dove solo tre anni fa Oliverio è stato eletto quasi con un plebiscito, è comico, grottesco, vergognoso. Un Pd che si è diviso, lacerato, frantumato per mere logiche di potere e per interessi di clan e di famiglie ristrette. Un gruppo di irresponsabili, boriosi, ignoranti che hanno giocato con il malessere dei calabresi. E perché non dovrebbe starci il voto di protesta, di ribellione, di liberazione di quanti hanno pensato di mandare tutti a casa con il voto ai 5 stelle? E quello che più fa male è vedere che nella Calabria insultata e denigrata Salvini raccolga molti consensi.
La Le Pen manda un messaggio di avvertenza all’Europa esultando per il successo della Lega e per il trionfo dei 5 stelle. Mi sembra il migliore commento. Hanno vinto nel loro insieme le forze populiste, variamente colorate, e questo va detto senza disconoscere anche le giuste istanze e motivazioni concrete di chi ha fatto questa scelta. Le due Italie (al Nord la Lega e al Sud i 5 stelle) si sono disunite o si sono incontrate anche nella paura dell’altro? Chi ha sempre voluto il cambiamento a favore della gente si è trovato sempre dinnanzi a un “che fare”: già, che fare? Prendere atto di una sconfitta tenacemente perseguita, in un mondo che vira a destra e in crisi, congedare definitivamente i gruppi dirigenti, nazionali e locali, degli ultimi venti anni, avviare un processo lento di ascolto e di rigenerazione politica e morale. Se resta un sussulto di dignità e di memoria di sinistra nei protagonisti di questa disfatta (da Renzi a D’Alema a Bersani) è giunta l’ora che si autorottamino loro e non pensino lontanamente a partecipare al governo. La sinistra (larga) stia all’opposizione, lontana dal potere, dagli affari, dalle banche, dalla corruzione e faccia pratica di astinenza, digiuno, sobrietà (siamo in Quaresima) per meglio capire chi soffre e ha bisogno.
Chi ha vinto deve governare, senza dubbio. Chi ha preso i voti della gente del Sud non può che indicare una possibile via di soluzione per la “questione meridionale”. Su questo terreno deve incalzare una nuova sinistra, nuovi soggetti democratici, che esistono e non si sono riconosciuti né in chi ha vinto né nei dirigenti che hanno, con disagio, votato. Una sinistra di opposizione, plurale, antiliberista, se esiste, deve fare un bagno di umiltà e di purificazione, deve ripartire dagli ultimi, dalle schegge, dagli scarti e deve essere capace di fare immaginare un futuro. Forse è tardi, forse non c’è più tempo, ma la storia non si è mai fermata e le scelte vanno compiute giorno per giorno, mai una volta per sempre. Di tutto questo bisogna ragionare con pacatezza, senza rancore, con sguardo prospettico, ma intanto ognuno di noi è un partigiano, un testimone, che può – nella società, nella vita, nei paesi, nelle periferie – che può contribuire a costruire nuove pratiche politiche e piccole utopie quotidiane. Non ci resta che partire da quello che resta di tante rovine e macerie e, con nuovi materiali, nuove pratiche, riprendere il cammino con altri compagni di strada.